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Violenza contro gli infermieri: il filo che unisce Italia e Stati Uniti

I due Paesi hanno in comune un dato: quasi la metà degli infortuni sul lavoro fanno riferimento agli operatori sanitari

Rosa CoppolabyRosa Coppola
Violenza contro gli infermieri: il filo che unisce Italia e Stati Uniti

Nurses in Washington, DC - ANSA/EPA/MICHAEL REYNOLDS

Time: 3 mins read

Non potrebbero esistere due Servizi sanitari nazionali più diversi, parlando di Italia e Stati Uniti. Agli antipodi per principi giuridici e per modelli di finanziamento, ma tristemente accomunati dal ciclone di violenza ai danni degli infermieri.

Un comune denominatore rappresentanto da numeri eloquenti e dai tentativi di avere garanzie e tutele dal Governo. Eroi nei titoli di giornali, maltrattati nella realtà quotidiana. Una “moda” che dilaga e cresce in modo esponenziale, soprattutto dopo la pandemia. Anche i primi mesi di quest’anno riportano dati allarmanti.

Iniziamo dagli Stati Uniti

La New Press Ganey Analysis, agenzia specializzata nei sondaggi relativi al patient satisfaction, per il secondo trimestre dell’anno in corso, rileva che ogni ora due infermieri vengono aggrediti. Tradotto in numeri: 57 aggressioni al giorno, 1739 ogni mese e 5217 ogni tre mesi.

L’analisi, condotta sulla base dei risultati che comprendono 483 strutture su 6mila presenti nel National Database of Nursing Quality Indicators, sottolinea anche e soprattutto l’aumento di tale fenomeno da almeno un decennio, passando quasi inosservato o preso sotto gamba.

I dati vanno oltre e specificano i reparti maggiormente presi di mira: psichiatria, le aree emergenziali più in generale e persino le Unità di riabilitazione e chirurgia pediatrica. Ostetricia e terapia intensiva neonatale sono il fanalino di coda. In genere, gli aggressori sono gli stessi pazienti o i loro familiari. Una situazione insostenibile che sta rendendo il lavoro dell’infermiere sempre più pericoloso.

Per dare l’idea, come sostiene il Bureau of labor statistics Usa, il paramedico ha una probabilità cinque volte maggiore di subire violenza sul posto di lavoro. Un esempio? L’incidenza degli infortuni degli operatori sanitari legati alla violenza è aumentata del 67%, da 6,4 per 10.000 lavoratori nel 2011 al 10,7 per 10.000 nel 2020.

“Sono trascorsi più di tre anni dalla pandemia ma la violenza sul posto di lavoro è in aumento”, ha affermato Zenei Triunfo-Cortez, presidente di National Nurses United in una nota stampa. “Gli infermieri stanno vivendo livelli allarmanti di disagio  a causa delle condizioni di lavoro non sicure. Dal nostro ultimo sondaggio, sempre più infermieri hanno riferito di essere più stressati, ansiosi e  traumatizzati”.

Zenei Triunfo-Cortez, presidente di National Nurses United (foto, nysna.com)

In Italia com’è la situazione?

Degli oltre 11mila casi di violenza sul lavoro denunciati all’INAIL (Istituto nazionale assicurazione infortunio sul lavoro) come ‘infortuni sul lavoro’, circa 5.000 sono infermieri. E finora questo è stato il dato allarmante di una situazione ormai ai limiti.

Un’indagine (battezzata CEASE-IT: violenCE AgainSt nursEs In The workplace: a multicenter, descriptive analytic observational study su un campione di 5infermieri) svolta su input della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) da otto università italiane  “scopre” anche i casi non denunciati: il 32,3% degli infermieri (quasi 130mila) dichiara di aver subito un episodio di violenza verbale e/o fisica nell’ultima settimana e/o negli ultimi 12 mesi. La maggior parte di loro lavora in area medica (28,4%), ma anche l’area di emergenza e terapia intensiva non è da meno (27,3%).

Cosimo Cicia, Vice presidente Fnopi (foto, Fnopi.it)

“Lo studio italiano ha dimostrato che gli infermieri conoscono le caratteristiche di un potenziale comportamento di aggressione fisica o verbale; tuttavia, per varie ragioni non riescono a intercettare e prevenire questi episodi. Una delle concause dimostrate dallo studio è la comunicazione inadeguata che avviene tra il personale e l’assistito. Per restituire dignità all’attività professionale e garantire la sicurezza degli infermieri durante l’orario lavorativo è quanto mai urgente inserire questa professione tra le categorie usuranti, mentre ora è riconosciuta soltanto la classificazione tra i ‘lavori gravosi”, dichiara Cosimo Cicia, vicepresidente nazionale della Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche.

In entrambi i Paesi si susseguono Campagne di sensibilizzazione per cercare di arrestare il fenomeno. Spot televisivi, cortei, appelli alle Istituzioni con la richiesta di norme giuridiche chiare e di maggior protezione.

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