È fitto il mistero sulla morte dell’imprenditore Ravil Maganov, presidente del colosso petrolifero russo Lukoil, che giovedì è precipitato giù dal sesto piano di un ospedale moscovita. Il tycoon era stato ricoverato qualche giorno prima per un attacco cardiaco, e secondo la TASS era solito assumere anti-depressivi.
Eppure le versioni “ufficiali” non hanno convinto tutti. Alcuni suoi conoscenti smentiscono che la vittima fosse in preda a una depressione così grave da spingerla a togliersi la vita, mentre fonti vicine alla polizia ipotizzano che possa essere “accidentalmente” caduto mentre stava fumando una sigaretta sul balcone.
La coltre di mistero è ancora più fitta se si considera che di filmati dell’accaduto non ce ne sono, dato che le telecamere di sorveglianza erano eccezionalmente spente per “manutenzione”. A ciò si aggiunga una circostanza quantomeno curiosa: nelle stesse ore in cui Maganov meditava il “suicidio”, Putin faceva visita allo stesso ospedale per omaggiare privatamente il defunto leader sovietico Mikhail Gorbaciov.
Dal canto suo, Lukoil si è limitata a dare notizia della morte del suo presidente in un comunicato online dove non viene fatta alcuna menzione della caduta: Ravil Maganov “è morto in seguito a una grave malattia”, si legge.
Così qualcuno ha ricordato come, lo scorso marzo, Maganov avesse esortato a “porre fine al più presto alla operazione militare” in Ucraina, mentre il CdA chiedeva di risolvere le ostilità “con colloqui seri e con la diplomazia”. Parole che, secondo alcuni oppositori, avrebbero potuto infastidire qualcuno ai piani alti del Cremlino. E poco importa che Maganov fosse a capo della seconda società russa del settore Oil&Gas (dopo Gazprom), produttrice di più del 2% del greggio utilizzato nel mondo.
L’imprenditore era originario di Al’met’evsk, nel Tatarstan, e faceva parte di Lukoil dal 1991, una tradizione nel campo Oil&Gas continuata dal fratello Nail, che fa parte della dirigenza della società gasiera Tatneft.
La sua morte entra a far parte a pieno titolo delle “misteriose scomparse” che hanno interessato una serie di alte figure russe dalla fine di gennaio. Almeno 11 tra miliardari, top manager statali e dissidenti anti-Putin sono stati ritrovati morti, apparentemente causa suicidio. Tra questi, Vladislav Avayev, 51enne ex consigliere del Cremlino, trovato senza vita nel suo appartamento al 14esimo piano di un lussuoso condominio della capitale. Un trend che è misteriosamente aumentato a partire dal 24 febbraio, quando le truppe di Mosca hanno invaso l’Ucraina.