Il presidente russo Vladimir Putin ha deciso di inviare truppe russe nel territorio delle due repubbliche popolari di Doneck e Luhans’k con lo scopo ufficiale di “mantenere la pace” nel Donbass.
La mossa arriva a pochi minuti di distanza dalla clamorosa decisione del Cremlino di riconoscere ufficialmente le due entità secessioniste, assestando così un duro colpo al Governo ucraino che dal 2014 è coinvolto in una sanguinosa guerra civile per riportare le due entità russofone sotto la propria sovranità.
Malgrado non sia ancora chiaro il numero e di soldati in viaggio per l’Ucraina orientale, la mossa attribuisce al Cremlino una sorta di movente legale per intervenire militarmente a difesa delle due repubbliche. Mosca potrebbe difatti invocare il diritto internazionale, giustificando il suo intervento militare nel Donbass come la legittima risposta all’altrettanto legittima richiesta di due Stati che Mosca ritiene indipendenti.
Il riconoscimento di Doneck e Luhans’k, anticipato telefonicamente ai leaders di Francia e Germania, era stato formalizzato in un discorso pre-registrato alla nazione trasmesso dal Cremlino nella serata (moscovita) di lunedì, cogliendo di sorpresa le cancellerie internazionali.
An executive order on recognition of the Donetsk and Lugansk People's Republics has been signed https://t.co/CuzfdvHXB1
— President of Russia (@KremlinRussia_E) February 21, 2022
Il presidente russo ha intimato le autorità di Kiev a “cessare immediatamente le ostilità” nel Donbass, poiché “altrimenti la responsabilità dell’eventuale continuazione dello spargimento di sangue sarà interamente sulla coscienza del regime che governa il territorio ucraino”.
Nell’annunciare il riconoscimento formale delle due entità russofile, il leader russo ha sminuito la tradizione storica del proprio vicino occidentale. Secondo Putin, lo Stato ucraino fu infatti una creazione dei bolscevichi e di Lenin (definito “autore e architetto” dell’Ucraina), e quindi un sotto-prodotto della più vasta storia russa. Un concetto ribadito subito dopo: “L’Ucraina per noi non è solo un Paese vicino, ma parte integrante della nostra storia, della nostra cultura, della nostra unità spirituale”.
Il capo del Cremlino ha comunque chiarito che ciò che è passato non è più modificabile, dicendosi però convinto della necessità di trattare la storia con onestà e senza condizionamenti politici.
Durante il suo discorso alla nazione, Putin ha dedicato ampio spazio anche alla prospettiva di un ingresso di Kiev nella NATO – ritenuta da Mosca una linea rossa di sicurezza. Secondo il Cremlino sarebbe solo questione di tempo, alle condizioni attuali, prima che l’Ucraina formalizzi il suo ingresso nell’Alleanza Atlantica e ne diventi “il trampolino di lancio”.
“Nei documenti di pianificazione strategica americana (…) viene sancita la possibilità di un cosiddetto ‘attacco preventivo ai sistemi missilistici nemici’. E sappiamo pure chi è il principale avversario degli Stati Uniti e della NATO, ossia la Russia. Nei documenti NATO, il nostro Paese è ufficialmente e direttamente dichiarato la principale minaccia alla sicurezza euro-atlantica. E l’Ucraina servirà come trampolino di lancio per tale attacco”, ha dichiarato Putin.
In particolare, il leader russo ha sottolineato la gravissima minaccia alla sicurezza nazionale russa che deriverebbe dall’eventuale scelta atlantista di Kiev, permettendo all’aviazione NATO di colpire il territorio russo in pochi minuti e di controllare assiduamente lo spazio aereo russo fino agli Urali. L’Occidente, specifica Putin, sarebbe in grado di colpire Mosca nel giro di 4-5 minuti con missili ipersonici.
“Questo è un coltello alla gola. E loro, senza dubbio, prevedono di portare (i loro piani) a compimento, proprio come hanno fatto più volte negli scorsi anni, espandendo la NATO a est, spostando infrastrutture ed equipaggiamenti militari ai confini della Russia e ignorando completamente le nostre preoccupazioni (…), anzi sputandoci sopra”.
Nelle ultime ore sia Denis Pušilin, capo della repubblica popolare di Doneck, che Leonid Pasečnik, leader di Luhans’k, avevano chiesto a Mosca di riconoscere ufficialmente le due entità come Stati sovrani, oltre a fornire loro aiuti militari per contrastare la supposta “immediata minaccia di aggressione” da parte delle truppe di Kiev.
Analoghe pressioni a favore del riconoscimento di Doneck e Luhans’k erano provenute inoltre dalla Duma di Stato, camera bassa del parlamento russo, che si era espressa con larga maggioranza in tal senso già lo scorso 19 gennaio, e aveva reiterato l’appello al presidente la settimana scorsa.
La portavoce della Casa Bianca Jen Psaki ha informato che il presidente Joe Biden “emetterà presto un ordine esecutivo che proibirà nuovi investimenti, commercio e finanziamenti” nelle due repubbliche, e altresì contro qualsiasi individuo “intenzionato a operare in quelle aree dell’Ucraina”.
Dura reazione anche da parte dell’Unione europea: la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel hanno definito il riconoscimento russo “una palese violazione del diritto internazionale”, annunciando la prossima entrata in vigore di sanzioni.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha convocato una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza ONU, e proprio il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha condannato “la violazione dell’integrità territoriale e della sovranità dell’Ucraina (…) incompatibile con i principi della Carta delle Nazioni Unite”.