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Do You Know Viola Liuzzo? Manchin e Sinema dovrebbero andare in Alabama…

Ai senatori che al Congresso hanno affossato la legge sul diritto di voto, ricordiamo una donna bianca uccisa dal KKK mentre lottava per i diritti civili

Massimo JausbyMassimo Jaus
Time: 7 mins read

… “In primo luogo, devo confessare che negli ultimi anni sono stato gravemente deluso dai moderati bianchi. Sono quasi giunto alla deplorevole conclusione che il grande ostacolo del nero nel suo cammino verso la libertà non è il White Citizen’s Counciler o il Ku Klux Klanner, ma il bianco moderato, che è più devoto all'”ordine” che alla giustizia; chi preferisce una pace negativa che è assenza di tensione ad una pace positiva che è presenza di giustizia; che dice costantemente: “Sono d’accordo con te nel traguardo che vuoi raggiungere, ma non posso essere d’accordo con i tuoi metodi di azione diretta”; che crede paternalisticamente di poter stabilire il calendario per la libertà di un altro uomo; che vive secondo un concetto mitico del tempo e che consiglia costantemente al nero di aspettare una “stagione più conveniente”. La comprensione superficiale da parte di persone di buona volontà è più frustrante dell’assoluta incomprensione da parte di persone di cattiva volontà. L’accettazione tiepida è molto più sconcertante del rifiuto totale…”

Martin Luther King Jr, Lettere dal carcere di Birmingham Aprile 1963

Martin Luther King Jr ha scritto questa lettera quando era nel carcere di Birmingham. La sua era la risposta alla dichiarazione pubblicata da otto religiosi alcuni giorni prima, il Venerdì Santo di quell’anno, intitolata “An Appeal for Law and Order and Common Sense”. Gli autori (un ebreo, un cattolico e sei evangelici, tutti bianchi) erano consapevoli delle profonde ingiustizie sociali specialmente nel Sud degli Stati Uniti. Per risolverle sostenevano che la battaglia si sarebbe dovuta combattere nei tribunali e ai seggi elettorali, ma non nelle strade. Un appello alla civiltà in un confronto incivile con i magistrati razzisti che assolvevano gli assassini che uccidevano i neri. Con le ronde razziste spinte dalla feroce retorica del governatore George Wallace che impedivano agli afroamericani di votare. Una lettera scritta con la ragione senza però conoscere la realtà.

Joe Manchin e Kyrsten Sinema – Twitter

Proprio come i senatori Joe Manchin e Kyrsten Sinema che, per non cambiare le regole del filibuster, hanno affossato il Freedom to Vote-John Lewis Voting Rights Advancement Act, una fusione di due progetti di legge che avrebbero ampliato il controllo federale delle elezioni e stabilito standard nazionali per i diritti di voto. Una legge che avrebbe messo fine alle finte accuse di brogli. Ma non solo. Una misura per controbilanciare le numerose restrizioni imposte dai repubblicani che poggiandosi sulle fandonie dell’ex presidente hanno passato in 19 Stati una serie di restrizioni per disincentivare gli elettori sia a registrarsi per votare, sia per andare ai seggi elettorali. Ovviamente quello preso di mira è l’elettorato più povero, meno istruito, più anziano. Quello che normalmente vota per il partito democratico. Una discriminazione mirata e subdola che paradossalmente viene salvata dalla crisi di coscienza dei due senatori democratici moderati che impongono il rispetto delle regole del Senato per non modificare il filibuster dimenticando il costo pagato da quanti hanno lottato e pagato con la vita il diritto di votare.     

Il memorial a Viola Liuzzo

In Alabama, lungo la US 80 tra Montgtomery e Selma, vicino al villaggio di Lowdensboro i cartelli stradali segnalano il “Viola Liuzzo Memorial”. Una stele di marmo in un giardinetto recintato ricorda ai passanti che Viola, attivista per i diritti civili, venne assassinata dal Ku Klux Klan la notte del 25 marzo 1965 mentre era in auto con Leroy Moton, un adolescente afroamericano. La donna che era al volante venne colpita alla testa con due proiettili sparati con una pistola. Moton venne coperto dal sangue di Viola e i razzisti assassini, convinti di aver ucciso tutti e due i passeggeri, se ne andarono. Moton venne salvato poco dopo da un pastore battista.   

Viola Liuzzo si recò in Alabama nel marzo 1965 per aiutare la Southern Christian Leadership Conference – guidata dal Rev. Martin Luther King Jr. – nei suoi sforzi per registrare gli elettori afroamericani a Selma.

Liuzzo era nata Viola Gregg l’11 aprile 1925 nel paesino di California in Pennsylvania. Il padre era un minatore, la madre una insegnante. Ha trascorso gran parte della sua infanzia nelle zone rurali della Georgia e del Tennessee, dove ha assistito alle ingiustizie razziali che gli afroamericani subivano nel Sud, prima che la famiglia si trasferisse quando lei era adolescente in Michigan. Si stabilì a Detroit con il secondo marito James Liuzzo, un dirigente del sindacato dei Teamsters, e i suoi cinque figli (due da un precedente matrimonio). Dopo aver abbandonato le scuole superiori, Viola volle diplomarsi come assistente di laboratorio medico, prima di iscriversi alla Wayne State University nel 1963. Politicamente e socialmente attiva si associò alla sezione di Detroit della National Association for the Advancement of Colored People. Conosceva in prima persona le ingiustizie razziali sofferte dagli afroamericani avendo trascorso parte della sua giovinezza nel Dixieland.

Una scena del film Selma con David Oyelowo nei panni di Martin Luther King
Una scena del film “Selma” con David Oyelowo nei panni di Martin Luther King

La decisione di Liuzzo di andare in Alabama era stata in parte determinata dalla “Domenica di Sangue” del 7 marzo 1965 a Selma. L’anno prima il presidente Lyndon B Johnson aveva firmato il Civil Right Act, ma nell’Alabama del governatore George Wallace quell’accordo rimase solo un pezzo di carta. Le scuole erano ancora segregate, i ristoranti non accettavano neri, i posti in avanti negli autobus erano per i bianchi. Pure le fontanelle per bere erano differenti: quelle con lo schizzo lungo per i bianchi, quelle con il rubinetto per i neri.

Quel 7 marzo 1965, circa 600 sostenitori dei diritti civili marciarono per protesta contro l’uccisione di Jimmy Lee Johnson, un ragazzo nero da parte della polizia. L’idea era di andare da Selma a Montgomery lungo l’autostrada 80. Il gruppo si era appena avviato quando sull’Edmund Pettus Bridge venne attaccato da agenti di polizia statali che li presero a manganellate. Immagini trasmesse in tv e viste da Viola Liuzzo in un telegiornale che la spinsero ad unirsi alla lotta per i diritti civili.

Il pestaggio durante la marcia a Selma, il 7 marzo 1965
Il pestaggio durante la marcia a Selma, il 7 marzo 1965

Due giorni dopo, Martin Luther King Jr. tentò nuovamente di marciare verso Montgomery da Selma con più di 1.500 dimostranti, ma rinunciò alla prova di forza dopo aver visto l’imponente schieramento della polizia statale mandata dal governatore lungo la strada. Quella notte a Selma, un pastore presbiteriano bianco di nome James Reeb fu picchiato a sangue da un gruppo di razzisti bianchi che lo aggredirono in un ristorante mentre era a cena con altri tre leader religiosi. Portato in ospedale, infermieri e medici si rifiutarono di assisterlo. Fu ricoverato in un ospedale “for colored” che non aveva le strutture necessarie per assisterlo. Morì due giorni dopo senza essersi svegliato dal coma.

La senatrice Kamala Harris con a destra lil Congressman John Lewis sul ponte di Selma nel 2018

Il 21 marzo 1965, più di 3.000 manifestanti guidati da King iniziarono il loro viaggio da Selma a Montgomery per fare una campagna per i diritti di voto. Anche allora, come oggi, venivano create artificiali barriere per dissuadere la gente ad andare ai seggi. A differenza dei precedenti tentativi, gli attivisti di questa marcia vennero protetti dall’intervento dell’Esercito mandato dal presidente Johnson. Il gruppo raggiunse Montgomery il 25 marzo 1965 e King tenne un discorso sui gradini dell’edificio del Campidoglio davanti a una folla di circa 25.000 persone.

Quella stessa sera, Viola Liuzzo era in auto con Leroy Moton, anche lui attivista per i diritti civili della Southern Christian Leadership Conference percorrendo l’autostrada 80, quando un’altra macchina si accostò alla sua auto. Uno dei passeggeri dell’auto vicina sparò a Viola, colpendola in faccia e uccidendola. L’auto finì in un fosso e Moton, coperto dal sangue della donna, svenne. Il giorno seguente, il presidente Lyndon B. Johnson andò in televisione e annunciò che gli assassini di Liuzzo erano stati catturati. La polizia aveva arrestato quattro membri del Ku Klux Klan per l’omicidio: Eugene Thomas, Collie Leroy Wilkins Jr., William O. Eaton e Gary Thomas Rowe (che in seguito si è rivelato essere un informatore dell’FBI). Il 30 marzo 1965, circa 350 persone parteciparono al funerale di Liuzzo a Detroit, tra cui Martin Luther King Jr, il presidente della United Automobile Workers Union Walter P. Reuther, Jimmy Hoffa dell’International Brotherhood of Teamsters e l’Attorney General Lawrence Gubow.

Non molto tempo dopo la morte di Viola Liuzzo il direttore dell’FBI, J. Edgar Hoover, lanciò una campagna di fango per offuscare la reputazione della donna facendo trapelate storie false sul fatto che fosse sentimentalmente coinvolta con Moton, che fosse una tossicodipendente, che fosse una cattiva moglie e madre. Manovre depistanti per oscurare il ruolo di Thomas Rowe, uno degli assassini,  informatore stipendiato dall’Fbi che anziché tenere al corrente gli agenti federali prese parte attiva all’omicidio.

Thomas, Wilkins e Eaton furono rappresentati per la prima volta da Matt H. Murphy, l’avvocato del Ku Klux Klan. Dopo che Murphy perse la vita in un incidente d’auto, l’ex sindaco di Birmingham, Art Hanes assunse la loro difesa. Gli imputati vennero assolti da una giuria tutta bianca dalle accuse statali relative al crimine. Vennero successivamente condannati in un tribunale federale: Thomas e Wilkins ricevettero una sentenza di 10 anni di carcere; Eaton è morto prima della sua condanna. Rowe, inspiegabilmente ottenne l’immunità e fu inserito in un programma federale di protezione dei testimoni. (Thomas e Wilkins, in seguito, affermarono che Rowe era l’assassino ma le loro denunce furono respinte perché Rowe aveva ottenuto l’accordo per l’immunità). Nonostante gli sforzi del direttore dell’FBI per screditare Liuzzo, l’omicidio portò il presidente Johnson a ordinare un’indagine sul Ku Klux Klan e sulle relazioni esistenti tra il gruppo razzista dell’Alabama e gli agenti federali.

La tragica morte di Viola Liuzzo ha contribuito ad incoraggiare i legislatori ad approvare il Voting Rights Act del 1965. La storia di Viola Liuzzo è stata oggetto di diversi libri, tra cui From Selma to Sorrow: The Life and Death of Viola Liuzzo (1998) di Mary Stanton.

Nel 2004 Paola di Florio ha presentato al Sundance Film Festival il suo documentario su Viola Liuzzo, “Home of the Brave” (vedi video sopra). Il film acclamato dalla critica ha esplorato la storia della donna e l’impatto che l’omicidio ebbe sui suoi figli. I bambini avevano citato in giudizio il governo federale per l’omicidio della madre, ma il loro caso è stato infine archiviato.

Anni dopo l’omicidio, la famiglia di Viola Liuzzo ha ricevuto qualche riconoscimento per il suo sacrificio: è tra i 40 martiri dei diritti civili onorati al Civil Rights Memorial di Montgomery, creato nel 1989. Due anni dopo, la Women of the Southern Christian Leadership Conference ha creato il giardinetto sull’autostrada 80 sul luogo dove venne uccisa. Un posto che i due senatori dissenzienti in preda alle crisi di coscienza sulla morale per cambiare una regola del filibuster che blocca il passaggio di una legge giusta, dovrebbero visitare.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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