Durante la sua tradizionale conferenza stampa di fine anno, Vladimir Putin ha puntato il dito contro la NATO per la recente escalation militare in Ucraina orientale, affermando che l’atteggiamento di Mosca ha natura esclusivamente difensiva ed è motivato dalla minaccia occidentale ai suoi confini occidentali.
A colloquio per circa quattro ore, giovedì, con circa 500 giornalisti rappresentanti la stampa nazionale ed estera, il capo del Cremlino ha dedicato molto tempo alla questione ucraina. Non è intenzione della Russia provocare una guerra nel Donbass, ha fatto capire Putin, che ha invece additato la responsabilità della situazione di crisi agli Stati Uniti e ai suoi alleati atlantici. “Per caso mettiamo i nostri missili vicino ai confini statunitensi?“, ha chiesto retoricamente alla stampa, proseguendo: “No, sono gli Stati Uniti che sono venuti a casa nostra con i loro missili“. Il riferimento è all’allargamento orientale dell’Alleanza Atlantica fino ai confini della Federazione, in particolar modo nei Baltici (i cui tre Stati sono membri a pieno titolo della NATO dal 2004). Una situazione che si è fatta ancora più insostenibile, per Mosca, in seguito alla rivoluzione ucraina e allo spettro di collaborazione tra NATO e Kiev.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj non ha nascosto l’aspirazione ucraina a far parte dell’Alleanza, ma per Putin un passo del genere significherebbe oltrepassare le linee rosse di Mosca, con conseguenze quasi certamente militari. Ad intimorire il Cremlino è soprattutto l’ipotesi che sul territorio ucraino vengano installati sistemi di difesa missilistici. Secondo Putin, ciò permetterebbe agli avversari occidentali di colpire Mosca nel giro di 10 minuti. “Dobbiamo pensare a come la Russia ha intenzione di vivere: dovremo sempre guardarci alle spalle e aspettare?“, ha chiesto il presidente, nuovamente in maniera retorica.
The President commented on the security guarantees initiative: We made ourselves clear: NATO must not expand eastward
— President of Russia (@KremlinRussia_E) December 23, 2021
Quando gli è stato chiesto cosa ne pensasse della reazione occidentale all’ammassamento di circa 100.000 unità russe al confine con l’Ucraina orientale, Putin ha replicato: “Non è la Russia ma l’Occidente a dover fornire garanzie. E immediatamente, ora, invece di sotterrare la questione per decenni“. Le richieste russe alla parte occidentale sono state messe nero su bianco la scorsa settimana. Tra queste lo stop immediato all’espansione della NATO ad est (Ucraina in primis) e la sospensione di qualsiasi attività e collaborazione militare dell’alleanza in Ucraina, Transcaucasia (su tutti la Georgia) e Asia centrale post-sovietica. Oltre al divieto di dispiegamento di missili a media gittata in Europa.
In risposta alle richieste russe della scorsa settimana, martedì il segretario di Stato statunitense Blinken aveva proposto alla diplomazia russa un incontro a breve per negoziare un accordo e smorzare le tensioni. Nella sua conferenza stampa di giovedì, Putin ha definito quest’ultima evoluzione come una proposta “positiva“, e anticipato che delegazioni delle due superpotenze si incontreranno a Ginevra il prossimo gennaio.
L’obiettivo di Putin, insomma, è quello di strappare a Washington un accordo di lungo termine e giuridicamente vincolante. “Non solo rassicurazioni a voce“, aveva fatto sapere lo scorso martedì durante un incontro col ministro della Difesa Šojgu. Occasione in cui si era lasciato andare a una frecciatina sull’affidabilità degli statunitensi: “Escono da tutti i trattati internazionali che, per una ragione o un’altra, non gli vanno più a genio.”