Gli americani tornano a votare. Un anno dopo le presidenziali che hanno visto la vittoria di Joe Biden alla Casa Bianca è un’altra America quella che oggi si presenta ai seggi elettorali. Avvelenata dalle bugie di un ex presidente sconfitto si va a votare con nuove regole più restrittive in alcuni Stati del Sud che hanno ridotto sia il voto per posta, mentre il Paese è ancora alle prese con il Covid, sia chiudendo molti seggi elettorali nelle zone più rurali del Paese. Sono elezioni amministrative, ma anche politiche. Si scelgono i sindaci in grandi città, come New York, Boston, Seattle, e poi i governatori della Virginia e del New Jersey. Ma si vota anche nei piccoli paesini sperduti per scegliere sceriffi, magistrati, capi della polizia, District Attorney, consiglieri comunali e anche per il Coroner della contea. Si vota per i referendum locali per aumentare o ridurre le spese scolastiche, della polizia e dei vigili del fuoco. Alle urne per decidere se finanziare progetti locali come un nuovo parco, la piscina comunale o i marciapiedi, la nuova rete idrica, le linee elettriche con i cavi sottotraccia. Spese che gli abitanti dovranno in parte affrontare e per le quali sono chiamati a decidere. Normalmente le elezioni locali hanno una affluenza alle urne di gran lunga inferiore a quella delle elezioni nazionali.

In due Stati si vota anche per eleggere tre congressmen. In Florida ci sono le primarie per il seggio dell’ex parlamentare democratico Alcee Hastings, scomparso ad aprile. I candidati sono dieci. Le elezioni vere tra i due concorrenti che hanno vinto le primarie di oggi ci saranno a gennaio prima dell’avvio dei lavori alla Camera. In Ohio, invece, i seggi sono due: quello di Marcia Fudge, nominata da Biden Segretario alle Abitazioni Urbane. Questo è un seggio saldamente nelle mani democratiche e le primarie sono state vinte da Shontel Brown. E poi c’è il seggio di Steve Stievers, repubblicano, che ha lasciato la Camera per andare a dirigere la Camera di Commercio statale. E oggi la democratica Allison Russo e il repubblicano Mike Carey si presentano agli elettori.

Si vota per i sindaci di New York, Boston, Seattle, Atlanta, Buffalo, Stanford. A Minneapolis, teatro dell’uccisione di George Floyd, oltre che per il sindaco si vota anche per il capo della polizia.
Ma le due elezioni che potrebbero avere ripercussioni nazionali sono quelle dei governatori della Virginia e del New Jersey. In Virginia Terry McAuliffe, democratico, ex presidente del partito, è sfidato dal repubblicano Glenn Youngkin. I sondaggi li danno in parità. Per questa elezione sono scesi in campo Biden e Obama per MacAuliffe e l’ex presidente Donald Trump per Youngkin.

Da molti commentatori politici viene vista come una cartina di tornasole per l’anno di presidenza di Biden anche se le elezioni locali americane sono il frutto delle espressioni politiche del posto che non necessariamente rispecchiano quelle nazionali. La Virginia prevede che un governatore non possa svolgere due mandati consecutivi, motivo per il quale l’attuale governatore, il democratico Ralph Northam, non ha potuto ricandidarsi. Si possono però svolgere due mandati non consecutivi. E McAuliffe è già stato governatore dal 2013 al 2017 dopo una lunga carriera nel Partito Democratico. È stato infatti co-responsabile della campagna di Bill Clinton nel 1996 e presidente del Comitato Nazionale Democratico (DNC) tra il 2001 e il 2005, oltre che responsabile della campagna di Hillary Clinton nel 2008. Si era candidato nel 2009 per la prima volta a governatore in Virginia venendo sconfitto alle primarie. Nel 2013 ha invece vinto le primarie e poi venne sconfitto dal repubblicano Ralph Northam.
Youngkin è invece l’ex CEO della società di private equity Carlyle Group. Col suo patrimonio, stimato in 200 milioni di dollari, ha potuto autofinanziare la sua campagna elettorale. Ha ricevuto la “benedizione” di Trump non tanto per i suoi meriti, ma perché sfida un democratico legato ai Clinton.

Fino a poche settimane fa le elezioni sembravano una formalità con MacAuliffe in vantaggio con 15 punti di percentuale, ma una serie di grossolani errori gli hanno fatto perdere consensi. Ha impostato la sua campagna presentandosi come candidato anti-Trump per poi avere un ripensamento e dire che non si tratta di un voto su Trump, ma sulla Virginia. Ma anche il CRT, il Critical Race Theory, una teoria sulla lettura e la reinterpretazione storica focalizzata sul razzismo endemico degli Stati Uniti insegnando sin dalle classi elementari come i bianchi siano una classe privilegiata che inconsciamente lotta per mantenere questo beneficio collegando la discriminazione razziale al sistema istituzionale e legale del paese. Una opinione maturata nel think-tank dell’Harvard Kennedy School negli Anni 70 con Derrick Bell e Kimberlé Williams Crenshaw mal digerita dall’America conservatrice. Con gli anni, però la teoria CRT ha trovato più spazio ed è diventata la nuova arma di scontro nella guerra culturale tra repubblicani e democratici. Nell’ultimo dibattito televisivo un giornalista ha chiesto a McAuliffe il suo punto di vista sulla Critical Race Theory a scuola e il candidato democratico si è rifiutato di rispondere affermando che in Virginia CRT non è parte del curriculum scolastico.

Altra elezione che ha ricevuto attenzione nazionale è quella del governatore del New Jersey. L’attuale primo cittadino dello stato, il democratico Phil Murphy è sfidato dal repubblicano Jack Ciattarelli. I sondaggi danno Murphy con 15 punti di vantaggio. Murphy è stato eletto governatore nel 2017 dopo essere stato un dirigente di Goldman Sachs e ambasciatore in Germania durante il primo mandato di Barack Obama. Quattro anni fa ha vinto facilmente le primarie del suo partito e poi le elezioni contro Ciattarelli che ora lo ha nuovamente sfidato nonostante la sconfitta del 2017.

Al voto anche la città di New York per scegliere il proprio sindaco: il democratico Eric Adams è in vantaggio e sembra avviato a raccogliere l’eredità di Bill de Blasio. Sono chiamati a scegliere il loro primo cittadino anche i residenti di Boston: le candidate sono Michelle Wu e Annissa Essaibi in quella che è una corsa storica e porterà in ogni caso all’elezione della prima donna sindaco.
Bill de Blasio, intanto, punta a diventare governatore dello Stato di New York. Lo riportano i media americani citando alcune fonti, secondo le quali il sindaco uscente avrebbe presentato le carte per la sua candidatura. Non è comunque chiaro quando annuncerà ufficialmente la sua discesa in campo, che al momento vede candidate l’Attorney General dello Stato di New York, Letitia James e l’attuale governatrice Kathy Hochul.