Incredibile, ma vero. Liz Cheney, congresswoman del Wyoming che detiene la terza carica più importante del partito repubblicano alla Camera dei Rappresentanti, sarà degradata perché dice la verità. Quello che è peggio è che i suoi compagni di partito la condannano non perché le sue affermazioni siano false, ma perché sono vere e lei ha la “sfrontatezza” di esprimerle.
Ancora non é stata scritta la sentenza per lei, ma tutta la dirigenza del Gop é concorde nell’affermare che è soltanto una questione di tempo. Liz non fa un passo indietro, conferma che le elezioni le ha vinte Biden e che la causa dell’assalto al Congresso sono state le incandescenti parole pronunciate dal presidente il 6 gennaio.
“Quello che sta avvenendo – afferma Jeremy Adler, il portavoce della congresswoman – è che il partito vuole continuare a ripetere che le elezioni le ha vinte Trump e Biden ha avuto la maggioranza solo grazie ai brogli. Inoltre Trump e i suoi seguaci vogliono diminuire la gravità di ciò che è successo il 6 gennaio e Liz Cheney non sta al gioco. Il problema è tutto qui”. Di sicuro il discorso pronunciato lunedì dalla congresswoman nel suo intervento al ritiro annuale del think tank conservatore American Enterprise Institute a Sea Island in Georgia in cui ha definito le bugie dette da Trump per delegittimare la vittoria di Biden “il veleno nel sangue della nostra democrazia” ha alzato i toni, ma ha anche dimostrato che lei è pronta per la battaglia. A questo proposito il Washington Post non ha dubbi e si domanda solo quando Liz Cheney e il partito repubblicano si divideranno.

In passato Kevin McCarthy, il leader della minoranza repubblicana alla Camera insieme a Steve Scalise, Minorithy Whip, ha già cercato di degradare Litz Cheney ma non c’é riuscito. La proposta di toglierle la carica di Conference Chairperson era stata messa al voto, e poiché il voto era segreto la mozione è stata respinta con 145 voti. Solo 61 congressmen si sono allineati con McCarthy e Scalise. Nonostante questa umiliazione la leadership del partito ha continuato l’offensiva sostenendo le bugie di Trump.
Nella mischia si è gettata anche la speaker della Camera Nancy Pelosi che ha difeso la collega del partito avversario. “Tutti contro di lei perché non dice le bugie, perché non lascia correre. La vedete come la ragazza che fa il tifo per la squadra da voi odiata” scrive la speaker nel suo blog.
Raw Story rileva come continuare a delegittimare la vittoria di Joe Biden sia il più pericoloso attentato alla democrazia americana sin dalla guerra di secessione. “Le bugie di Donald Trump – afferma il politologo repubblicano Stewart Stevens – sono la cartina di tornasole usata da Trump per selezionare i suoi fedelissimi”. Chi non è con lui non merita il suo appoggio e così la falsa narrativa che le elezioni le ha vinte lui e Joe Biden ha imbrogliato va avanti a dispetto della verità. Almeno un caso di falsificazione di una scheda elettorale c’è stato, secondo l’Associated Press, ma la scheda contraffatta era in favore di Donald Trump e per questa violazione Bruce Bartman, di Marple in Pennsylvania, per aver mandato per posta il voto della madre morta anni prima è stato condannato a 5 anni con la condizionale. Si è difeso dicendo che lo aveva fatto dopo le ripetute affermazioni di Trump che le elezioni potevano essere vinte dai democratici solo se imbrogliavano e lui, nel suo piccolo, voleva impedire che i brogli dirottassero la vittoria del presidente. Il lavaggio del cervello imposto dall’ex presidente non fa proseliti solo tra l’elettorato.

Secondo il Guardian solo 12 dei 52 senatori e 15 dei 197 congressmen repubblicani della scorsa legislatura hanno riconosciuto la vittoria di Biden. I fischi per Mitt Romney sabato scorso alla convention dei repubblicani dello Stato dello Utah la dicono tutta. Definito da Trump un “traditore” e un “comunista” e un RINO, l’acronimo di Republicans In Name Only, per essere stato l’unico repubblicano a votare per ben due volte a favore dei suoi due impeachmen e per aver riconosciuto la vittoria di Joe Biden. Due fatti che per l’ex presidente sono intollerabili e scarica il suo veleno su di lui. Ma il termine al senato per Romney scade nel 2024, quando ci saranno le presidenziali e Trump può lanciare tutti gli anatemi che vuole, ma fino a quella scadenza Romney è intoccabile. Da vedere invece quello che succederà a Trump da qui al 2024.
Dopo la chiassata, i fischi, le urla, si è passati al voto sulla mozione presentata dai delegati filo trumpiani che chiedevano di censurarlo. E la mozione è stata respinta.
Forse la migliore definizione dell’attuale Partito repubblicano l’ha scritta il Deseret News, il più grande quotidiano dello Utah di proprietà della Chiesa mormone. Un giornale conservatore con profonde radici repubblicane che definisce il partito un elefante imbizzarrito. L’elefante è il simbolo dei repubblicani mentre l’asinello è quello dei democratici. “Mit Romney è un repubblicano – scrive il giornale – e non è cambiato. Quello che è cambiato, invece è proprio il partito repubblicano” aggiungendo poi che le frange estremiste populiste invise ai repubblicani negli anni passati si sono identificate nel messaggio elettorale di Trump che ha attratto questo gruppo di elettori rendendo poi inevitabile la trasformazione del partito.
Il Washington Post scrive che a Mar A Lago, dove l’ex presidente ha stabilito il suo quartier generale si aspetta con ansia la decisione che verrà resa nota domani dal comitato di supervisione di Facebook sul bando dalla piattaforma imposto all’ex presidente. Domani, appunto si saprà se sarà revocato o confermato. Il Facebook Oversight Board é un gruppo esterno creato dai dirigenti della stessa piattaforma per esaminare le decisioni sui temi più spinosi del social network. Trump era stato bandito “a tempo indefinito” in seguito all’assalto al Campidoglio dopo aver incitato i suoi fan.
A Washington Joe Biden è alle prese sia con i suoi piani per rilanciare l’economia che con quelli per sconfiggere la pandemia. Oggi il presidente ha detto che i vaccini assegnati a quei Stati che hanno deciso di limitarli nella loro rete di distribuzione verranno spediti in altre parti del Paese nel tentativo di arrivare al 70 % della popolazione vaccinata entro il 4 di luglio. Sono circa una decina gli Stati in cui i vaccini vengono spediti e distribuiti ma a causa dello scarso entusiasmo delle amministrazioni locali per per convincere gli abitanti locali a immunizzarsi, i vaccini che richiedono particolari sistemi di conservazione vengono inutilmente perduti. Finora era stata seguita una regola di equità nella distribuzione, ma visto che una volta che i vaccini vengono distribuiti e non usati anziché farli perdere, vengono mandati in quegli Stati dove invece gli abitanti li vogliono.