Lo stimolo c’è, ma non si vede. Secondo il ben informato NewsNation, democratici e repubblicani hanno raggiunto un accordo di massima e ora le commissioni sia alla Camera che al Senato stanno lavorando per trovare la formula specifica che soddisfi entrambi i partiti. Difficilmente il “Covid 19 Stimoulus Relief Bill” arriverà in aula per il dibattito prima di lunedì prossimo, questo per via di una serie di regole procedurali che proprio le commissioni devono seguire poiché il disegno di legge deve essere approvato prima dai comitati tecnici che tracciano nello specifico le linee guida dell’intervento finanziario e che poi viene sottomesso al voto delle commissioni e, una volta approvato, va in aula per il dibattito e per il voto e poi, come atto finale, passa alla Casa Bianca per essere firmato dal presidente. Un meccanismo un po’ complesso sia per l’ammontare della spesa dello Stato, 908 miliardi di dollari, sia per la ricerca di una formula di linguaggio che soddisfi tutti. Non è detto, comunque, visti i bizzarri atteggiamenti del presidente, che Donald Trump lo firmi e che invece ponga il suo veto. Comunque repubblicani e democratici hanno più dei 2/3 dei voti al parlamento necessari per sorpassare un eventuale intralcio presidenziale.
Secondo Politico, il sito web che conosce i complicati meandri dell’arte del governo di Washington, a spingere sull’acceleratore per trovare una soluzione il prima possibile è il leader della maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell che con questa mossa populista cerca di recuperare l’elettorato repubblicano moderato della Georgia in vista dei ballottaggi del 5 gennaio. In questo Stato ci saranno le elezioni suppletive per i due seggi del Senato. Per i repubblicani è vitale che almeno uno dei due candidati del partito venga riconfermato. Se il Gop li dovesse perdere tutti e due i democratici otterrebbero il controllo del Senato, non la maggioranza, perché la Camera Alta sarebbe composta da 50 repubblicani, 48 democratici e 2 indipendenti che hanno sempre votato con i democratici. Però, come da regolamento, in caso di parità il vicepresidente, in questo caso Kamala Harris, dovrà dare il voto finale.

La Georgia è stata al centro dei pesantissimi attacchi verbali del presidente dopo essere stato battuto da Joe Biden in questo Stato. Trump, in uno dei suoi farneticanti attacchi di ira, ha accusato la macchina elettorale del partito, il governatore, il vicegovernatore, il Segretario di Stato, tutti repubblicani, di essere collusi con i democratici per i brogli elettorali che, secondo lui, hanno portato alla vittoria Joe Biden. A peggiorare la già difficile situazione politica nello Stato anche le telefonate dell’influente senatore repubblicano del South Carolina, Lindsey Graham, alleato di Trump, al segretario di Stato della Georgia al quale suggeriva di annullare un po’ di schede elettorali votate dai democratici. In tutta questa polemica, poi sono intervenuti anche gli irriducibili di Trump che, incitati dalle velenose e false accuse del presidente sullo scarso “aiuto” che la macchina elettorale repubblicana gli avrebbe dato alle elezioni, istigati poi da alcuni avvocati del team legale del presidente, ora vogliono punire l’apparato politico locale non andando a votare.
In questo clima da resa dei conti all’interno del Gop i due candidati repubblicani David Perdue e Kelly Loeffler si presenteranno tra tre settimane al giudizio degli elettori. Questo perché per una legge statale della Georgia se un candidato non supera il 50% dei consensi alle elezioni, e nelle passate elezioni del 3 novembre c’erano anche altri candidati, si devono fare i ballottaggi tra i primi due che hanno ottenuto il maggior numero di voti. Warnock, che è un pastore protestante molto conosciuto ad Atlanta e attivo per la lotta per i diritti civili, è stato fortunato perché per una strana circostanza i candidati repubblicani per la conquista dello stesso seggio erano due. La più votata è stata Kelly Loffler, il secondo è stato Ralph Wanock, ma il terzo candidato era l’altro repubblicano che ha portato via moltissimi voti alla Loeffler. L’altro candidato repubblicano, David Perdue, è al centro di uno scandalo finanziario a causa dei suoi investimenti disinvolti in borsa. Perdue, che secondo Fortune Magazine, è l’investitore che giocando a Wall Street ha guadagnato più di tutti gli altri membri del Congresso, è stato accusato di “Inside Trading” perche’ investiva e vendeva le azioni grazie alle sue conoscenze privilegiate poiche’ fa parte della Commissione Bancaria del Senato. La commissione etica, a maggioranza repubblicana, ha aperto una indagine e Perdue e’ strato prosciolto. Le ombre sul suo comportamento pero’ ancora lo perseguitano. Anche l’altra candidata repubblicana, Kelly Loeffler e’ stata accusata di aver fatto investimenti poco cristallini. Per lei, inoltre, esiste un problema con il suo stesso partito dopo che si e’ lanciata tra le fila degli ultras di Trump.
La battaglia per la Georgia assume così un duplice ruolo politico, non solo per il controllo del Senato, ma anche per il controllo dello steso partito repubblicano: se dovessero vincere i democratici perché i fedelissimi di Trump non andranno a votare, il presidente mostrerebbe la sua forza e McConnell la sua debolezza.
I democratici a loro volta non sono immuni dalle controversie politiche. All’interno del partito si sta profilando una battaglia tra le nuove e le vecchie leve dem. Non è un segreto che Nancy Pelosi, con i suoi 80 anni è mal sopportata dai congressmen più giovani e, soprattutto, più a sinistra di lei. L’offensiva è partita lo scorso anno da AOC, Alexandra Ocasio Cortez, la giovane congresswoman del Bronx che chiede a voce alta un ricambio generazionale per la guida del partito. La congresswoman del Bronx accusa sia Nancy Pelosi che Chuck Schumer, il leader della minoranza democratica al Senato, di aver accentrato tutto il potere nelle loro mani senza aver pensato al futuro del partito non creando, o bloccando, la crescita formativa per dirigere in futuro il partito.

Nonostante ciò in estate Nancy Pelosi è stata riconfermata come la leader della maggioranza democratica alla Camera. Ora che alla Casa Bianca è stato eletto un presidente democratico “centrista” l’ala massimalista che si è impegnata per farlo vincere chiede spazio e soprattutto che il processo decisionale del partito sia concertato e non dettato da imposizioni dei vertici. Per ora la lotta è solo rimandata a dopo l’Inauguration di Biden, dopo di che Bernie Sanders, Elizabeth Warren, AOC, chiederanno più visibilità e soprattutto più programmi sociali.
Al Congresso molti repubblicani chiedono di aprire una indagine e rimuovere dalla Commissione sui servizi segreti della Camera Eric Swalwell, congressman della California e anche lui uno dei candidati democratici alle scorse primarie. Le accuse, finora, sono vaghe ma potenzialmente potrebbero essere disastrose. Un’amica di Swalwell, Christine Fang, specializzata nella raccolta di fondi per i candidati politici, sarebbe una spia di Pechino. Per ora solo il nome di Swalwell è saltato fuori dall’inchiesta anche per via del suo delicato incarico nella Commissione sui servizi segreti, ma secondo alcuni repubblicani sarebbero molti i parlamentari, non solo democratici, che avrebbero beneficiato dei servizi di Christie Fang. Le indagini proseguono.
Le spie non fanno capolino solo dalla Cina. Gli Stati Uniti, secondo i servizi segreti americani, sono al centro di un attacco cibernetico lanciato dai russi alcuni giorni fa a ministeri, aziende e a centri di controllo delle infrastrutture. Un’aggressione tuonano i democratici mentre i repubblicani, sorprendentemente, finora non hanno detto nulla. Oggi sul New York Times, c’è una “Opinion” di Thomas Bossert, ex consigliere presidenziale per la Home Security sia di Trump che di George W Bush, che scrive come da circa un anno, usando un software creato dalla ditta americana “Solar Wind” in cui le spie sono riuscite ad infiltrare con un malawere un programma che sorpassa i sistemi di sicurezza dei computer, in grado di poter leggere e copiare documenti segreti e i piani di lavoro di alcuni ministeri e di oltre 450 delle principali aziende americane . Tutti gli indizi – secondo Bossert – puntano su Mosca.

Il presidente eletto è sempre alle prese con la formazione della sua squadra. Oggi ha nominato Deb Haaland, congresswoman del New Mexico per guidare il ministero degli Interni che negli Stati Uniti controlla i parchi federali e le riserve dei Native American. La Haaland e la prima donna Native American a ricoprire questo incarico. Il presidente eletto sta considerando di nominare Brenda Mallory, esperta di legale per la sicurezza dell’ambiente, capo della Commissione Ambientale. Infine l’ex sindaco di New York, Michael Bloomberg, invece spinge per far affidare un incarico a Diana Taylor, la sua compagna.