La National Italian American Foundation è la più importante organizzazione degli italoamericani che, fin dagli anni Settanta, dalla sua sede di Washington DC, opera per preservare gli interessi di una comunità che potenzialmente conta oltre 20 milioni di americani. Qualcuno la chiama “lobby”, nel senso di strumento di pressione, soprattutto per il mondo del business, ma con gli anni la NIAF ha anche assunto un ruolo per la promozione della cultura e di aiuto nell’istruzione, sia con la distribuzione di borse di studio che con l’organizzazione di grandi eventi che mettano in luce quei valori ancora preservati dagli americani di origini italiane in America.
Patricia de Stacy Harrison è una importante manager nel campo dei media; è la Chairman and CEO of the Corporation for Public Broadcasting, cioè la società che controlla e finanzia la cosiddetta PBS, la televisione pubblica americana. Dr. Stacy Harrison è anche la Presidente della NIAF, la prima donna ad ottenere questo ruolo. Venerdì 11 dicembre, ci ha concesso in esclusiva questa intervista, che abbiamo condotto via zoom e potete anche seguire nell’originale in inglese nel video sopra.
Grazie mille Dott.ssa Patricia de Stacy Harrison per questa intervista con La Voce di New York. È la prima volta che la intervistiamo, lei ora ricopre la carica più importante alla National Italian American Foundation, che è stata fondata 45 anni fa. Quando ha sentito parlare per la prima volta della NIAF, magari da studentessa, quali furono i suoi pensieri?
“Ero molto emozionata. Soprattutto quando hai vent’anni e guardi al futuro, vuoi sapere di più sulle tue origini. È bello stare intorno a persone che hanno avuto esperienza e di cui puoi ascoltare le loro storie. Dalla loro forza puoi trarne un po’ per te stessa. Senti quello che hanno passato nelle diverse generazioni, nell’arrivare negli Stati Uniti dall’Italia, all’inizio del secolo, dopo il 1895, quando ci fu una grande ondata migratoria. Ascoltavo i racconti di mio nonno su suo padre e del loro duro lavoro. La cosa principale che ho appreso dalle storie sugli italiani in America, è che i nostri antenati non hanno aspettato di diventare importanti, ma hanno pensato che loro fossero già importanti. Sentivano la forza provenire dalle loro origini, avevano fiducia nei loro valori e lavoravano molto duramente per costruire la vita per la loro famiglia. Inoltre, una cosa fondamentale che mi ha influenzato moltissimo nella vita e in qualunque successo che ho ottenuto, è il fatto che se passi la vita sentendoti una vittima, non sarai molto felice. Per gli italiani che venivano in questo paese, c’era un pregiudizio molto forte in diverse comunità, che si potrebbe addirittura definire razzismo. Ma anche se non avevano niente, hanno sempre tenuto la testa alta, e quando arrivava il fine settimana, o la domenica, avevano la chiesa, avevano cibo, gioia e luce, una forza di spirito che ho sempre trovato molto stimolante”.

Quali sono le varie missioni della NIAF che ritiene siano le più importanti da preservare e rafforzare? Cosa dovrebbe essere eliminato e cosa dovrebbe essere creato che ancora non esiste? Ora lei è la leader…
“Beh, so cosa rende unica la NIAF: sono gli uomini e le donne che abbiamo nel nostro consiglio di amministrazione. Provengono da tutti i ceti sociali, hanno tutti un grande successo, ma la maggior parte di loro, proviene da radici molto umili, se si guarda ai loro genitori, nonni e bisnonni. Ciò che danno alla NIAF – che è un’organizzazione molto moderna – è il senso del patrimonio, ma anche un impegno a portare con sé la prossima generazione in modo che possano avere successo. Ad esempio, al nostro Gala di quest’anno, abbiamo onorato il dottor Anthony Fauci perché vogliamo promuovere la ricerca e la scienza e, naturalmente, gli abbiamo dato il premio Leonardo da Vinci! Sono scienziati e artisti, che racchiudono tutto. Quindi, anche se NIAF ha sede a Washington DC, siamo l’unica organizzazione che mantiene un rapporto con la leadership anche in Italia. Lavoriamo con gli ambasciatori, l’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, Lou Eisenberg e, naturalmente, l’ambasciatore italiano negli Stati Uniti, Armando Varricchio. Abbiamo rapporti molto, molto forti con loro perché vogliamo rafforzare quei legami. La nostra borsa di studio per la ricerca scientifica a nome del dottor Anthony Fauci sarà assegnata ad un ricercatore, un italiano e un americano. Quindi, questa partnership continua; ora siamo in un posto diverso da quello in cui erano i nostri antenati – siamo in una posizione di potere e la nostra missione è assicurarci di usare quel potere per aiutare i giovani e altre persone della comunità italiana”.
Delle tante cose che ha detto, ho alcune domande. La NIAF, in passato, è stata percepita più come un’organizzazione politica o una lobby, se vogliamo, una lobby a Washington per affari importanti, e non così presente a livello locale all’interno delle comunità italoamericane negli Stati Uniti. Ci sono altre organizzazioni italiane, come i Sons of Italia, FIERI etc e vorrei chiedere qual è il suo rapporto con queste altre organizzazioni – ma anche, in futuro, attraverso la sua leadership e con l’esperienza che ha nei media e nell’istruzione, pensa che la NIAF possa essere più presente nelle scuole, a livello di base della comunità italiana in tutto il paese?
“Sì, bella domanda. Sai, non si può essere tutto per tutti e fare le cose bene. Quindi, per prima cosa, vogliamo assicurarci che i milioni di italoamericani in questo paese siano rappresentati in ciò a cui tengono. Abbiamo una meravigliosa delegazione italoamericana – Repubblicani e Democratici – e lavoriamo con loro su diverse questioni in modo trasversale. Allo stesso tempo, esistiamo per le nostre radici e abbiamo membri in ogni stato degli Stati Uniti. Potremmo guardare di nuovo al rafforzamento di quelle appartenenze a livello locale, ma il nostro Consiglio è molto rappresentativo di uno sguardo nazionale agli Stati Uniti. Per quanto riguarda tutte le altre meravigliose organizzazioni italoamericane – e ce ne sono molte – lavoriamo a stretto contatto con tutte loro, siamo molto indipendenti come loro, ma ci riuniamo su questioni che ci preoccupano, e quindi la NIAF, di solito, è quella che chiamano quando hanno bisogno di fare qualcosa a Capitol Hill, o vogliono che parliamo con qualcuno. In effetti, abbiamo alcuni membri del nostro Consiglio che sono membri di altre organizzazioni italoamericane, quindi abbiamo un rapporto di lavoro molto forte, e questo è molto importante. Non siamo in concorrenza con nessuno”.
In italiano, e credo in molte lingue, c’è il detto “L’unità fa la forza”. Per quanto riguarda la lingua italiana: quanto è importante per la sua organizzazione lo studio della lingua italiana, non solo in America – parlo anche, ad esempio, dell’invio di studenti americani in Italia, e viceversa, quanto è importante che studenti italiani, o anche dottorandi, vengono poi in America con l’aiuto della NIAF?
“La lingua italiana è una bella lingua. Abbiamo distribuito tante borse di studio per garantire che venga insegnato nelle scuole a livello universitario, e come sapete non è una missione facile. L’inglese è diventato la lingua dominante, lo spagnolo, vogliamo assicurarci che l’italiano non venga inserito in quella categoria di “lingue antiche”. È la lingua degli affari, dell’arte, della cultura. La NIAF ne è molto consapevole. Il cuore e l’anima delle nostre borse di studio è rafforzare il patrimonio e la cultura italiana, il che, ovviamente, pone la lingua al primo posto”.

Con lo studio all’estero, cosa può fare la NIAF? La pandemia COVID-19 ha praticamente decimato e distrutto un intero gruppo di scuole e organizzazioni che erano molto attive in questo ruolo di scambio con gli Stati Uniti. Ad esempio, dicono che la città di Firenze, dove tanti giovani americani vanno a studiare, questa attività stia scomparendo. Non è solo un business, ma un rapporto culturale che sta scomparendo. Quindi, la NIAF ha forse un piano per aiutare, per vedere come questa relazione può essere riallacciata?
“Beh, uno dei motivi per cui sono così orgogliosa della NIAF, è che sottolinea la nostra presenza davvero internazionale: quando è iniziata la pandemia di COVID-19, abbiamo lavorato a stretto contatto con i leader del governo italiano, con l’Ambasciatore Varricchio, per vedere cosa potevamo fare per quanto riguardava le forniture farmaceutiche. Poi, questa è diventata una pandemia globale e stiamo ancora tutti cercando di immaginare come sarà la vita. Ora siamo fortunati perché ci sarà un vaccino che verrà distribuito, prima o poi, ma ci saranno ancora sfide. Le persone hanno paura di riunirsi come facevano una volta, ma ci sono i più giovani che aspettano soltanto di viaggiare, quindi direi: ‘Adesso godetevi un po’ di tranquillità a Firenze, perché torneremo tutti!'”.
Non vedono davvero l’ora…
“Non appena potremo. Parlo con così tante persone che mi dicono: ‘Mi manca l’Italia, mi manca l’Italia’, – e anche i non-italoamericani, ci andrebbero ogni anno; ma il mondo si deve rimodellare a causa di questa terribile malattia. Comunque, sono molto orgogliosa del fatto che tanti medici e scienziati, italiani e italoamericani, abbiano fatto parte della soluzione”.

Per il vostro riconoscimento di quest’anno ha scelto il Dr. Fauci. Ha già parlato di lui, quindi non le chiederò di più, ma vorrei sapere se la scelta del dottor Fauci è stata facile; nel senso che tutti erano d’accordo [con questa decisione] o ci sono state delle discussioni?
“No, sai come sono gli italiani: litighiamo, e cinque minuti dopo usciamo a prendere un bicchiere di vino o un caffè espresso, ma no, il dottor Fauci è un sostenitore della NIAF da molti, molti anni. E infatti, quando l’ho intervistato per il nostro Gala, ho detto: ‘Dr. Fauci, torni ogni anno, non solo per la pasta!’ E lui ha detto: ‘Pat! È per la pasta! Non riesco a immaginare come possano servire la pasta al dente a 3.000 persone!’ No, certo che no, non solo la pasta, ma per lo spirito di gruppo e il sentimento. E di nuovo sottolineo quello che ho detto prima: è la forza che senti quando sei tra queste persone che ti abbraccia e ti sprona ad affrontare le difficoltà. È fondamentalmente quello che ha detto. Quindi no, non c’è stata discussione, nessun dissenso, tutti eravamo d’accordo!”
L’Italia negli Stati Uniti è conosciuta principalmente per la sua cucina, moda, arte e storia. Crede che gli italoamericani siano abbastanza informati sull’Italia di oggi per quanto riguarda le altre aree per cui è famosa? In altre parole, come si posiziona la NIAF per far sì che gli italoamericani conoscano meglio l’Italia di oggi? E viceversa: quanti italiani conoscono la realtà degli italoamericani negli Stati Uniti? E cosa sta facendo, o vorrebbe fare, la NIAF affinché gli italiani diventino più informati?
“Beh, penso che in termini di missione della NIAF, questo sia il cuore di ciò che facciamo. Sono due metà del tutto. Onoriamo la nostra eredità, ma oggi viviamo nella vita moderna. L’immagine dell’Italia è un’Italia romantica di secoli fa – e quando ci viaggi, trovi i meravigliosi manufatti e i monumenti sia a Roma, che in tutto il paese; ma l’Italia è una nazione vivace, che va oltre la moda e il cibo, la scienza, gli affari, ed è per questo che nel nostro Consiglio abbiamo uomini e donne che sono di alto livello nel mondo del business. Il nostro Gala, ad eccezione di questo, che era incentrato sul Dr. Fauci, riconosce sempre la “nuova” Italia. Quando si fa un viaggio in Italia ci si aspetta quell’emozione per il bellissimo paesaggio e il buon cibo, ma è anche un paese moderno, ed è importante che gli italoamericani lo capiscano e, allo stesso modo, è anche importante che gli italiani sappiano com’è la vita degli americani, degli italiani in America – perché a volte possono sembrare due persone distinte; Italiani e italoamericani”.
So che ne ha sentito parlare tante volte, ma vorrei sapere cosa ne pensa: Che immagine dà Hollywood degli italoamericani? Pensiamo ad attori e registi come Coppola, De Niro, Pesci, Al Pacino, Martin Scorsese, quella che esprimo è arte, perché è arte, ma allo stesso tempo promuove uno stereotipo che danneggia una comunità. Pensa che questo sia un problema da affrontare o, poiché è arte, non dovrebbe essere toccata?
“Penso che l’arte possa elevare, spiegare e ispirare, ma può anche fornire un’immagine che non corrisponde necessariamente alla realtà, e se sei adulto te ne rendi conto. È quando sei molto giovane che guardi qualcosa e pensi che questo riassuma cosa sia un italoamericano. Ricordo il giudice Antonin Scalia, che quando era diventato un giudice della Corte Suprema aveva raccontato che il quartiere e la sua famiglia erano molto orgogliosi, perché fino ad allora, tutte le storie stereotipate sugli italoamericani riguardavano principalmente la mafia, o comunque cose molto negative. Devo dire, però, che c’è qualcosa nella narrazione di questi grandi attori, registi e produttori. Se si guarda la trilogia de Il Padrino, molto shakespeariana sotto diversi aspetti, alcune parti potrebbero non piacere, ma è una storia a cui le persone si connettono. Mi capita di sentire che più persone ammirano gli italoamericani perché, anche nelle cose più negative che vengono fuori, c’è sempre il personaggio che è per la famiglia – la famiglia, la famiglia. A volte, questi personaggi compiono azioni che non sono così buone, ma non sono preoccupata, perché penso che la gente sia in grado di distinguere, a meno che non si tratti davvero di qualcosa di cattivo e molto offensivo. Abbiamo avuto diversi programmi televisivi americani, come Jersey Shore – o come si chiamava – è stato orrendo, terribile. Ma, se ti riferisci ai film che sono stati con noi per molti anni, non me ne preoccupo”.

Devo aggiungere allora che come italoamericana, lei è orgogliosa di artisti di punta come Scorsese, Coppola, De Niro e persone come loro.
“Mio Dio, sì, assolutamente. Hanno interpretato la vita americana per noi, e infatti abbiamo avuto tante persone nel nostro tributo al dottor Fauci: Leonardo Di Caprio, Martin Scorsese e, ovviamente l’attenzione era sul dottor Fauci – ma, con tutte queste presenze, se ti fermi ad osservare, pensi: “Mio Dio, la cultura americana è italoamericana!”.
Sì, abbiamo pubblicato il vostro video con Di Caprio e tutti gli altri!
“Sì, e con Tony Bennett. È come dire: “Oh mio Dio, se se ne andassero tutti, non avremmo niente!”. Certo, è un’esagerazione; mi rendo conto che altri popoli ce l’hanno fatta”.
La gente dimentica i film classici. Ora, siamo a Natale, Frank Capra era il regista di It’s A Wonderful Life! Frank Capra, regista nato in Sicilia che poi crebbe a Los Angeles!
“Esatto, e questo è un classico, It’s A Wonderful Life. Penso sia particolarmente importante ora perché stiamo tutti cercando di affrontare la pandemia, sia in Italia che negli Stati Uniti: è molto difficile, non vedi la tua famiglia, sei davanti ad uno schermo 24 ore al giorno, e dobbiamo attenerci a queste misure di sicurezza per assicurarci, un domani, di poter tornare ad uscire, riunirci e stare insieme”.

Dr. Harrison, ancora un’altra domanda che sarà già stata posta, ma vogliamo conoscere la sua opinione: succede sempre, ma quest’estate, di nuovo, c’è stata la polemica sulle statue; molti italoamericani si sentono feriti. La mia domanda è prima di tutto qual è la risposta ufficiale della NIAF sulle statue d Colombo – se dovessero essere rimosse o no; ma anche la sua opinione personale. Questo giorno di orgoglio per gli italoamericani, il Columbus Day, può essere celebrato in un altro modo? Perché sappiamo che il prossimo anno succederà di nuovo.
“Sì, sai, penso che sia un peccato che attraverso i media, venga detto alle persone che devono scegliere tra una cosa o l’altra. Tutti sono orgogliosi della loro eredità e se guardiamo indietro nei secoli, non avremmo statue di nessuno, perché nessuno è perfetto. Ma per gli italoamericani, Colombo rappresenta qualcosa di più di un semplice navigatore, un grande navigatore. Questo è stato il primo simbolo in questo paese quando ancora non avevano niente, ed erano i loro soldi, centesimi e monetine, i loro risparmi, che rendevano davvero realizzabili queste statue. Credo che nessun gruppo possa avanzare attraverso la violenza contro una statua. Penso che le persone non dovrebbero scegliere tra il Columbus Day o la Giornata del popolo indigeno – ci sono abbastanza giorni per poter celebrare ciò che riteniamo positivo nella nostra cultura. Oltre a Colombo, ciò di cui la NIAF è molto orgogliosa, è un film su cui si sta lavorando – ed è la vita di Madre Cabrini. Non solo Colombo, che ha un significato per tanti italoamericani, ma non vediamo anche l’ora di guardare oltre a qualcuno come Madre Cabrini, che non ha nulla a che fare con le statue, anche se ci sono statue su di lei…”

Scusi se interrompo, ma il Console Generale, Francesco Genuardi, con il Governatore Cuomo, celebra la nuova statua di Madre Cabrini a Battery Park a New York...
“Complimenti! La mia città natale, New York, arriva sempre! Meraviglioso. Penso e spero che stiamo entrando in un’era di rispetto per tutti, senza calpestare la dignità di nessuno. Dobbiamo ascoltare di più – ho visto una maglietta che recitava: “Abbaia di meno, Scodinzola di più“.
Ho una domanda ancora, e poi finiremo, ma questo è importante perché si tratta ancora di divisione, ma riguarda la divisione interna della comunità italoamericana, che soprattutto quest’anno, ha a che fare con le elezioni – e lo sappiamo tutti, ancora oggi c’è molta tensione. A parte me, che sono un giornalista che lavora qui, durante alcune interviste dall’Italia, sia in radio che televisione, mi chiedevano: “Perché gli italoamericani sostengono Trump?” E io rispondevo: “No, non tutti gli italoamericani sono per Trump”, ma è vero che si percepiva che la maggior parte della comunità italoamericana sostenesse il presidente, preferendolo a Biden. Quindi, la mia domanda è, innanzitutto ha avuto l’impressione che la maggioranza degli italoamericani fosse a favore del presidente Trump e perché? Poi – un’altra domanda, che per me è in realtà più importante: in che modo questo periodo di forte divisione all’interno della comunità italoamericana rende più difficile il lavoro alla NIAF? Cosa farà per evitare che queste enormi divisioni politiche in questo anno elettorale influenzino negativamente la missione della sua organizzazione? Cosa farà per riunire la comunità italoamericana?

“In questo momento questa è una domanda per tutto il nostro paese. Ci sono state le elezioni e ci sarà l’inaugurazione; per il bene del nostro paese dobbiamo sostenere il presidente degli Stati Uniti e dargli una possibilità. Stiamo attraversando questa terribile pandemia e la divisione può essere letale. Quindi, dobbiamo davvero concentrarci sulla sicurezza fino a quando non avremo il vaccino, e anche dopo quando lo riceveremo. Non conosco le preferenze politiche di ogni persona, ma abbiamo un Consiglio che è bipartitico: alcuni sono repubblicani, altri sono democratici, alcuni hanno sostenuto il presidente Trump, altri il presidente eletto Biden. Penso che ciò che la NIAF debba fare, sia concentrarsi sulla sua missione, che è intramontabile. Non importa chi è il presidente, importa della cultura e di tutti i valori di cui ho parlato prima, per aiutare i giovani, soprattutto adesso che hanno perso molto tempo nella loro istruzione. Non bisogna sprecare tempo concentrandosi sulle divisioni. Nella mia famiglia, quando ci riunivamo per il Ringraziamento, qualcuno sosteneva un partito, qualcuno ne sosteneva un altro, tutti urlavamo, ma alla fine mangiavamo il tacchino, e adesso, finalmente, è arrivato lo stesso momento; dobbiamo andare avanti ed essere bravi cittadini. Tutti noi, in questa società civile, ci assicuriamo che la democrazia sia forte. Guardando sempre fuori, diciamo: “Qual è la minaccia esterna per noi e per questo paese?”. La minaccia non può venire da noi stessi, dall’interno, e dividerci. Quindi, questo è il mio obiettivo per la NIAF. Penso che si possa essere un membro della NIAF ed essere triste perché il proprio candidato ha perso, oppure felici perché il proprio candidato ha vinto, ma bisogna farsene una ragione!”

Forse la NIAF è l’unico posto in America dove stando seduti a cena, puoi vedere conversare accanto al tuo tavolo il Segretario di Stato Mike Pompeo con la Speaker Nancy Pelosi…
“In realtà, abbiamo diversi incontri con esponenti politici che hanno idee differenti e stanno nei partiti opposti. Da molto tempo quando ci riuniamo al Congresso diciamo sempre: “Mettiamo da parte e parliamo della NIAF, del nostro patrimonio e del progresso della nostra cultura. E’ così che avremo la meglio”.

Ultima domanda, e poi la lascio andare: Nella leadership della NIAF – almeno in passato, ovviamente non oggi – è mancata una presenza femminile equilibrata. Prevede di ampliare i ruoli di leadership all’interno dell’organizzazione e di aprirli a più donne? Ad esempio, attraverso la NIAF, di estenderlo alla comunità italoamericana, all’interno del mondo degli affari eccetera, dove forse in passato la presenza delle donne non è stata così apprezzata.
“Beh, abbiamo alcune donne molto forti nel consiglio di amministrazione della NIAF, Linda Carlosi, avvocato fuoriclasse, Anita McBride, che era il capo del personale della First Lady Bush, Capri Cafaro, che è stata la deputata più giovane della legislatura dello stato dell’Ohio e che ora è opinionista su MSNBC – e so che sto dimenticando altre persone, e loro mi sgrideranno, ecco certo Maria Bartiromo… Ma certamente, la donna italoamericana è una forza potentissima, e fa in modo che le cose accadano; in questo momento ci sono più donne italoamericane che sono CEO e in politica, quindi saremmo entusiasti di avere questo tipo di persone che si uniscono al nostro Consiglio, assolutamente”.

E poi c’è il fatto che ci sarà First Lady Jill Biden che, il 20 gennaio, sarà per la prima volta italoamericana! –
“Lo so, certo!”.
Quindi ha intenzione di organizzare qualcosa di speciale per lei prossimamente?
“Lo abbiamo in programma, la questione principale è: lei vorrà partecipare? Certo, noi non vediamo l’ora. Avranno molte cose da fare, e proprio come abbiamo fatto con la signora Bush, che abbiamo nominato italoamericana onoraria, mentre guardiamo avanti nei prossimi mesi, cercheremo di lavorare anche con la futura First Lady”.
Grazie mille, dottoressa Harrison, è stato molto, molto interessante. Spero che questo sia solo l’inizio di una relazione che stabiliremo tra la NIAF e i nostri lettori.
“Quando vuoi Stefano, mi ha fatto molto piacere parlare con te! È stato davvero fantastico – sei un ottimo intervistatore!“