E’ una battaglia all’ultimo voto. A quattro giorni da Election Day in questa America piagata dal coronavirus, Joe Biden e Donald Trump sono coinvolti in una frenetica e faticosissima campagna elettorale che li vede impegnati in tutto il Paese: da nord a sud, da est a ovest. Non c’è Stato ad eccezione delle Hawaii e dell’Alaska, che non sia stato visitato da uno dei due candidati o dai loro running mate. Una escalation di incontri con gli elettori che con l’avvicinarsi del giorno delle elezioni si fa sempre più convulso. Ieri entrambi in Florida, oggi tutti e due in Minnesota e Wisconsin. Biden proseguirà in serata per l’Iowa mentre Trump andrà in Michigan. Il vicepresidente Mike Pence è in Arizona e Kamala Harris in Texas. Il distacco oggi tra i due, secondo Real Clear Politics, che calcola lo “spread” facendo la media dei principali poll raccolti giornalmente, è di +7.8 a favore di Biden.

In queste elezioni così polarizzate oltre alla scelta del presidente che guiderà l’America per i prossimi quattro anni, si sceglieranno anche 35 senatori, e pure per loro, come per le presidenziali, non ci sono certezze. Neanche per i più “stagionati” come il leader della maggioranza repubblicana al Senato Mitch McConnell. E già fino ad oggi, hanno votato per posta più di 84 milioni di americani. In molti Stati, come il Texas, il voto anticipato ha già superato il totale del voto di persona alle scorse presidenziali.
In un sondaggio condotto dal Meredith Poll tra il 16 e il 19 di ottobre in North Carolina, uno stato “campione” a livello nazionale sia per la composizione etnica che quella economica e di affiliazione ai partiti dell’elettorato, viene evidenziato come gli elettori siano più preoccupati dal Covid e dalla mancanza di assicurazione medica piuttosto che dalla ripresa economica smentendo un principio consolidato che vuole come le scelte siano sempre dettate dai quattrini. In queste elezioni quindi la salute batterebbe il portafoglio. Se questo assioma dovesse essere vero per Trump sarebbe la fine.
Ad oggi il coronavirus ha infettato quasi 9 milioni di americani causando la morte di poco meno di 230 mila persone. E la nuova ondata di coronavirus, più virulenta della prima, vede quasi 550 mila casi in una settimana, poco meno di uno al secondo. La curva del contagio è in ascesa in 20 Stati, con quasi 90 mila casi al giorno. Molti Stati, come il New Jersey e l’Ohio, stanno considerando un secondo lockdown. Nonostante ciò Trump ostenta sicurezza: “Francia e Germania – scrive il presidente in uno dei suoi tweet – non stanno andando bene e stanno chiudendo. Noi invece non chiuderemo. Stiamo facendo molto meglio dell’Europa. Il peggio è passato. Abbiamo svoltato”… ribadendo la sua tesi che l’impennata dei contagi sarebbe legata solo al maggior numero di test effettuati. “Più test, più casi – scrive in un altro tweet – Abbiamo i migliori test. I decessi sono bassi. Gli ospedali hanno una capacità maggiore! Le cure stanno funzionando”.

Una tesi smentita sia dal dottor Anthony Fauci, il più noto virologo d’America che dal dottor Scott Gottlib, l’ex direttore della Food and Drug Administration, l’ente di controllo sugli alimenti e sulle medicine. “Ci sono più casi perché la gente non rispetta le più basilari norme da seguire durante una pandemia – afferma Fauci. – Non viene usata la mascherina e non si rispettano le distanze di sicurezza. Bisogna imporre l’uso obbligatorio in tutti gli Stati Uniti della mascherina e proibire gli assembramenti”. “La drammatica impennata dei contagi – afferma Gottlib ai microfoni di Cnn – è dovuta alla mancanza di norme che impongono l’uso obbligatorio delle mascherine in tutto il Paese. E’ superfluo dire che gli assembramenti all’aperto ai comizi del presidente Trump dove i suoi simpatizzanti non usano le mascherine né rispettano le distanze di sicurezza diventano inevitabilmente altri focolai di contagio”. Tesi sostenuta anche dal dottor Sanjay Gupta, il corrispondente medico della Cnn che evidenzia con dati statistici alla mano come l’aumento dei casi di Covid in 20 Stati sia direttamente collegato ai comizi tenuti dal presidente.

In questa America malata per molti elettori, specialmente per quelli “meno giovani” andare di persona ai seggi per votare è problematico ma in molti Stati, ultimo il Minnesota, dove un giudice federale ha disposto che i voti validi nello Stato sono solo quelli arrivati entro il 3 novembre e non dopo anche se il timbro postale sulla busta ha la data dell’Election Day, diventa sempre più difficile mandare la propria scelta per posta. Un’altra forma di “soppressione elettorale” dopo quella della limitazione delle cassette elettorali negli Stati decisa dai governatori repubblicani in aggiunta alla rimozione delle buche postali nelle zone più rurali decisa, invece, dal direttore delle poste nominato da Trump. Ed è per questo che giovedì sera la speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha invitato l’elettorato a non mandare più per posta le schede elettorali. “Non spedite più i vostri voti, non arriverebbero in tempo”: ha detto “Trump sta facendo di tutto per smantellare il sistema postale. Anche lo Us Postal Service – ha aggiunto Pelosi – sta dicendo che ormai è troppo tardi per spedire il voto, considerando che ci vogliono cinque, sei giorni perché venga recapitato”. Ad oggi sono almeno 42 milioni i voti per posta spediti e non ancora arrivati.
In queste elezioni la battaglia politica non è solo per la Casa Bianca, ma anche per il Senato e per la Camera dei Rappresentanti. Al Senato, come abbiamo scritto sopra, sono in ballottaggio 35 seggi. Poiché i senatori sono 100, due per ogni Stato indipendentemente dal numero di abitanti, e durano in carica 6 anni, ogni due anni si svolgono le elezioni per rinnovarne un terzo. Normalmente quindi ogni due anni ci sono 33 senatori in lizza. E il terzo anno ce ne sono, come quest’anno, 34. Attualmente il senato vede 53 repubblicani e 45 democratici, più due indipendenti che hanno sempre votato con i democratici. Una maggioranza di 5 senatori che ha dato mano libera a tutte le scelte più conservatrici, ultima la nomina del giudice Comey Barrett alla Corte Suprema federale.

Quest’anno si dovranno scegliere 35 senatori invece dei 34 poiché in Arizona, dove c’era il seggio del senatore John McCain scomparso nel 2018 si vota ora per trovare chi lo sostituirà anche se la scadenza naturale del mandato sarebbe avvenuta nel 2022. E in Arizona c’è una delle battaglie più infuocate per questo seggio. I due senatori dello stato sono Kyrsten Sinema, democratica, eletta lo scorso anno e Martha McSally, nominata dal governatore a ricoprire temporaneamente il seggio che era stato del senatore McCain. Ma la vicenda non è così semplice. Dopo la morte di McCain il governatore dell’Arizona nominò Jon Kyl, un ex senatore che si era ritirato a vita privata il quale accettò la nomina ma solo per un anno. Alla scadenza il governatore nominò dal primo gennaio 2020 Martha McSally la quale era stata battuta alle elezioni del 2018 per la conquista dell’altro seggio dello Stato al Senato dalla democratica Kyrsten Sinema. In questo modo una “bocciata” dagli elettori fu promossa dal governatore. Una mossa che ruppe gli equilibri politici all’interno del partito repubblicano dell’Arizona dominato per 20 anni dal senatore John McCain. Poi gli insulti di Donald Trump a John McCain hanno ulteriormente diviso il partito tanto che la vedova e la figlia del senatore scomparso hanno pubblicamente annunciato il sostegno politico a Biden. Ora a sfidare la repubblicana Martha McSally è Mark Kelly, astronauta, ingegnere, capitano della Marina, scrittore e marito di Gaby Gifford, la congresswoman gravemente ferita in un attentato a Tucson in Arizona nel gennaio del 2012. Le previsioni elettorali sono per Kelly.
Un altro seggio in pericolo per i repubblicani è quello di Susan Collins in Maine sfidata dalla democratica Sarah Gideon. La Collins è senatrice dal 1997, la Gideon è la speaker della camera statale del Maine, i sondaggi le danno in perfetta parità.
Incredibilmente anche il seggio del capo della maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell, è a rischio. A sfidare l’influente senatore del Kentucky è Amy McGrath, pilota di caccia dei Marines, prima donna pilota in missioni di guerra, sposata, madre di tre figli. I sondaggi danno McConnell in vantaggio di 6 punti, ma la scorsa settimana il vantaggio era di 9 punti.
In Colorado l’attuale senatore repubblicano Cory Gardner è sfidato dal popolare ex governatore dello Stato John Hickenlooper. I pronostici sono per Hickenlooper.
In Iowa il senatore Joni Ernst è sfidato da Theresa Greenfield. Tre settimane fa Ernest aveva 15 punti di vantaggio. Nell’ultimo sondaggio il vantaggio si è ridotto ad un punto.
In North Carolina il senatore Repubblicano Tom Thillis è sfidato dall’ex senatore statale Cal Cunningham. Fino a poche settimane fa Cunningham era in vantaggio, ma ultimamente sono uscite fuori le rivelazioni delle sue scappatelle extraconiugali. Da vedere quanto influiranno in questa elezione.
In Georgia il repubblicano David Perdue, un fedelissimo di Donald Trump, è sfidato dal democratico Jon Ossoff. A complicare questa elezione c’è un terzo incomodo: Shane Hazel, che si è candidato con il partito Libertarian. Se nessuno dei candidati raggiungerà il 50 per cento delle preferenze il 5 di gennaio ci sarà il ballottaggio tra i due che hanno ottenuto più voti. Ma in Georgia c’è anche un’altra elezione: Kelly Loeffler, nominata al Senato dal governatore dopo che il senatore eletto Johnny Isakson ha lasciato la politica per una grave malattia, è sfidata sia da un altro repubblicano, Doug Collins, oltre che dal democratico Raphael Warnock, attivista politico, pastore protestante della stessa chiesa di Martin Luther King. Anche in questo caso se nessuno supererà il 50 per cento dei voti, il 5 gennaio i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di consensi andranno al ballottaggio.
In South Carolina l’influente senatore Lindsay Graham, leader della Commissione Giustizia, quella che la settimana scorsa ha approvato la nomina della Barrett alla Corte Suprema, è sfidato da Jaime Harrison. Graham è il favorito, ma Harrison ha ricevuto tantissimi contributi per la sue elezione e in questi ultimi giorni di campagna elettorale sta martellando lo Stato con i suoi spot pubblicitari contro Graham diminuendo di 6 punti lo svantaggio che aveva la settimana scorsa.
In Texas, uno stato da moltissimi anni sempre in mano ai repubblicani, John Cornyn resta il favorito contro il democratico MJ Heagar. Ma anche in questo caso il vantaggio a doppia cifra che Cornyn aveva due settimane fa si è ridotto a solo 4 punti.
Alla Camera dei Rappresentanti, invece, tutti e 435 i congressman si presentano all’elettorato. La Camera è composta da 435 congressman con il voto e 6 che non hanno diritto al voto che sono quelli del Distretto di Columbia, Puero Rico, le Isole Vergini, le Marianne, Guam e Samoa. La composizione della Camera vede 232 democratici, 197 repubblicani e un Libertarian, David Nolan del Colorado. Cinque seggi sono vacanti che al contrario di quanto avviene al Senato non possono essere sostituiti. Le previsioni sono che i democratici continueranno ad avere la maggioranza alla Camera.
Ed ecco che con queste incertezze, con la pandemia che imperversa, con i sostenitori dei due partiti agguerriti più che mai si temono disordini per la notte delle elezioni. In molte città i proprietari dei negozi si preparano a proteggere le vetrine con pannelli di legno. Altri hanno assunto guardie di sicurezza. Altri si sono armati. La grande catena Walmart, che la settimana scorsa aveva già sospeso la vendita di fucili d’assalto, ha annunciato che per alcuni giorni non venderà più munizioni e armi da fuoco. Timori sentiti anche dalla Casa Bianca che all’ultimo minuto cambia il programma per la notte elettorale e annulla i festeggiamenti al Trump International Hotel di Washington, dove era stata organizzata la festa per celebrare il successo elettorale. Trump, invece, resterà alla Casa Bianca a seguire i risultati.