Cosa succederà la sera del 3 novembre quando i voti ai seggi, ma non quelli per posta, indicheranno che Donald Trump è in vantaggio e il presidente, senza che si siano contate tutte le schede elettorali, dichiarerà la vittoria? La domanda l’ha posta ieri il senatore Bernie Sanders in un discorso alla George Washington University denunciando tutti i tentativi del presidente di delegittimare il voto, ripetendo quando detto la sera prima a Rachel Maddow in una intervista a MSNBC.
Sono mesi, infatti, che Donald Trump con le sue dichiarazioni (“the only way they can take this election away from us is if this is a rigged election”) cerca di alimentare incertezze sul suo eventuale insuccesso elettorale. Una martellante campagna strategica per gettare ombre e seminare dubbi nella mente degli elettori e, soprattutto, dei suoi sostenitori in caso della sua sconfitta. Proprio quelli che con gli AR 15 in braccio e le bandiere neonazi dicono di difendere la democrazia in America. Un’ altra versione di “alternative facts” chi si scontra con quanto testimoniato ieri dal direttore dell’FBI, Christopher Wray, ad una Commissione del Senato quando ha affermato di non aver visto nessun tentativo coordinato di frode elettorale in una elezione maggiore.
Testimonianza che conferma quanto già dichiarato dalla Presidential Advisory Commission on Electoral Integrity creata proprio da Trump e sciolta dallo stesso presidente dopo il rapporto finale della Commissione in cui si determinava che il sistema elettorale non era “corrotto”.
Un tentativo questo di Trump – afferma Bernie Sanders- di sabotare la legittimità del voto. “Non è più una scelta tra democratici o repubblicani, ma un voto per stabilire se gli americani vogliono la democrazia o la dittatura”. L’anziano senatore del Vermont ha rivolto poi un appello ai suoi colleghi repubblicani invitandoli a proteggere la democrazia costituzionale degli Stati Uniti.
Preoccupanti le minacce di non accettare il responso del voto anche se la Casa Bianca questa mattina ha cercato di correggere le dichiarazioni di Trump. “Il presidente accetterà il risultato di elezioni imparziali e libere”: ha detto la portavoce della Casa Bianca Kayleigh McEnany rispondendo a chi gli chiedeva di commentare le parole del presidente su una transizione pacifica dei poteri in caso di sconfitta il prossimo 3 novembre.

“Vogliamo il trasferimento pacifico del potere”, ha dichiarato la speaker della Camera Nancy Pelosi. “E’ molto triste che si debba persino porre questa domanda, che il presidente metta in dubbio l’idea del trasferimento pacifico del potere e, beh, non è una sorpresa, di nuovo, perché Trump si è sempre dimostrato ostile alla scienza e la democrazia. E così abbiamo 200.000 persone morte. Ma ho fiducia negli americani”, ha continuato. “E’ uno che ammira. Ammira Putin. Ammira Kim Jong Un. Ammira Erdogan in Turchia. Ma gli dobbiamo ricordare che non è in Corea del Nord, non è in Turchia, non è in Russia, Mr. President. E a proposito, non sei neanche in Arabia Saudita”, ha insistito. “Sei negli Stati Uniti d’America. E’ una democrazia. Allora perché non provi per un momento a onorare il tuo giuramento sulla Costituzione degli Stati Uniti?”, ha aggiunto.

E i sondaggi continuano a mostrare lo svantaggio di 9/7 punti di Trump su Biden. Nell’ultima indagine demoscopica condotta dal Washington Post e dalla ABC News tra lunedì e giovedì, il 57 percento degli intervistati ha detto che la scelta del giudice alla Corte Suprema federale deve essere fatta dopo le elezioni del 3 novembre dal presidente uscente dalle elezioni. E Trump, per cercare di recuperare terreno su Biden prende parte ad una tavola rotonda con i “Latinos per Trump” a Doral, in Florida. Poi andrà ad Atlanta, in Georgia, per discutere della situazione economica degli afroamericani. In serata tornerà a Washington per una raccolta fondi nel suo ‘Trump hotel’, prima di volare in a Newport News, in Virginia, per un comizio ai suoi elettori. Dai sondaggi comunque traspare come l’elettorato sia diviso: i democratici sono più numerosi dei repubblicani, ma più anziani ed è per questo che il presidente si batte per limitare il voto per posta. I repubblicani sono già determinati su chi votare. Gli indecisi, che sono tra il 9 e il 13% degli elettori, giocano il ruolo chiave per queste elezioni.