Per circa 15 milioni di bambini e ragazzi, il rientro a scuola in presenza, iniziato il 14 Settembre, sarà caratterizzato da mascherine, gel igienizzante, nuovi suoni della campanella, e tanto distanziamento sociale. Le regole sono tante e difficili da tenere tutte a mente; le famiglie e il corpo docente sono preoccupati; mancano milioni di banchi necessari a favorire il distanziamento sociale; un quinto dei docenti manca all’appello. E, soprattutto, in caso di positività al COVID-19 di un qualsiasi membro di un’istituzione scolastica, scatta la quarantena. Come è andato, quindi, questo rientro a scuola?
«L’inaugurazione dell’anno scolastico, mai come in questa occasione, ha il valore e il significato di una ripartenza per l’intera società. Lo avvertono i ragazzi, lo comprendono gli adulti e le istituzioni. Ci troviamo di fronte a una sfida decisiva». Lo ha detto il presidente Sergio Mattarella a Vo’ per l’inaugurazione dell’anno scolastico. Ma le difficoltà sono già tante. A Fosdinovo, in provincia di Massa Carrara, un’intera classe di una scuola elementare è stata messa in quarantena dopo soltanto 30 minuti di lezioni. Sono entrati in classe alle 8 di mattina, ed alle 8:30 è stato confermato l’esito positivo di una bambina al tampone. E così 18 bambini e 3 maestre sono stati messi in quarantena. La stessa situazione si è verificata in varie scuole italiane, da Bari e Monterotondo, in provincia di Roma.
Nonostante l’invio da parte del governo di 136 milioni di mascherine e di 445 mila litri di gel igienizzante, la ripresa scolastica singhiozza, e soprattutto mette a nudo le disparità economiche fra diversi quartieri all’interno della stessa città, o fra diverse regioni. “Le differenze fra scuole pubbliche e private è palese,” dice Giorgio Morelli, studente del terzo anno al Tasso, un liceo pubblico di Roma. “Per quanto riguarda la mia situazione, il mio liceo ha deciso di offrire lezione di persona 3 giorni la settimana, mentre gli altri 3 saranno da remoto. I miei amici in scuole private, però, hanno spazio a sufficienza per frequentare di persona tutta la settimana.”

Chi ha più fondi a disposizione ha avuto la possibilità di affittare spazi esterni per facilitare il distanziamento sociale, come per esempio teatri o sale parrocchiali. E chi non se lo può permettere? Sostanzialmente, si arrangia. La signora Tina Duso, per esempio, in una lettera inviata al Corriere della Sera, lamenta che sua nipote, una bambina di 8 anni che frequenta la scuola Ponte di Nona, a Roma Est: “ha dovuto indossare la mascherina tutto il tempo, e sedere con un compagno al banco, perché non avevano a disposizione banchi per favorire il distanziamento sociale.” La signora Duso, però, ha visto in televisione i nuovi banchi della scuola della Farnesina e di altri quartieri alti. “E le zone periferiche? I bambini sono tutti uguali e le scuole pure (anche se è difficile crederlo)”, conclude la signora Duso. Ancora più drammatica la situazione in una scuola elementare di Genova, dove i bambini inginocchiati hanno dovuto usare le sedie come banchi.
Inoltre, qualora la scuola non avesse fondi per affittare spazi più ampi, a risentirne ed essere sacrificati saranno i laboratori: i primi ad andare via sono quelli di arte, ma anche quelli di scienze, fisica, informatica e così via. “Nella mia scuola abbiamo dovuto adibire il laboratorio di pittura a diventare un aula,” spiega Maria Marzi, docente ad una scuola pubblica delle medie di Roma. “Per anni ho sperimentato l’importanza di fornire ai ragazzi un veicolo artistico di sfogo, vedere coltivata in loro una passione per l’arte e il suo effetto teurapetico. Sebbene mi addolori, capisco che ora bisogna essere utilitari, e far buon viso a cattivo gioco, usando ciò che si ha.”

Maria era molto preoccupata per l’inizio della scuola, non solo per la propria incolumità, ma soprattutto per il livello di istruzione che i ragazzi saranno in grado di ricevere: “Io insegno alle medie, a ragazzi che si trovano in un’età di crescita e sviluppo fondamentale,” spiega Maria. “Ho paura che l’istruzione che riceveranno non sarà adeguata, fra quarantene costanti, interruzioni, e didattica a distanza. Per non parlare del dover tenere sempre in viso la mascherina.”
Le difficoltà imposte da un nuovo tipo di didattica non colpiscono solo i diretti interessati, ossia studenti e membri del corpo docente o scolastico, bensì quasi l’intera popolazione italiana. Cosa faranno i genitori di figli che andranno a scuola di persona solo un paio di volte di settimana? A chi lasceranno i figli? Dovranno rimanere loro a casa? E come faranno se devono tornare in ufficio di persona? “Le difficoltà logistiche sono tante, troppe,” dice Paolo Tori, padre di un bambino di 8 anni che frequenta la scuola elementare Alberto Cadlolo a Roma. “Fermo restando che sono assolutamente in supporto della riapertura delle scuole, la mancata informazione riguardo il possibile esito positivo di un compagno di scuola di mio figlio è fonte di ansia per tutta la mia famiglia.”
Fra le preoccupazioni di Paolo? Per esempio cosa comporterebbe una possibile quarantena del figlio: chi va in quarantena? Solo i genitori, o anche chiunque ha avuto contatto con i genitori, o il figlio, negli ultimi 14 giorni? Anche i colleghi di ufficio? La tata? Non si potrà più andare a trovare i parenti più anziani, per non rischiare?: “Se così è, si creerebbe una diramazione incredibile,” commenta il signor Tori. “E tempo due settimane l’intera città sarebbe in quarantena.”
Un altro grande problema è la mancanza di insegnanti: sono 5.106 i posti di ruolo vacanti nelle scuole di Milano e provincia, di cui 2.065 di sostegno, come riporta l’Ufficio scolastico territoriale milanese. Un docente su cinque manca all’appello, su un totale di 28.574. Ancora più drammatica è la situazione degli insegnanti di sostegno: su 4612 cattedre previste ne mancano circa una su due, quindi quasi il 50%. Secondo le stime dei sindacati, mancano circa 150.000 docenti.
Sebbene vi siano tanti i dubbi e paure, Paolo, come tanti altri genitori italiani, è contento che le lezioni siano ripartite. “Purtroppo non si può avere un piano sicuro e delineato in questa situazione, e quindi neanche delle risposte esaustive,” dice Paolo. “Ma la società non può ripartire senza la scuola di persona. I bambini devono essere istruiti da docenti competenti, non dai genitori che simultaneamente lavorano da remoto, e devono avere rapporti umani con i loro coetanei. Impareremo insieme cosa significherà andare a scuola al tempo del Covid.”