L’esame dei dati sull’andamento del virus Corona-19 nei primi giorni di aprile, chiuso alle h. 22:00 CET di domenica 5, offre dati di grande interesse, che fanno chiarezza su alcune tendenze della pandemia. Il ragionamento viene organizzato per paesi e regioni, e per tematiche.
Confrontando la tabella del 1 aprile sera con quella della scorsa notte, si noteranno intuitivamente i maggiori sviluppi.
L’evidenziazione su ogni colonna delle cifre in grassetto e corsivo, consente di captare con immediatezza i numeri massimi e minimi del fenomeno in colonna. Seguendo i dati in grassetto, si vede che gli Stati Uniti non solo mantengono il picco di casi confermati ma in quattro giorni lo accrescono di più di un terzo. Al tempo stesso assumono la prima posizione nelle colonne dei casi quotidianiamente confermati e degli attivi totali mantenendola sino ad ora, esprimendo le punte più consistenti per i primi il 4 aprile con 25.758, per i secondi ieri sera con 301.894. Nel frattempo ieri sera l’Unione diventa il primo paese al mondo anche in quanto a decessi quotidiani, a causa degli 874 trapassi registrati. Ad oggi la metà degli indicatori in tabella registrano, quindi, il ruolo predominante statunitense.
Gli altri quattro dati primato appartengono due all’Italia, uno alla Spagna, uno alla Cina. Il dato cinese è positivo perché classifica il paese asiatico al primo posto in quanto a guarigioni, ben 76.964. Identificano avvenimenti negativi i primati dei due paesi latini. La Spagna ha il più alto numero di casi confermati al mondo rispetto ai suoi abitanti, 2.770 per milione di popolazione, l’Italia il più alto numero di morti al mondo per Covid-19, 15.887, e di conseguenza anche il più alto rapporto tra decessi e casi confermati, il 12,32%. A questo proposito, si fa osservare che per la prima volta dall’inizio della diffusione del male in Italia, quel rapporto arresta la sua ascesa (era a 11,03% una settimana prima, la sera di domenica 29 marzo), come può essere visto guardando ai dati della tabella di sabato sera 4 aprile. Si tratta del confortante risultato dell’abbassamento del numero dei decessi italiani, che al terzo giorno di conferma del trend in discesa (il 3 aprile i morti erano stati 766) fermano finalmente la salita della curva espressa dalla colonna H della tabella. In quest’ambito si noti che il numero dei morti registrato ieri 5 aprile in Italia è stato il più basso dal 19 marzo. Peraltro la giornata di ieri in Italia è stata buona anche su altri fronti: i pazienti in terapia intensiva scendono, così come gli ingressi in ospedale. La stessa Lombardia, il vero problema italiano della pandemia, non necessita più di inviare i propri pazienti in ospedali fuori della regione. Brescia e Bergamo sono fuori dall’emergenza: preoccupa però Milano dove i nuovi contagi restano alti.
In quanto al primato negativo spagnolo, proviene dagli alti numeri che nell’ultima settimana ha messo in fila in quanto a casi confermati e decessi. Si è avuto modo di ragionare sul colpevole ritardo con il quale la politica spagnola ha corrisposto agli allarmi sul virus Corona-19 e su come sia stata violenta la sferzata sul sistema sanitario ispanico della prima ondata del virus. Il fenomeno da tre giorni si sta placando in quanto a nuovi casi, ed è sperabile che il trend prosegua. Intanto la Spagna supera l’Italia in quanto a casi confermati, mentre resta fortunatamente indietro, almeno per ora, in quanto a decessi. La Spagna è il primo paese, tra quelli qui presi in esame, a subire conseguenze sulla stabilità del governo: con un milione di nuovi disoccupati in appena due settimane di pandemia, che si aggiungono all’endemico alto numero percentuale di disoccupati sulla popolazione attiva, si inizia a ragionare su un allargamento delle responsabilità di governo all’opposizione attraverso la riedizione di una formula politica, il cosiddetto “patto della Moncloa”, che, nella fase post franchista consentì alla Spagna la transizione ordinata e pacifica alla democrazia.
Per l’insieme del vecchio continente, merita la citazione uno studio dell’Imperial College di Londra, sulla base di una collaborazione con ECDC, Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie, agenzia dell’Unione Europea con sede a Stoccolma. Lo studio si basa sulla capacità di illuminazione fornita da R0, il numero di riproduzione di base, ovvero il numero degli infetti in media causati dalla persona già infetta: solo quando R0 scende sotto 1, può affermarsi che l’epidemia stia scendendo. Lo studio sostiene che vi sia tra il 2 e il 12% della popolazione europea già effettivamente infetta, un numero ben superiore ai casi positivi rilevati con i test. Evidenzia che, anche per questa ragione, le misure di distanziamento sociale salvano centinaia di migliaia di vite e, con riferimento a 11 paesi europei tra i quali l’Italia, hanno di fatto salvato tra 21mila e 120mila persone dalla morte. Il modello dell’Istituto aveva previsto per l’Italia sui 10 mila morti entro sabato 28 marzo: a quella data sono stati effettuvamente 10.023. Contestualmente affermava che le misure di distanziamento sociale assunte dal governo avrebbero evitato, a quella data, il decesso di 38.000 italiani.
I valori in corsivo, nella tabella del 5 aprile, appartengono soprattutto alle due potenze asiatiche Cina e India. Per quanto poco affidabili (in particolare i dati del subcontinente, inseriti in tabella per l’attesa che genera la particolarissima situazione indiana rispetto alla possibilità d’infezione da Covid-19, alla quale si è già dedicata attenzione in questa rubrica) queste sono le informazioni circolanti e disponibili. Gli altri due corsivi attengono uno alla Gran Bretagna, l’altro alla Germania. Sono due dati che forniscono interrogativi più che risposte, in quanto non pienamente attendibile il dato tedesco e del tutto inattendibile il dato britannico. Da giorni Londra non informa sul numero dei guariti, bloccato sulla cifra indicata nella fase di avvio dell’espansione in Britannia della pandemia, e non è esplicita su molte situazioni. Il discorso alla nazione di ieri sera da parte della regina che ha evocato la memoria dei tempi di guerra, si aggiunge alla seria infermità di Boris Johnson, entrato ieri sera in ospedale per il virus che aveva, inopinatamente, irriso a più riprese in pubblico, a testimoniare il momento di gravità della più antica democrazia europea: una gravità e disorganizzazione che si riverbera anche nelle statistiche messe a disposizione. In quanto alla Germania, ha documentato, soprattutto al sorgere della pandemia, uno stupefacente rapporto tra numero di casi confermati e numero di morti. Tanto di cappello al sistema sanitario germanico, che è tra l’altro corso in aiuto delle strutture italiane quando si sono trovate in difficoltà, ma una percentuale di decessi oscillante quotidianamente intorno all’1,5% (1,46% la sera del 4 aprile, 1,54 ieri sera, tra 1,12 e 1,37 nei giorni precedenti) è comunque pochino. Poco più di 1.000 morti totali quando si va progredendo verso i 100.000 casi confermati e gli attivi arrivano ora a quasi 70.000 attivi, sorprende, soprattutto guardando ai numeri di Italia e Spagna, ma anche di altri paesi europei.
Si noti che anche gli Stati Uniti, paese con 9/10 della popolazione costretto in casa o sottoposta ad altre forme di isolamento sociale, manifestano lo stesso fenomeno: altissimo numero di casi confermati, relativamente bassi decessi, nonostante negli ultimi giorni stiano facendo crescere il dato quotidiano di chi non ce la fa a vincere la battaglia con il male. Guardando ai dati sui decessi forniti dalle tabelle dei giorni 2 e 3 aprile, e rapportandole anche alle altre tabelle, si vede come in aprile abbiano espresso crescenti decessi quotidiani, tuttavia con una curvatura ridotta (dal 2 al 5 aprile, 518, 716, 839, 874) rispetto a quella ad alto incremento dei casi confermati e degli attivi. Quasi certamente l’ultima colonna, nei prossimi giorni, esprimerà percentuali crescenti sia per la Germania che per gli Stati Uniti.
Tra gli stati dell’Unione, i più colpiti dal male continuano ad essere quelli nei quali si sono presentati i primi casi, con New York in testa. La progressione del numero dei casi confermati e dei deceduti negli stati che, per ragioni già indicate, sono qui assunti come riferimento, può essere ritrovata nella tabella seguente.
New York continua a pesare in modo preponderante sui numeri della Federazione e la città sui numeri dello stato. Ieri sera i confermati dello stato superavano abbondantemente un terzo del totale e i morti si aggiravano intorno alla metà del totale. A questo punto dell’evoluzione del male, anche il Tristate inizia a pesare nel suo insieme sulla pandemia, versione statunitense. Pur essendo i numeri assoluti di New Jersey e Connecticut molto più bassi rispetto a New York, la loro progressione in termini di contagi e decessi, è ora appariscente. Insieme i tre stati della costa orientale, il 5 sera h. 20:00 EST, assommano a 164.837 casi confermati e 5.241 deceduti, rispettivamente la metà e il 56,2% del dato nazionale. Tra l’altro, sono numeri che mostrano come nel Tristate si muoia di di Covid-19 più che nell’insieme degli Stati Uniti, un dato probabilmente legato al fatto che qui il male si è sviluppato prima che in altre zone, in modo più virulento e con minori difese attivate.
Per chiudere, un’occhiata ai dati mondiali. Nei giorni in esame i casi confermati hanno abbondantemente superato quota 1 milione, crescendo di un terzo in quattro giorni. A fine settimana vedremo cosa questo significa in termini di vittime di virus, per ora nell’ordine di poche decine di migliaia, che però hanno continuato ad innalzare quotidianamente la percentuale dei decessi sui casi confermati, ora a un livello prossimo alla metà del picco italiano.
Il comportamento cinese e degli altri paesi in qualche modo “confuciani” dell’Asia, nella fase 2 che stanno affrontando (la lenta ripresa della vita sociale e produttiva dopo i blocchi e chiusure dei picchi), va osservato con attenzione, per le lezioni che se ne possono trarre (avessimo appreso da loro dall’inizio, in Europa e Stati Uniti le cose sarebbero andate molto meglio). Ogni minimo cenno di ripresa di Covid-19 comporta la reazione immediata delle autorità, con misure di distanziamento sociale e interventi di igienizzazione e sanitizzazione.
Nella Cina continentale 600.000 persone sono state poste in lockdown dopo casi di virus nella provincia di Henan, vicino all’Hubei, primo focolare infettivo al mondo oggi con una decina di contagi. In Cina hanno riaperto quasi tutte le attività produttive, l’edilizia sta realizzando un vero boom, ma le scuole restano chiuse, forse anche per via del ponte dei morti. Comunque nel paese de lunghi decenni di politica forzata del figlio unico, i bambini e i ragazzi sono un bene preziosissimo da salvaguardare. La decisione del governo sulle scuole la dice lunga sull’incertezza riguardante la virulenza del Corona-19 e la prudenza che la fase 2 ordina ai governi. Osservatori stanno analizzando l’andamento dei consumi nei primi giorni di libertà: ristoranti e luoghi di socialità o svago restano deserti. La gente fa acquisti finalizzati all’utilizzo frugale e domestico. Online o nei negozi si compra cibo per cucinarlo in casa e materiali da utilizzare nel domestico per riparazioni o vita d’intimità quotidiana. Il percorso casa-lavoro-casa è per ora la norma. Di conseguenza si reputa che l’economia sia ferma all’80% delle capacità. Quest’esperienza umana e sociale va messo in conto per la nostra ripresa economica: l’uomo è animale adattabile (per questo è sinora sopravvissuto agli sconvolgimenti del pianeta), e quando acquisisce un’abitudine (stare in casa, in questo caso), modificarla chiede tempo, senso di convenienza e sicurezza nel ritorno alla vecchia abitudine.
Hong Kong mette in seconda quarantena, per paura dell’onda di ritorno, sale da gioco karaoke pub ristoranti, visto che più della metà dei contagi autoctoni della seconda ondata risulta siano sorti in bar e pub. In Corea le scuole riaprono da oggi 6 aprile. I casi quotidiani di infetti confermati sono scesi sotto i 100 (47 oggi): focolai di comunità di religiosi e di anziani, e casi dei rientrati. Il totale degli infetti totali, confermati supera appena quota 10.000, 186 risultano i morti totali (3 oggi) e 6.598 i guariti.
In Africa, continente che preoccupa e alla cui situazione si guarderà, qui, prossimamente, il contagio al 17 marzo era praticamente a zero. Il 24 si stava a 2000 casi confermati, raddoppiati quattro giorni dopo, saliti a 6.000 a fine mese. Si sono poi ampiamente superati i 10.000 casi.
Mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità continua a far mancare la sua leadership nella battaglia contro Covid-19 (si guardi, ad esempio, al ritardo ingiustificabile col quale aggiorna le sue statistiche), il 93% della popolazione mondiale (7,3 miliardi di persone) si ritrova oggi in paesi con restrizioni agli arrivi da altri paesi che non siano di cittadini o residenti, e il 39% ovvero 3 miliardi di persone in paesi con i confini sigillati sia per residenti che per non cittadini. Il numero dei paesi infettati dal Corona-19, è a 183. Il pianeta Terra appare sotto scacco, anche se non si arrende e gioca la sua partita.