Ognuno è eroe di se stesso e patria è dove è nato. Mi sono svegliata nel cuore della notte con questa frase. Ero andata a dormire pensando a tutta la pretestuosa polemica sorta in Slovenia e Croazia contro la frase “Viva l’Istria italiana, viva la Dalmazia italiana, viva gli esuli, evviva i valori della nostra Patria!”, pronunciata dal presidente dell’Unione europea, Antonio Tajani, a Trieste, davanti alla foiba di Basovizza, domenica scorsa. Si celebrava il giorno del ricordo dell’esodo di 350 mila esuli giuliano-dalmati che, dopo la fine della seconda guerra mondiale, fuggirono davanti ai comunisti jugoslavi che razziavano e rubavano nelle loro case seviziando, torturando e uccidendo in modo efferato. La loro colpa era di essere italiani e benestanti.
Non difendo Tajani, che non è stato in grado di difendere se stesso, ma ero presente e il suo “Viva” è stato rivolto all’Istria e a parte della Dalmazia di allora perché erano terre d’Italia e le loro popolazioni erano di origine e cultura italiane; scapparono pertanto dall’Italia, non dalla Jugoslavia. La sua esclamazione è stata un plauso al coraggio di quegli italiani, eroi che hanno lasciato tutto per non rinnegare la propria italianità e dichiararsi slavi. Questo pretendevano i comunisti jugoslavi, vietando a chi rimaneva di parlare in italiano. Molti, per avvalorare la tesi e salvare casa e pelle, denunciarono parenti e amici come italiani. Rimasero i vecchi, i vili e i più poveri che non avevano nulla da perdere e tutto da guadagnare rubando al vicino.
Invece Tajani ‘ha calato le brache’ con i presidenti di Slovenia e Croazia, dimostrando che non è responsabile delle proprie opinioni, scaturite dal suo cervello. Si è comportato da uomo senza dignità e da ignorante della storia, perciò non ha potuto difendersi. Ne deduciamo sia venuto alla foiba per fare campagna elettorale per Forza Italia tra gli esuli che votano notoriamente a destra, odiando il comunismo. Sarebbe bastato obiettare a quei due presidenti slavi: ho applaudito quella che è stata la Costa Orientale d’Italia e i suoi eroici abitanti.
Il presidente croato Andrej Plenkovic ha dichiarato di aver accettato le scuse di Tajani. La Croazia è un paese che non raggiunge i 4 milioni abitanti e sta in piedi solo perché ha usufruito dei finanziamenti europei; la Slovenia non ha nemmeno 2 milioni abitanti. E noi italiani dobbiamo chinare il capo? Eppoi come si permettono questi slavi di protestare su quello che viene detto a casa nostra? Noi siamo una nazione sovrana. Il presidente sloveno Borut Pahor ha lamentato “gli eccessi di alcuni politici italiani” e prontamente il presidente Mattarella si è giustificando spiegando che il governo italiano ha voluto “onorare le vittime ed essere vicino alle famiglie per recuperare un clima di solidarietà che l’Italia dei primi anni del dopoguerra non assicurò loro”.
Tajani con quel “viva” ha intaccato l’onorabilità pubblica di queste vicine Repubbliche, a cui esse tengono in modo viscerale. Offendendosi come se i fatti storici fossero invenzione italiana, hanno dimostrato che in fondo alle viscere sta la loro coscienza sporca, di cui si vergognano in patria, davanti alle nuove generazioni le quali sentono il bisogno di conoscere la propria storia e ne ricercano le inesistenti radici. I loro figli vengono tenuti all’oscuro dei 500 anni di storia veneziana e italiana: nelle scuole dal primo medioevo si passa all’impero austroungarico. E molti ragazzi non sanno che abitano case insanguinate dal sangue dei proprietari italiani.
Cosa siano state le foibe in Istria si comincia a sapere, ma ancora non si sa cosa siano state le foibe azzurre. Lo scrive Stefano Zecchi nel suo ultimo romanzo ambientato in Dalmazia: L’amore nel fuoco della guerra (Mondadori): “Foibe azzurre erano chiamati gli scogli nel mare intorno a Zara dove fu trovato annegato Edmondo, con le mani e i piedi mozzati”. Buttavano gli italiani vivi in mare con una pietra al collo, me l’aveva già raccontato lo stilista zaratino Ottavio Missoni anni fa, ma che pure li mutilassero affinché non cercassero di riaffiorare, è stata una indicibile crudeltà.
Nel 1944 In Friuli alle Cave del Predil, i partigiani jugoslavi fecero ingoiare un pasto con soda caustica a 12 carabinieri ventenni, poi li torturarono appendendoli come pezzi di carne e cominciarono a tagliarli a pezzi… Cosa è successo sul confine orientale d’Italia si ‘deve’ sapere.