I funzionari dell’immigrazione statunitensi hanno il diritto di tenere in stato di detenzione a tempo indeterminato tutti gli immigrati, senza concedere loro alcuna audizione obbligatoria a cadenza regolare. E per tutti gli immigrati si intende proprio tutti, anche coloro che posseggono uno status legale regolare, o che hanno fatto domanda d’asilo. È questa la sentenza con cui la Corte Suprema degli Stati Uniti, martedì 27 febbraio, si è espressa a seguito di un appello amministrativo dell’amministrazione Trump. La Corte infatti ha decretato che gli immigrati negli Stati Uniti non avranno diritto alle cosiddette “bond earings”, alle audizioni obbligatorie durante il loro stato di fermo, come avveniva fino ad ora.
Una sentenza significativa, forte, con cui la Corte, presieduta da John G. Roberts e composta da 5 giudici scelti da presidenti repubblicani (l’ultimo, Neil Gorsuch, da Donald Trump nell’aprile 2017) e 4 da presidenti democratici (l’ultima, Elena Kagan, da Barack Obama nel 2010), ribalta di fatto quanto decretato da un’altra sentenza, quella del 9th Circuit Court Appeals. Che aveva imposto una norma secondo la quale ogni immigrato detenuto avesse diritto a un’udienza obbligatoria ogni sei mesi, a patto che questi profili non fossero considerati a rischio fuga o un pericolo per la sicurezza nazionale del Paese.
La sentenza di martedì 27 febbraio 2018, scritta dal giudice Samuel Alito, decreta invece che “i funzionari dell’immigrazione saranno autorizzati a detenere determinati stranieri durante i procedimenti di immigrazione, anche se questi stranieri risultassero legalmente presenti nel Paese”. Una sentenza decisa a maggioranza all’interno della Corte, 5 voti a 3, e con cui la Corte afferma, di fatto, il diritto del governo di detenere gli immigrati, mentre determina se debbano essere o meno ammessi ancora nel Paese.
La battaglia legale era iniziata grazie al lavoro dell’organizzazione ACLU, a difesa di Alejandro Rodriguez, un immigrato con regolare permesso di soggiorno che era stato condannato per possesso di stupefacenti e furto di un veicolo. Rodriguez era stato detenuto dai funzionari dell’immigrazione per tre anni senza alcuna audizione obbligatria. E a difendersi dall’accusa dell’ACLU era già stata l’amministrazione Obama, a cui ha fatto seguito quella di Trump. ACLU, con la sentenza della 9° Corte d’Appello aveva di fatto ottenuto inizialmente il rilascio e la cancellazione dell’ordine di deportazione per Rodriguez Rodriguez. Ora invece, con questa sentenza della Corte d’Appello, torna tutto come prima. E si stabilisce un precedente significativo, in vista dei casi del futuro.