Prima dell’incontro del pomeriggio alla Casa Bianca con il Presidente Donald Trump, il premier italiano Paolo Gentiloni parla all’autorevole Center for Strategic & International Studies (CSIS) di Washington, dove di solito fanno “brain storming” gli analisti della politica estera Americana in attesa di ricevere un incarico da una nuova amministrazione. A fargli le domande è proprio il presidente del Think Tank, John Hamre, e si toccano tutti i punti caldi che fanno parte del pacchetto di forti preoccupazioni per gli interessi nazionali dell’Italia. E quindi in cima il Mediterraneo, come annunciato nel titolo stesso dell’incontro.
Gentiloni dice che ci sono tre punti in testa all’agenda della politica estera italiana. E rispettivamente sono la crisi dei migranti, la stabilizzazione della Libia e la lotta contro il terrorismo di Daesh – Isis.
Per stabilizzare il Mediterraneo è “assolutamente cruciale” che si rafforzi l’asse tra Italia e Stati Uniti anche e oltre la crisi siriana. “E’ il momento di collaborare per sostenere il governo di Tripoli”, ha detto Gentiloni, soprattutto “per gestire i flussi migratori”. Già. Ma quanto interessa all’America in questo momento la Libia, dove si allunga l’ombra russa? Vedremo cosa gli risponderà Trump.
“La Libia resta tra le nostre massime priorità”, e io “non credo che sia un’idea praticabile quella della divisione della Libia: porterebbe a maggiore instabilità e ad una maggiore instabilità”, mentre “mantenere una leadership congiunta di Italia e USA” nel Mediterraneo “è non solo una occasione ma anche un obbligo politico, un dovere”.
La divisione o meglio disintegrazione dello stato libico, per Gentiloni “aumenterebbe i pericoli per tutti i paesi vicini, come l’Egitto” e, quasi per far capire meglio agli americani quanto sia importante la stabilizzazione della Libia, quindi la “necessità di collaborare per il contenimento dei conflitti ed una più efficiente gestione delle crisi”. Soprattutto ora che Daesh ci sembra in difficoltà e il 2017 “potrebbe essere il suo ultimo anno”. Ma se la minaccia di ISIS potrebbe essere contenuta, quella di essere travolti da flussi migratori resta altissima.

Gentiloni, prima ancora di rispondere alle domande del CSIS, aveva introdotto il grave problema per l’Europa: “Fino a tempi recenti troppi europei hanno coltivato l’illusione di poter separare il loro destino dal Mediterraneo e dalle crisi che in questa regione hanno il loro punto di partenza” ma “la situazione richiede iniziative nuove, di breve e lungo periodo. Nel breve periodo sono necessari una più equilibrata ripartizione delle responsabilità tra i paesi europei, mentre fondamentali sono più efficienti sistemi di controllo all’arrivo, uniti a più efficaci procedure di identificazione e meccanismi di rientro… il migration compact varato dall’UE nel 2016 deve essere mantenuto e ampliato”, questa è la vera sfida per l’Europa.
Più volte Gentiloni ha detto gli americani del CSIS che “per affrontare questi temi, è fondamentale riaffermare il legame transatlantico”.
Alla prima domanda, sono però gli americani che gli chiedono cosa pensava dell’azione di Trump in Siria. Gentiloni ha dichiarato che il raid missilistico deciso dal presidente americano Trump in risposta all’attacco chimico attribuito al regime di Assad, è stata la “cosa giusta da fare”. Quanto alla situazione in Siria, Gentiloni è convinto che lì la soluzione può essere solo politica. “Ora è il momento di negoziati veri” in cui l’Italia ribadisce che non si possa escludere dalla trattativa il regime di Assad che a sua volta “non è l’unico attore, deve negoziare anche con l’opposizione”. Serve inoltre “un ruolo costruttivo della Russia” perchè “non c’è alternativa: c’è una soluzione militare a Raqqa, non a Damasco”.
L’interlocutore del CSIS ha chiesto il parere a Gentiloni sulla Russia, insomma che cosa dovrebbero fare Washington e gli alleati a riguardo: “In Ucraina la risposta è stata quella giusta, anche se per noi è stata una scelta difficile visto che, con la Germania, siamo stati la nazione più colpita dall’imposizione di sanzioni contro Mosca” per l’annessione, nel 2014, della penisola di Crimea. Ma per Gentiloni, con la Russia “non dobbiamo mostrare mai debolezza, sarebbe un errore mostrarci disuniti, ma nel restarlo uniti non dobbiamo mai isolare la Russia, bisogna coinvolgerla, e non solo per risolvere le crisi in corso in Siria”. “La storia insegna che isolare Mosca è un errore, e si sa come il popolo russo reagisca quando si sente accerchiato”.
Gentiloni ha anche parlato delle elezioni in Francia (“siamo coscienti e preoccupati per i rischi per l’Europa ma anche una occasione di rilancio”) e del Brexit (il governo del Regno Unito conosce benissimo le conseguenze, intanto l’Italia vigila per i diritti dei nostril connazionali che sono oltre un milione) e poi, molto della Turchia. Qui ovviamente non poteva mancare il caso del giornalista arrestato Gabriele Del Grande: “Spero che il problema sia rapidamente risolto” dice il Presidente del Consiglio al CSIS di Washington. Ma quello del giornalista arrestato diventa anche “solo un esempio dei tanti problemi in sospeso con la Turchia, del fatto che abbiamo bisogno di un impegno su un processo inclusivo” di tutta la popolazione turca, che per “metà ha votato contro” nel referendum costituzionale volute da Erdogan e nel “rispetto dei diritti fondamentali, come la pena di morte”, conclude Gentiloni parlando della difficile situazione in Turchia.
Vedremo se dopo l’incontro con Trump alla Casa Bianca, Gentiloni apparirà meno o più preoccupato su queste priorità che stanno facendo tremare gli interessi dell’Italia nel Mediterraneo.