Chi è la mamma dell’islam europeo? Mutter Merkel. Non è una madre buona, è una madre accogliente. Per convenienza economica. “Accogliere e integrare” predicava ancora il primo gennaio, dopo aver messo il bavaglio ai media tedeschi sulle aggressioni sessuali subite da centinaia di donne tedesche che festeggiavano il capodanno sotto le stelle a Colonia, ad Amburgo, a Dusseldorf, a Stoccarda. Ne siamo venuti a conoscenza 5 giorni dopo! Henriette Reker, sindaco di Colonia, ha consigliato alle sue cittadine di tenersi lontane dagli stranieri in futuro, come se avessero provocato i rifugiati africani e siriani che le hanno molestate. Acidità femminile è dir poco.
Ora vi dico quello che nessuno dice, perché lo considera una bestemmia: è colpa delle madri. La prima educazione la devono dare loro. Non basta scrivere che bisogna acculturare, dare una nuova educazione morale, sentimentale e sessuale nelle scuole se non viene insegnata a casa. E questo vale sia nelle case cristiane che musulmane. Vale per le madri che – purtroppo – fanno il mestiere più difficile del mondo mancando spesso dei requisiti e non dovendo passare alcun esame di idoneità.
Finché le donne saranno complici del potere maschile, i femminicidi non avranno termine. Vogliamo ricordare che nel 2014 sono state uccise, solo in Italia, oltre 150 donne dai loro partner? Finché le donne per arrivare al potere si comporteranno come uomini, saranno le peggiori nemiche delle donne. Finché le donne odieranno le belle donne, daranno sempre ragione al maschio. Per il quale sbavano e che non gli ha mai messo le mani addosso perché sono brutte.
E’ colpa delle madri che hanno fatto del pene del figlio una divinità. E’ colpa delle madri frustrate che allevano figli frustrati. E’ soprattutto colpa delle donne musulmane che velandosi dimostrano la sottomissione all’uomo e hanno alimentato l’odio del maschio verso il femminile. Un uomo sconfitto è frustrato ma se non vince fuori, potrà sempre essere vittorioso dentro: nella vagina di sua moglie. I musulmani si dimostrano forti, ma sanno di essere debolissimi. Basta vedere come combattono: improvvisi attacchi e rapide fughe. Così da 4 mila anni. Dai tempi degli assiri, che inventarono velo e deportazione. Ma sono così ignoranti sulla storia dei loro antenati che ne distruggono perfino le statue.
Il sogno del nazionalismo islamico è fallito e ora le masse musulmane incolte vengono incitate a edificare un islam senza confini – sembra – direttamente da Allah. E noi europei pensiamo di trovare un modello di convivenza tra culture così diverse? Certo si può, perché abbiamo le stesse madri asservite a uomini che temono il femminile.
E’ colpa delle madri che hanno barattato il corpo in cambio del mantenimento. Hanno barattato la loro libertà in cambio della sicurezza. Hanno represso le loro figlie per potenziare il maschile dei loro figli. Hanno denunciato le figlie ai padri, ai fratelli, ai figli. Per gelosia, per invidia, per codardia. Hanno represso il femminile nei secoli. In Calabria come in Arabia.
Ma pure nel Nord Italia, fino a mezzo secolo fa. Io sono nata libera e ho vissuto da libera, nonostante l’educazione ipocrita di mia madre. Che mi ha educata alla pudicizia e alla sottomissione al maschio. Che ha considerato il mio corpo solo come strumento di baratto per fare un buon matrimonio. Che non ha rispettato la mia sessualità, i mei sentimenti, le mie scelte. Che mi ha sottoposto a un esame umiliante della verginità. Che ha aizzati mio padre e mio fratello in tempi diversi contro di me. Che ha insinuato che avessi provocato il figlio di un ambasciatore libanese quando gli mollai un ceffone perché mi aveva toccato i capelli; nonostante lui avesse cercato di ammazzarmi di botte. Una madre a cui non ho mai confidato che a Parigi avevo subito un tentativo di stupro da un giovane siriano che mi minacciava con un coltello e dal quale riuscii a sottrarmi. Se avessi raccontato, non sarei più potuta uscire di casa. Io non mi sono mai sentita inferiore né diversa come essere umano rispetto a un maschio, nonostante mi venisse ribadito.
Sputo dunque sulla giornata mondiale del velo del primo febbraio per una miglior comprensione a nient’altro che all’asservimento femminile. Ho sempre inteso la vita come una sfida che iniziava proprio uscendo di casa quando poteva capitarmi di ricevere apprezzamenti fastidiosi o molestie maschili. Camminare a testa alta, i capelli al vento, è affermazione del proprio femminile, a cui il mio spirito non ha mai rinunciato. Ogni volta era una sensazione di piccola vittoria: la conquista della propria vita. La libertà.