Tra i tanti casi di violazione dei diritti umani, uno in cui i perché rimangono senza risposta è la morte di Francesco Mastrogiovanni. Accusato di aver guidato in maniera imprudente nell'isola pedonale del paese di Acciaroli e di aver tamponato alcune vetture, Mastrogiovanni viene prelevato dalla spiaggia di un campeggio del Cilento utilizzando un singolare dispiegamento di forze. Carabinieri, polizia municipale e guardia costiera impiegati, per oltre due ore, a convincere Mastrogiovanni a uscire dall'acqua e a farsi sedare, mettere su un'ambulanza e sottoporsi a un Trattamento Sanitario Obbligatorio. Che una forma così pesante di privazione della libertà come un TSO possa essere disposto a seguito di violazioni del codice della strada solleva più di un dubbio, in ogni caso è questo che è accaduto, com'è altrettanto vero che le ultime parole da uomo libero pronunciate da Mastrogiovanni si sono rivelate sinistramente profetiche: “non mi portate a Vallo che lì mi ammazzano”.
Le immagini del documentario 87 oredi Costanza Quatriglio, una regista che ha sempre narrato storie di migranti e di rifugiati, di diritti lesi e di processi irrisolti (bpensare ai premiati Terramatta, Triangle, che racconta dell'incendio nella fabbrica Triangle Shirtwaist di New York, e Con il fiato sospeso) descrivono in modo inconfutabile, più di quanto potrebbe qualsiasi testimonianza umana, cosa è successo all'insegnante elementare. Perché era stato rinchiuso? Aveva cantato, a detta dei carabinieri, canzoni di contenuto antigovernativo, come ci si aspetterebbe da un "noto anarchico", sempre secondo la definizione dei tutori della legge locali. E poi, un altro delitto grave Mastrogiovanni deve averlo commesso quando legato polsi e caviglie al letto, completamente nudo e senza cibo né acqua, ha urlato e pianto di disperazione.
Le telecamere di sorveglianza, come una sorta di aiuto-regista, hanno ripreso, minuto per minuto, il modo in cui iospedale Mastrogiovanni, pur se pesantemente sedato, viene stretto con dei legacci a polsi e caviglie e saldamente legato ai quattro angoli di un letto. Questa pratica viene chiamata contenzione meccanica ed è spesso utilizzata, sollevando numerosi dubbi di legittimità, nei reparti ospedalieri e principalmente in quelli psichiatrici e geriatrici.
Si fa fatica a guardare quelle immagini che mostrano impietosamente lo stato di abbandono di una struttura dello stato, i corridoi vuoti, i gesti indifferenti del personale sanitario come quello di deporre il vassoio del pranzo sul tavolino, destinato a un paziente che è evidentemente legato al suo letto. Fino alla cinica anticipazione di un medico di turno, secondo il quale Mastrogiovanni “riposa serenamente”.
Mastrogiovanni passerà così i suoi ultimi giorni di vita, crocifisso a un letto di ferro, senza acqua né cibo e nessuno che si occupi di lui, se non per fargli qualche flebo, con difficoltà respiratorie sempre più evidenti. Finché morirà dopo quattro giorni di agonia. Una morte atroce e incomprensibile.
“In quel mondo a circuito chiuso, le videocamere di sorveglianza servivano a osservare i pazienti – ha detto la regista in occasione della presentazione del documentario a Arcipelago, Festival Internazionale di Cortometraggi e Nuove Immagini 2015 – Immagini a scatti che restituiscono la meccanicità della procedura, la reificazione dei corpi, una disumanità filmata da un occhio disumano che si sostituisce alla relazione degli esseri umani con gli altri esseri umani. Quando ho cominciato a studiarle, mi sono apparse immediatamente come l’espressione del grado zero della coscienza. I corpi bidimensionali, privati di ogni soggettività, inseriti in un meccanismo che porta all’assuefazione, all’addormentamento della ragione”.
Costanza Quatriglio ha poi raccontato della decisione di occuparsi di questa controversa storia e il processo di realizzazione del film: “Tutt’altro che facile decidere di realizzare il film e tutt’altro che facile portarlo a compimento. Dopo un prologo in cui possiamo solo intuire ciò che è accaduto, siamo catapultati in un mondo che ha delle regole proprie e solo con questo siamo chiamati a fare i conti. Assumiamo un punto di vista che sorveglia, isola, imprigiona, contiene Francesco Mastrogiovanni nell’inquadratura quasi fossero – l’inquadratura e la contenzione meccanica a cui è stato sottoposto – lo stesso identico strumento di tortura. In questo mondo robotico la questione della durata si è posta subito come fondante. Quanto possono essere sopportabili quelle immagini? Quanto durerà ancora quell’orrore?”.
Oggi le videocamere di sorveglianza sono il nuovo punto di vista sul mondo; per certi versi è quanto di più contemporaneo esista, ma c’è una cosa che rende questo non-luogo un luogo archetipico: il modo in cui viene esercitato il potere sul corpo umano. Solo il rumore del mare e le immagini della natura cilentana ci allontanano per qualche istante dall’orrore di quelle immagini. Ma il documentario di Costanza Quatriglio è anche il racconto di uno sguardo umano, quello del medico legale che osserva il corpo ormai libero da quelle cinghie di contenzione che per giorni hanno stretto caviglie e polsi.
La conclusione è una sola: Francesco Mastrogiovanni è stato lasciato morire. ll 10 marzo 2015 è iniziato il processo presso la Corte d’Appello di Salerno e si aspetta la sentenza a breve. Per la morte dell'insegnante sono stati inquisiti sei medici e 12 infermieri. In primo grado sono stati condannati solo i medici, a vario titolo, per sequestro di persona e falso ideologico.
87 ore arriva nelle sale italiane il 28 novembre.
Guarda il trailer del documentario>>