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Altro che FIFA: arriva lo sceriffo yankee, il calcio non sarà più “cosa loro”

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Sepp Blatter, presidente FIFA dal 1998

Sepp Blatter, presidente FIFA dal 1998

Time: 4 mins read

Lo scandalo della FIFA, l'organizzazione internazionale che ogni 4 anni è responsabile per la coppa del mondo di calcio, deve sorprendere solo per un fatto: come mai non sia esploso prima.

Che la FIFA fosse governata da predoni come se si trattasse di una repubblica delle banane degli anni Settanta si sapeva da sempre. Queste specie di "caudillo" che una volta preso il potere nel calcio mondiale, a forza di corruzioni e favori agli amici degli amici, riuscivano a garantirsi la poltrona a vita, non sono spuntati per la prima volta con il regime dello svizzero Sepp Blatter.

In qualunque istituzione dove si confermano sempre gli stessi al governo, la corruzione non è uno scandalo ma il valore fondante, il mastice che tiene il sistema. Tutti sapevano del marcio ai vertici della FIFA ma, come dire, sembrava che le esigenze  del "dio pallone" non potessero essere sacrificate alle regole della legge. Insomma "the show must go on" e poi dopo tanti anni di bustarelle nessuno avrebbe più saputo come assegnare non solo poltrone ma soprattutto le sedi dei mondiali e i loro giro multimiliardario di affari senza far uso di "quell'olio magico".

Accade  però che quei "puritani" di yankee, che soltanto da poco capiscono un po' di calcio, si mettano a rompere il giocattolo di Blatter che era stato costruito dal suo predecessore, il brasiliano Joao Havelange. Altro che "fifa", agli yankee non manca il coraggio di far rispettare la legge soprattutto poi se negli ultimi casi di corruzione – ma guarda un po' – c'entrano pure i prossimi Mondiali nella Russia di Putin e – ma guarda un altro po' – anche quelli del 2022 in quel Qatar che proprio ultimamente fa troppo il contrario di quello che Obama vorrebbe che facesse nello scottante scacchiere mediorientale. 

L'inchiesta dei federali USA che ha messo sotto torchio la dirigenza della FIFA, arrestando in Svizzera 7 dirigenti (quasi tutti latinoamericani) proprio alla vigilia della solita farsa per rieleggere il califfo Blatter, è stata voluta dai magistrati federali guidati della nuova Attorney General Loretta Lynch che ha scelto la sede del tribunale federale di Brooklyn per dare l'annuncio di come l'America, soprattutto quando si tratta di "sport", non perdona che si fa beffe della legge.

Da qualche anno gli americani vedono infatti il calcio in maniera diversa che in passato. La Nazionale a stelle e strisce ormai, nei mondiali non solo passa agevolmente il primo turno, ma non si accontenta se non arriva almeno tra le prime otto. E nel campionato interno, gli stadi sono sempre più pieni e i diritti tv per trasmettere le partite sempre più ricchi. E col successo del "soccer" gli americani pretendono più potere nelle stanze dei bottoni della FIFA. Vedere che invece restano sempre le stesse facce a comandare e tutto quel dare e ricevere "favori" deve aver scocciato proprio quelli che, finalmente, non si sentono più dei dilettanti nel gioco più amato al mondo e che continua a far girare miliardi di dollari, il che non è mai un dettaglio per Uncle Sam.

Le autorità federali hanno chiuso la rete delle loro indagini grazie al lavoro condotto dal Procuratore Michael Garcia, proprio l'investigatore che era stato nominato qualche tempo fa dalla FIFA per indagare sulle accuse di corruzione sull'assegnazione dei mondiali di Russia e Qatar. Ma quando Garcia aveva consegnato un rapporto, i mandarini della FIFA lo avevano masticato, digerito e defecato facendo finta di niente, come se tutto fosse secondo la norma. Nel marciume generale perché avrebbero dovuto, dopotutto, aver paura dell'odore della loro merda? Poveretti, non si erano accorti che Garcia nelle sue indagini da procuratore federale coadiuvato dall'FBI è stato anche fortunato: infatti ha potuto contare sulle rivelazioni del "pentito" Chuck Blazer, il rappresentante USA nella FIFA che per districarsi dalla tenaglia dell'FBI ha vuotato il sacco e collaborato nelle indagini per smascherare i suoi corruttori. Siccome queste mazzette di denaro che volavano tra i cinque continenti ad ogni decisione della FIFA avvenivano tramite le ali messe a disposizione dalle banche americane, ecco che le autorità di Washington, secondo la legge federale, si sentono autorizzate a indagare, incriminare e chiedere l'estradizione dei sette ladroni FIFA (ma dicono che questo sia soltanto l'inizio). In questo caso i gendarmi svizzeri non hanno potuto che assecondare le richieste da Washington di procedere con gli arresti. In modo spettacolare, proprio in un lussuoso albergo di Ginevra mentre gli "sceicchi" del pallone preparavano il campo all'ennesima rielezione del loro "califfo" Sepp Blatter.

Mannaggia a questi americani, ma non potevano continuare a rompersi le corna con il loro football e non impicciarsi di come vanno gli affari nella FIFA degli altri? Chissà in quante capitali lo hanno pensato in queste ore, soprattutto a Roma dove il nostro calcio ha dato recentemente dimostrazione di non aver rivali in quanto ad essere campioni del mondo della corruzione.

Questa volta gli americani hanno fatto proprio gli americani: almeno come si aspetterebbero che fossero quei milioni di bambini nel mondo che amano il calcio e guardano anche i film di Hollywood. Come nei western con John Wayne, è suonata la tromba che ha dato la carica per strappare, prima che fosse troppo tardi, la palla del gioco più bello del mondo a chi lo aveva fatto diventare ormai "cosa loro".

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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