Se un extraterrestre fosse arrivato a Roma sabato avrebbe pensato di aver sbagliato epoca: una manifestazione di destra a piazza del Popolo, una contromanifestazione di sinistra a piazza Vittorio, un corteo di una organizzazione come CasaPound, che si ispira a modelli della destra radicale, una manifestazione a piazza Cola di Rienzo, di un partito, ancora una volta di destra, per ricordare Mikis Mantakas, un militante ucciso – appunto – negli anni Settanta. Figuriamoci se poi avesse chiesto da chi fosse composta la maggioranza di governo: un partito di centrosinistra e uno di centrodestra, roba che neanche Andreotti e Berlinguer avrebbero immaginato ai tempi del compromesso storico del ’79.
Ma andando in giro per le manifestazioni che hanno bloccato una città in un inatteso pomeriggio di caldo sole primaverile – il primo della stagione – le differenze con quegli anni drammatici, sarebbero subito venute alla luce anche al nostro ospite extraterrestre. A cominciare dalla manifestazione di Piazza del Popolo, forse la più significativa: un partito del Nord, ex indipendentista, ex secessionista, ex federalista, da due anni all’opposizione dopo numerosi anni di governo con Berlusconi, che manifesta nella capitale d’Italia, quella Roma ladrona su cui ha costruito buona parte della sua storia?
È chiaro, tento di spiegare al nostro extraterrestre, che la Lega vuole prendere la leadership di una destra che in Italia è così frammentata e senza leader che persino un partito nordista e un leader con un minimo di carisma, può aspirarne a diventarne leader. Non a caso Salvini si sta appropriando di tutti i simboli della destra nazionale: sicurezza, marò, riduzione delle tasse, meno stato e più cittadino. Sono discorsi nuovi per la Lega, che portava avanti altre “bandiere”: secessionismo, indipendenza, poi federalismo. La base non le ammaina, ma se ne vedono sempre di meno: la base si trasforma, non è più la Lega in canotta che raccoglie l’acqua del Dio Po o degli allevatori che lanciano letame sugli agenti, questi sono i leghisti figli di 15 anni di berlusconismo, hanno la camicia e il pantalone griffato, il trucco pesante e la messa in piega biondo platino rifatto per l’occasione. Sono tar-tassati e non sanno chi era Alberto Da Giussano.
“Ma poi chi era sto Giussano?”, chiede al marito una signora dall’infondibile accento veneto per riceverne una risposta tanto vaga quanto eloquente. Non importa chi fosse, l’importante è che sia arrivato Salvini: la piazza è piena a metà, ma chi conosce piazza del Popolo sa che riempirla tutta è impresa quasi impossibile. E poi non si sente un accento romano in giro, sono tutti del Nord: i pullman li hanno sbarcati in tutta fretta direttamente in piazza, ancora deserta alle 14; qualcuno dal Veneto, qualcun altro dal Friuli o dal Trentino, i più dall’interno della Lombardia, roccaforte leghista.
Di autoctono c’è un drappello di CasaPound: facce serie, da duro, saluti in puro stile fascista – stringendosi l’avambraccio – questi novelli Farinacci, patrioti della post-globalizzazione, avevano promesso di “essere buoni come angeli”. Fino a un anno fa era impensabile trovarli insieme a un partito che mostrava il dito medio all’inno nazionale, ora il corteo che arriva al centro di piazza del Popolo porta in dote, novello re magio, le gigantografie dei due marò, che subito Salvini fa sue. Et voilà, ecco rimessi insieme i cocci della destra di fronte a un popolo festante.
Il più è fatto, al resto ci pensa l’ars oratoria del buon Salvini. “È difficile fare cultura, teatro e cinema se non sei di sinistra. Perché se non sei di sinistra non sei abbastanza colto, non sei abbastanza intelligente”. E ancora “gli uomini di sinistra leggono un sacco di libri, peccato che poi non li capiscano. Io ne leggo due ma ne capisco due”.
Infine, la promessa di una aliquota fiscale unica al 15% – ma non dice naturalmente come sarebbe sostenibile con il welfare – i ringraziamenti a Roma “città da dove riparte la sfida per conquistare il paese. È la sfida a Renzi in casa sua. Renzi ha scelto i grandi: Confindustria, Autostrade, Marchionne, le società di giochi d'azzardo, le grandi banche ed Equitalia. Noi no, noi stiamo con i piccoli”.
E anche se sorge spontaneo chiedersi con chi stava fino al novembre 2011, andiamo avanti e si fa come le bandiere: ci si lascia trasportare dalle parole e da chi le impugna. Tra cui c’è Candido, 71 anni, che viene dalla Liguria, indossa una parrucca bionda e un grande cappello da vichingo verde e scherza: “Faccio le corna a tutte le manifestazioni della Lega da vent'anni, sono un veterano”. Dice di aver “azzeccato” ogni previsione nella sua vita e anche oggi ne è certo: “Renzi sta camminando sulla cenere, ma sotto c'è la brace e a Pasqua si brucerà i piedi. Gli regaleranno un uovo rotto e andrà a casa”.
Qualcuno da Roma, alla fine, si trova: il Coordinamento di ribellione dei rioni e dei quartieri di Roma, “nato contro il degrado e contro l'immobilismo del sindaco Ignazio Marino”, come spiega il portavoce Augusto Caratelli, è sceso in piazza per ascoltare un'alternativa di cambiamento. “Tutti i comitati cittadini verranno qui, da tutta Roma, a sentire Salvini, per capire cosa vuole fare per Roma e per il Lazio. Ci sto che il leader della Lega ci sta mettendo la faccia, vedremo se riuscirà a cambiare realmente l'Italia e Roma – prosegue Caratelli – Noi conosciamo bene il nostro territorio e potremmo dare una mano in base al progetto che Salvini ci proporrà”.