Chi ha paura di Nicola Gratteri? Già, a chi vengono i brividi in Italia al solo pensiero di come il procuratore aggiunto di Reggio Calabria lo scorso febbraio fosse stato sul punto di diventare ministro della Giustizia del nuovo governo Renzi? All'ultimo istante, con la lista dei nomi ministeriali già consegnata al Capo dello Stato, il suo nome sparì. Perché? E perché Renzi lo aveva scelto garantendogli, come ci ha detto a New York lo stesso Gratteri, "carta bianca"?
Il magistrato calabrese spauracchio dell'ndrangheta, considerato da anni l'erede di Giovanni Falcone, mercoledì si trovava a New York per ritirare, in una suggestiva e a tratti commovente cerimonia tenuta al Council of Foreign Relations, il "Civil Courage Prize", che la Train Foundation consegna ogni anno con un generoso assegno di 50 mila dollari, a qualcuno che nel mondo si è distinto per il coraggio civile nel portare avanti col suo lavoro, nonostante estreme difficoltà e pericoli ambientali, la causa della giustizia. Gratteri è stato scelto da una commissione presieduta dal fondatore del premio, John Train, che mercoledì mattina, prima della cerimonia al Council of Foreign Relations, ha accompagnato il magistrato calabrese al Consolato d'Italia, sempre su Park Avenue, per una conferenza stampa.
Siamo rimasti sorpresi dalla disponibilità di Gratteri a rispondere a tutte le domande (o quasi). Ci aspettavamo una conferenza stampa "normale", per celebrare il prestigioso (e generoso) premio, ma invece Gratteri è rimasto seduto a rispondere togliendosi, questa è stata la nostra impressione, tante pietre dalle scarpe. E a dargli lo spunto è stata proprio la nostra domanda sulla sua mancata nomina a ministro.
Di questa lunghissima conferenza stampa ospitata dal Console Generale Natalia Quintavalle – chi scrive l'ha filmata con il cellulare – pensavamo di fornirvi una sintesi da "giornale", le classiche 70 righe per far capire dei temi di cui si è parlato. Invece ci prendiamo la responsabilità di fare quello che nei giornali non si fa mai. E cioè non editare nulla di quello che ha detto Gratteri. Di presentarlo ai lettori de La VOCE di New York sparsi nel mondo, così come è stato detto, in modo diretto e crudo, usando le esatte parole pronunciate dal procuratore aggiunto Gratteri. Ma il motivo di questa "poco giornalistica" e lunghissima lettura che vi proponiamo, è perché pensiamo sia la più valida per poter rispondere alla domanda dell'inizio di queste righe: ma oltre alle famiglie della 'ndrangheta, chi ha paura di Gratteri oggi in Italia? Chi è stato assalito dal terrore che il magistrato che da un quarto di secolo affronta in un duello all'ultimo sangue l'ndrangheta calabrese, girando il mondo per scovarne i traffici, potesse diventare il ministro della Giustizia?
Lo sappiamo, i giornali hanno scritto in Italia che sarebbe arrivato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il "veto" su Gratteri, che ha costretto il giovane Matteo Renzi a rimediare su un peso leggero… Ma sarebbe davvero così scontata l'individuazione del "responsabile"? Napolitano ha silurato Gratteri per sue convinzioni personali, o ha a sua volta ceduto a una enormità di pressioni arrivate… come dire, dall' "apparato"? E' "colpevole" o "salvatore" quindi, quel siluro che ha affondato Gratteri lanciato da Napolitano? Crediamo che, a prescindere dai diversi punti di vista, sia importante leggere quello che ha detto Gratteri a New York per chi crede di aver a cuore le sorti della giustizia in Italia.
Noi, dalle risposte che ci ha fornito Gratteri al Consolato, da "uomo libero" come si è più volte definito, e da giornalisti liberi e indipendenti, siamo giunti alla conclusione che non fosse Napolitano (o almeno non solo lui) il responsabile del mancato arriva del magistrato calabrese nella poltrona di Via Arenula, quel Gratteri che non appartiene a nessuna "corrente" della politicizatissima magistratura italiana.
Già qui alcune frasi, che ritroverete durante la lunghissima lettura che vi aspetta, ve le anticipiamo come antipasto.
Gratteri non doveva diventare il ministro della giustizia?
"Guardi io quello che le posso dire è che sono un magistrato che non faccio parte di nessuna associazione. Non appartengo a nessuna corrente. Non ho mai fatto politica attiva… sono esattamente come lei mi vede. Io parto da un paesino di campagna della provincia di Reggio Calabria, di tremila abitanti, con letteralmente una scatola di cartone e lo spago, per andare all'università. E sono arrivato qua. In tutto questo percorso, dietro di me non c'è stato mai nessuno. Quello che ho ottenuto l'ho ottenuto producendo il triplo e il quadruplo rispetto a molti altri… Malgrado il fatto che mi era stato proposto di fare il ministro, io sono una persona libera. Io non faccio dieci metri senza scorta. Ma io sono una persona molto libera. Più libera di quanto si immagini, più libera di gente che può girare in bicicletta dove vuole e quando vuole… Per decenni abbiamo avuto governi deboli che non hanno reso possibile fare la rivoluzione. Fare la rivoluzione significa fare cose che fanno male e che non piacciono. Chiunque è al potere non vuole un sistema giudiziario forte. Il condottiero non vuole essere controllato chiunque esso sia. E' nella natura degli uomini".
La sera della cerimonia di premiazione, avvicinandoci a Gratteri, gli abbiamo detto che credevamo di aver capito chi fossero i principali nemici della sua elevazione a ministro. Nella sua risposta "off the record", abbiamo avuto conferme delle nostre sensazioni. Quando ci siamo congedati da Gratteri chiedendogli cosa farebbe oggi se gli riproponessero la carica di ministro, ci ha risposto: "Farei lo stesso come a febbraio: accetterei solo se avessi la garanzia di avere carta bianca, come mi aveva assicurato Renzi….".
Già, carta bianca. Per rivoltare come un calzino strapoteri, sprechi e privilegi del sistema giudiziario italiano?
Qui di seguito il lunghissimo resoconto, che pensiamo troverete solo qui, su La VOCE di New York, della conversazione avuta da Nicola Gratteri con i giornalisti mercoledì mattina al Consolato d'Italia a New York:
GRATTERI- Per me è stata una sorpresa questo premio. Non pensavo di essere considerato. Faccio questo lavoro ormai da 30 anni, giro il mondo a causa della 'ndrangheta… In questo momento ha quasi il monopolio dell'importazione di cocaina in Europa… Quindi anche mafie come Cosa Nostra siciliana comprano la cocaina dalla 'ndrangheta. Questo ha reso la 'ndrangheta la più forte perché è la più ricca. Quindi anche nel mondo criminale conta chi più ha soldi. La 'ndragheta non è un fenomeno lontano dal Nord America, è molto forte molto presente in Canada, soprattutto Toronto e Montreal dove ci sono decine di "locali", quelle che sono le organizzazioni di base della 'ndrangheta. Decine di organizzazioni che sono uguali, dei cloni, uguali a quelle che ci sono in Calabria. Che si interfacciano come fossero una organizzazione tra Toronto e l'Italia. La 'ndragheta è anche presente negli Stati Uniti, è forte anche qui a New York. E' molto presente e fa affari. Quindi se le mafie sono pericolose, la 'ndragheta è più pericolosa perché è molto subdola, è una mafia che uccide… Ha un sistema di regole e di codici molto duri, molto ferrei, e questo la rende una mafia cruda, asciutta che nel suo percorso criminale di affari non lascia briciole, cioè non lascia collaboratori di giustizia. I motivi principali sono due uno il vincolo di sangue, con due tre famiglie patriarcali, bisnonno, nonno, padre che formano una organizzazione. Quindi è impossibile che uno di questi si penta. Dovrebbe implicare tutti i suoi parenti… E poi un altro punto di forza rispetto alle altre mafie, rispetto per esempio alla Camorra in Campania, è che per entrare nella 'ndrangheta è molto difficile. C'è un tirocinio, in corso di formazione che dura un anno e mezzo o due e quindi si deve dimostrare veramente di avere capacità, di avere forza, di essere duri, altrimenti non si entra in 'ndrangheta. Se per assurdo un giorno dovessero sparire le mafie, in Italia per esempio la prima mafia a sparire sarebbe la Camorra. Eppure la Camorra è la mafia più antica che c'è in Italia. Questo perché la Camorra negli ultimi decenni ha abbassato molto il livello delle regole. Oggi la Camorra è più gangsterismo, criminalità organizzata, che non mafia. Mafia è una cosa diversa, dalla criminalità organizzata e dal gangsterismo. Perché la mafia per esistere ha bisogno del consenso popolare. La mafia si nutre del nostro consenso. Se non ci fosse il consenso popolare, le mafie potrebbero sparire come spariscono certi fenomeni che riguardano il terrorismo. Le mafie invece non spariscono non scompaiono perché le mafie fanno parte della nostra cultura, fanno parte della nostra vita, le mafie si nutrono del nostro consenso. Sono tra di noi, tra le nostre file, tra i nostri banchi. Ecco perché le mafie forse finiranno quando finirà la nostra terra".
DOMANDA – Lei ha sottolineato il carattere internazionale della 'ndragheta. Esiste una campagna governativa al di là delle iniziative regionali o giudiziarie, una attività che coinvolga tutto il governo italiano. Contro quello che mi pare il flagello principale della vita italiana…
GRATTERI- Allora, intanto, come sa, le mafie non sono un problema dell’Italia meridionale. Le mafie sono presenti da quarant’anni in Piemonte, da quarant’anni in Svizzera, nel mondo Occidentale.
GIORNALISTA: Le mafie italiane?
GRATTERI: Le mafie italiane, si. Sono presenti in Lombardia, in Toscana, nel Lazio, a Roma. Però la caratteristica è che a Roma non ci sono… Roma essendo la capitale è considerata Roma città aperta, dunque fondamentale per il business, ma non c’è una cultura del controllo del territorio… sempre più trova reati di mafia assieme a reati che riguardano la pubblica amministrazione. Cioè man mano che passano gli anni lei trova sempre più professionisti che fanno affari con mafiosi, con la ‘ndrangheta. Questo è un trend che è in crescendo, cioè la linea si sta sempre più assottigliando tra la cosiddetta borghesia, cioè la classe dirigenziale, e le mafie. Perché oggi i capi mafia sono incensurati, sono medici, ingegneri, avvocati. Il mafioso con la coppola e col bastone non c’è più o è morto o è al 41bis. Ormai gli affari per la gestione e l’importazione di cocaina per tonnellate o l’infiltrazione degli appalti della pubblica amministrazione ormai è fatta dai figli, dai nipoti dei capi mafia, che sono andati all’università, si sono laureati. Alcuni bravi, altri ignoranti, ma laureati che comunque occupano posti importanti e che comunque gestiscono la cosa pubblica. Questa è la cosa più difficile da combattere, da sradicare.
Per quanto riguarda la seconda parte della sua domanda, cioè cosa sta facendo il governo. Per quanto riguarda il sistema giudiziario e il sistema di sicurezza ci sono stati diciamo degli inizi di progetti, di disegni di legge. Ma io sono stato nominato dal presidente del Consiglio Renzi, presidente della Commissione di Riforma ai codici della legislazione antimafia e sono anche consulente nella Commissione Antimafia. Ho accettato di farlo gratuitamente come anche gli altri 13 componenti della Commissione poiché io ritengo che un pubblico funzionario, un impiegato nel pubblico servizio, se può parlare può farlo perché per trent’anni è stato pagato con le tasse della gente. Io non devo essere pagato ora perché faccio il consulente. Io sono anche consulente gratuito della Commissione Antimafia, e insegno gratuitamente all’università, spiego una materia che si chiama Economia della Criminalità, i modi di arricchimento delle mafie. Insegno alla scuola Interforze del Ministero degli Interni, insegno nella scuola di Polizia Penitenziaria. Ma per me è importante farlo gratuitamente, perché questo mi permette di sentirmi meglio, di sentirmi apposto con la coscienza, perché tutti non diamo il massimo di noi stessi. E poi penso che sia importante, oltre che parlare, essere anche coerenti tra ciò che si dice e ciò che si fa.
Allora, in questo progetto di riforma che io penso la prima parte, che io penso la prima parte di queste modifiche di presentarle a fine mese, io ho già modificato almeno 75 articoli del Codice di Procedura Penale, e ci siamo dati delle regole. La prima: non abbassare il livello di garanzie dell’indagato o dell’imputato. Io non voglio perseguitati, non voglio gente che esce poi dalla parte della vittima. Quindi io non abbasso i livelli di garanzia. Poi: abdico l’informatizzazione disponibile nel 2014 al processo. L’informatizzazione come voi mi insegnate abbatte i tempi, i costi e il potere discrezionale dell’uomo quindi dell’abuso. E poi creare un sistema, stiamo pensando, un sistema penale, processuale del tipo tale che non sia conveniente delinquere. E’ importante parlare di convenienza. Parlare oggi di morale o di etica è perdente, nessuno più ti ascolta. Perché oggi sempre più si conta se si ha non se si è. Quindi il fatto che lei sia colto, che lei sia una persona che solo quarant’anni fa era da ammirare, oggi non vale o vale poco o sarà capito da una élite di persone colte come lei. Se invece la massa, monopolizzata e omologata nei gusti e nei costumi dalle multinazionali, che è accettata solo se ha il telefono da 700 euro o il vestito firmato o se fuori ha il suv da 100.000 euro allora è difficile capire. Allora l’approccio subito, immediato, è la non convenienza a delinquere. Quindi fare tante di quelle modifiche finché non sia più conveniente delinquere. Perché la cosa più urgente in Italia, che poi le cose sono intimamente connesse, cioè gli investimenti cioè i non investimenti sono controllati anche dal dato di controllo sul territorio. Cioè un’impresa in certe aree d’Italia, per poter aprire una attività imprenditoriale, deve pagare la tangente, deve soggiacere a forniture di manodopera, a forniture di materiali e quindi si è fuori dal libero mercato, dalla libera concorrenza. E quindi la gente evita. E allora, la disoccupazione giovanile o il non sviluppo o l’aver frenato la crescita dell’Italia è determinato anche da questa forte presenza delle mafie. Quindi non considerare le mafie solo la parte militare, ma considerare la parte che ha il potere di condizionare la pubblica amministrazione. Questa è la cosa più difficile e perniciosa.
DOMANDA (La VOCE) – Sappiamo che lei era sul punto di diventare il ministro della Giustizia del nuovo governo e che Renzi era andato dal Presidente della Repubblica Napolitano con il suo nome nella lista dei ministri. Poi è successo qualcosa. Senza tornare nelle polemiche perché so che poi le non risponderebbe alla domanda sul perché non è diventato ministro della giustizia. Ma la mia domanda è: se lei fosse diventato ministro della Giustizia, in questi mesi cosa avrebbe fatto che non è stato fatto e cosa invece reputa che il governo Renzi abbia già fatto e bene?
Poi a proposito di Cosa Grigia, come è anche titolato il libro scritto dal giornalista siciliano Giacomo Di Girolamo… Lei ha appena detto che la mafia è diversa dai gangsterismo perché si basa sul consenso, si nutre di consenso. Io aggiungerei che oltre al consenso, si può chiamare mafia solo in presenza anche delle cosiddette "connection" con la politica, come quelle di Don Vito Corleone nel Padrino… Oggi, e rispetto all'epoca di Falcone, quali referenti politici della mafia ci sono ancora e chi sono? Glielo chiedo soprattutto a livello nazionale…
GRATTERI- Allora, sì, confermo la prima parte, sappiamo tutti che ero nell'elenco dei 16 ministri e poi non so nella stanza cosa sia successo… O meglio: posso sapere qualcosa ma in genere io sono abituato a dire tutto ciò che posso dimostrare altrimenti non parlo se non posso dimostrare qualcosa. Perché se uno parla deve avere le prove di ciò che dice.
Che cosa le posso dire: io se fossi stato ministro la prima cosa che avrei fatto è dimagrire il ministero della Giustizia. Avrei ridotto molte direzioni. Avrei abolito il dipartimento di amministrazione penitenziaria, che è una struttura molto costosa e purtroppo dai noi le carceri non funzionano, le carceri in Italia sono dei contenitori. Quindi a me pare che bisogna rivedere tutte le situazioni… Infatti su un punto io ho pronta una modifica di tutto il dipartimento di amministrazione penitenziaria e anche tutta la polizia penitenziaria e la funzioni del suo ruolo. Quindi, anche se noi abbiamo cambiato il nome, prima era guardia carceraria ora è polizia penitenziaria, non basta. Bisogna dargli funzioni specifiche. Intanto bisogna avvicinarci ai marshal americani. Una cosa importantissima, è quella di sganciare l'ufficio protezione dei collaboratori di giustizia che attualmente è sotto il ministero degli interni quindi gestita da poliziotti carabinieri e polizia, sganciarla, i quali al contempo fanno anche attività investigativa, sganciarla e portarla sotto il controllo della polizia penitenziaria. Che è un organo asettico, che non fa indagini, quindi che in astratto può non condizionare le scelte dei collaboratori di giustizia di quello che dovranno dire o di quello che dovrebbero dire e non dicono… Quindi un atto ulteriore di garanzia. Togliere l'ufficio di protezione dei collaboratori dalla disponibilità del ministero dell'interno. Sono tremila le modifiche che avrei avanzato. Poi c'è bisogno di rivedere la geografia giudiziaria. In Sicilia ci sono 4 corti d'appello, mi sembrano troppe. Non ci possiamo permettere questo lusso. Non possiamo permetterci a 70 chilometri da Palermo un'altra corte di appello. A 70 chilometri da Catania, un'altra corte di appello a Messina… Non possiamo pensare ad Abruzzo, Molise e Marche con tre corti di appello. Questi sono soldi che si devono razionalizzare. Bisogna anche pensare alla razionalizzazione degli uffici.
Adesso dico qualcosa che sembrerà strano. Alla Procura di Palermo c'è il 35% di magistrati in più di quelli che servirebbero. Noi a Reggio Calabria stiamo schiattando di lavoro, se noi avessimo 5 o 10% di magistrati in più faremmo di più. Perché ancora a Palermo c'è ancora in testa purtroppo la stagione delle stragi di quando se si chiedeva uno si otteneva tre. Qualunque cosa si chiedeva arrivava a Palermo perché purtroppo sono morti grandi magistrati, grandi condottieri, grandi educatori. E quindi bisognava fare tutti gli sforzi del mondo. Però adesso è l'ora di rivedere, ci sono altre parti del territorio italiano dove c'è bisogno di andare più a fondo. Col discorso sempre di Cosa Nostra per decenni si è sottovalutato la pericolosità e la forza della 'ndrangheta.
Ovviamente le proposte che sto facendo per la commissione in cui partecipo le avrei già fatte a febbraio, lavorando sulle modifiche normative. E poi da ministro avrei fatto dei trattati bilaterali tra l'Italia e i paesi che stanno attorno all'Italia, i paesi del Nord Africa, e poi tra l'Italia e la Romania, per far si che i detenuti stranieri vadano a scontare la loro pena nel loro stato a meno che in quello stato non ci sia la tortura. Tra l'Italia e l'Albania abbiamo speso un sacco di soldi, soprattutto con il ministero degli Interni con addestramento, la costruzione di caserme di tutto e di più. E non abbiamo pensato che imporre un trattato bilaterale in cui i detenuti albanesi anziché scontare la pena in Italia vadano a scontarla in Albania. Come i rumeni, per esempio. In questo modo avremmo deflazionato il sistema carcerario. Poi penso a tutti i tossicodipendenti che abbiamo nelle carceri. Non serve a nulla che il tossicodipendente stia in carcere. Mi riferisco naturalmente al tossicodipendente che compie reati per procurarsi la droga. Quel detenuto va portato in un centro di rieducazione per tossicodipendenti dove dobbiamo costringerlo a provare a disintossicarsi, perché i dati ci dicono che ogni 10 tossicodipendenti che entrano in una comunità, cinque ce la fanno. E sappiamo cinque ragazzi sono cinque famiglie. Quindi queste sono le cose urgenti che io avrei fatto. Le prime cose che avrei messo in cantiere. Poi ci sono altre tremila cose da fare…
DOMANDA (La VOCE)- Allora forse è per questo che non è diventato ministro?
"Non so guardi io quello che le posso dire è che io sono un magistrato che non faccio parte di nessuna associazione. Non appartengo a nessuna corrente. Non ho mai fatto politica attiva… sono esattamente come lei mi vede. Cioè io parto da un paesino di campagna della provincia di Reggio Calabria, di tremila abitanti, con letteralmente una scatola di cartone e lo spago, per andare all'università. E sono arrivato qua. In tutto questo percorso, dietro di me non c'è stato mai nessuno. Quello che ho ottenuto l'ho ottenuto producendo il triplo e il quadruplo rispetto a molti altri. Perché malgrado io oggi giri il mondo, perché ogni quindi giorni sono in Europa o in America del Sud, perché la 'ndrangheta mi porta ad inseguirla ovunque… ecco pensi che io ancora devo consumare le ferie del 2012. Però questo lavoro mi emoziona. Mi piace ma sto attentissimo, malgrado tutto, malgrado le apparenze. Malgrado il fatto che mi era stato proposto di fare il ministro, io sono una persona libera. Io non faccio dieci metri senza scorta. Ma io sono una persona molto libera. Più libera di quanto si immagini, più libera di gente che può girare in bicicletta o in macchina dove vuole e quando vuole.
DOMANDA – Recentemente lei ha parlato di zona grigia. La commistione tra criminalità organizzata e la società. Che ruolo hanno le donne in questo scenario. Le mogli e le figlie.
GRATTERI – Io uso poco il termine zona grigia, perché è come una coperta di Linus, è una comodità. Noi dobbiamo restringere questa espressione zona grigia, perché fa comodo a tutti. Zona grigia è lavorare e muoversi borderline. Quindi uso con molta, molta attenzione questo termine. Intanto è vero, un capomafia è già ricco. Il problema di un capomafia quindi è quello di investire i soldi che già ha. Di giustificare la sua ricchezza. Poi ha due preoccupazioni: uno mandare i figli all'università, farli diventare professionisti. Due, almeno uno dei figli farlo sposare con la borghesia, con l'aristocrazia. Perché gli manca il pedigree. Al capomafia manca lo stemma alla porta, lo stemma patrizio. Ha bisogno di ciò che non può comprare. E' come le persone che si arricchiscono velocemente e che non hanno le basi della cultura. In Italia è il perfezionarsi del gusto, e il gusto non si compra. Il gusto è il risultato di anni, di secoli di cultura, in una famiglia. E quando una persona diventa ricca subito e costruisce una casa, la fa senza gusto, e compra una accozzaglia di stili, solo ciò che costa molto per fa sgranare gli occhi ma senza gusto… Quindi il mafioso tende a facilitare un matrimonio con la borghesia. Come tende anche a far sposare un altro figlio con una ragazza di un'altra famiglia di 'ndrangheta. Come facevano i regnanti d'Europa nel '700 per rafforzare il proprio potere. E questo sta avvenendo sempre più spesso. Vediamo attorno ad un tavolo, o in un club, 'ndranghetisti con medici, ingegneri, avvocati. Questa è la cosa più triste, cioè il decadimento etico che porta a questa comunanza in nome del dio denaro.
Le donne hanno un ruolo molto importante nella 'ndrangheta. Soprattuto nelle faide, nelle lotte tra due famiglie appartenenti alla stessa organizzazione. Le donne tengono acceso il fuoco della vendetta. Le donne caricano gli uomini come le sveglie, come le molle. Tu mangi, mentre mio fratello mangia terra. Tu mangi, però mio figlio non è qui con noi. Quindi fanno questo continua pressione sul marito, mettendo in discussione il loro essere uomini per non aver vendicato la persona uccisa. E nelle faide sono fondamentali le donne, nell'accelerare il processo di vendetta o rallentarlo.
DOMANDA: Una domanda anche su profilo umano, quello che diceva prima sul fatto che nonostante non possa andare in bicicletta si sente più libero di tanti altri, lei se non sbaglio è sotto scorta da 25 anni… Lei ha appena detto che le mafie finiranno con il giudizio universale sostanzialmente, quindi qual è il suo stato d'animo, il suo senso di libertà?
GRATTERI: Quando uno inizia questo lavoro non immagina di arrivare a questo punto. Ho pensato di fare il magistrato perché quando andavo a scuola, alle medie al liceo andavo con l'autostop e durante il viaggio ho visto diversi morti a terra. Ho visto la violenza dei figli dei mafiosi nelle scuole. E io poiché provenivo da una famiglia di persone che avevano un grande senso dello Stato, dell'educazione, dei valori, dei principi, non accettavo e quindi ho detto da grande devo fare qualcosa per combattere questo stato di cose, infatti quando ho vinto il concorso in magistratura ero messo bene in graduatoria e quindi sarei potuto andare a Venezia, Milano, San Remo, così quando hai finito di lavorare uno può andare al tennis, a sciare, a fare qualsiasi cosa. Io ho pensato di rimanere in Calabria per fare qualcosa di più per la mia terra conoscendo la filosofia criminale della 'ndrangheta dal di dentro anche perché poi molti miei compagni di scuola erano stati arrestati ed erano diventati miei clienti, ultimo ho saputo qui, a Miami, chi era stato arrestato con 800 kg di cocaina giocavamo da bambini.
Man mano che sono passati gli anni è aumentata sempre di più la mia sovrapposizione, la scorta sempre più stretta, anche per andare in bagno entra prima il poliziotto per vedere se poi posso entrare in bagno. Sono privazioni dal punto di vista fisico ma io dico sono libero mentalmente perché non dipendo da nessuno perché non ho mai obbedito a nessuno. Se un'idea mi ha convinto, l'ho perseguita, inseguita, coltivata, se non mi ha convinto non ho mai ubbidito a nessuno.
Se parlassi di meno, o se avessi parlato di meno avrei fatto molto più carriera. A me non interessa. La bellezza è avere la libertà di dire quello che penso, ovviamente con dei riscontri. Non è che si può dire sempre tutto quello che si pensa. Non per un fato di viltà o di paura. Per un fatto di avere la prova di quello che si dice, per evitare di essere denunciati, per calunnia per esempio.
DOMANDA: Il fenomeno dei pentiti esiste per quanto riguarda la criminalità organizzata? Voglio dire ha un rilievo importante, c'è una forma di recrudescenza morale soprattutto tra questi strati legati meno direttamente, meno intimamente…
GRATTERI: I collaboratori di giustizia sono molto importanti, perché molte volte completano la parte probatoria data dalle intercettazioni telefoniche o ambientali. Però bisogna stare molto attenti intanto la 'ndrangheta ha pochissimi collaboratori di giustizia rispetto a Cosa Nostra e alla Camorra perché il vincolo familiare e di sangue e questo vivaio molto rigido, questa scuola questi cadetti che devono seguire per un anno e mezzo questa vita dura militare tendono a selezionare molto…
DOMANDA – Qual è l'aspetto più difficile nell'affrontare e combattere questo nuovo tipo di unione tra mafia, borghesia, professionisti e pubblica amministrazione?
GRATTERI: Oggi il rapporto 'ndrangheta politica è cambiato. 20-30 anni fa era lo ndranghetista che andava dal politico a offrire pacchetti di voto, in cambio di poche cose, che un figlio non facesse il militare, un posto da bidello, risolvere un problema in tribunale, accelerare una procedura in un ufficio pubblico. Con il passare dei decenni, man mano che la politica ha arretrato e ha poco potere reale e man mano che le mafie hanno maggiore consenso sociale della politica perché le mafie sono presenti dove non è presente lo stato o è poco presente. Gli spazi che lo stato lascia li occupano i mafiosi del paese, il mafioso che da risposte. Noi diciamo che il capo mafia è così potente perché interviene anche sulla ristrutturazione di un marciapiede da 20 mila euro? Perché in regioni dove la disoccupazione è al 47% far lavorare cinque padri di famiglia per venti giorni, cinque padri di famiglia si ricorderanno di votare e voteranno per il candidato prescelto dal capomafia. Quindi la 'ndrangheta è sempre alla ricerca del consenso popolare, perché interagisce. Anche se le mafie sono una minoranze e lo sono anche nei paesi a più alta intensità mafiosa, ma sono una minoranza qualificata, sono un pacchetto di voti che oscilla dal 10% al 20%. Quindi spostare un pacchetto di voti a destra o a sinistra, vorrà dire determinare chi farà il sindaco e quindi concorrere poi nella gestione della cosa pubblica e poi scegliere il tecnico comunale, intervenire sul piano regolatore, aggiudicarsi tutti i lavori di somma urgenza, quindi gestire la cosa pubblica.
Che la mafia vota e fa votare non solo alle comunali, alle regionali ma anche alle nazionali, le mafie tendono a appoggiare soggetti che poi diventeranno parlamentari, poi bisogna vedere la forza e i numeri che avranno però la tendenza è sempre questa e lo è sempre di più.
DOMANDA – Lei ha parlato della mafia nel Nord America. Come Stati Uniti e Canada stanno rispondendo, che genere di iniziative e contrasto si sta effettuando? In secondo luogo, prima si parlava della consapevolezza e del consenso che la mafia ha radicato sul territorio, che feedback sta ricevendo dai giovani italiani e internazionali. Si sa cos'è la mafia e l'ndrangheta in questo caso?
GRATTERI – Intanto c'è una differenza tra Stati Uniti e Canada, sono realtà diverse soprattuto per il contrasto. Purtroppo la polizia canadese non è più attiva come in passato. A me pare che a Toronto, a Montreal, in Canada la situazione sia sfuggita di mano. La presenza della 'ndrangheta a Toronto è molto molto forte. Ci sono centinaia di ndranghetisti a Toronto che commettono reati. Noi collaboriamo interagiamo con le giubbe rosse, ma la situazione è grave perché soprattutto c'è un sistema giudiziario molto blando molto debole, non proporzionato alla realtà criminale. Quindi noi possiamo dire in questo momento che purtroppo in Canada, io interagisco spesso con l'ambasciata canadese a Roma, dove ci sono persone molto sensibili che si rendono conto e capiscono il problema. Però io vi posso dire che in questo momento a Toronto ci sono decine di 'locali' di ndrangheta clone di quelli della provincia di Reggio Calabria, cioè per i locali di 'ndrangheta di Siderno in provincia di Reggio Calabria, c'è un locale uguale a Toronto. E quando bisogna fare grandi scelte, decidere che sindaco votare a Siderno si chiede l'assenso anche dei locali in Canada e di Toronto. E' come se fosse un pezzo di Calabria e non un pezzo di Toronto.
Quindi abbiamo economia mafiosa molto forte, a fronte di un sistema giudiziario molto debole, a fronte di un contrasto normativo, giudiziario e investigativo debole in Canada. Io questo lo urlo da tanti anni, io da almeno dieci anni vedo la non proporzionalità tra forza mafiosa a Toronto e contrasto del sistema giudiziario canadese. So che qualcuno si arrabbierà ma non importa. Mentre io parlo so della gravità di quello che dico ma sto tranquillo perché lo posso dimostrare.

La premiazione della Traine Foundation, da sinistra: il NY County District Attorney Cyrus R. Vance, jr, John Trane, Nicola Gratteri, Nina Train Choa, Ambassador John Menzies
Negli Stati Uniti è diverso. C'è una presenza mafiosa e ndranghetista anche qui a New York, però c'è una polizia giudiziaria molto attenta, molto evoluta che è l'FBI, anche se io lavoro molto di più con la DEA, molto presente in Sud America e in particolare in Canada, in particolare in Colombia, dove ha delle basi importanti, dove riesce a fare delle indagini importanti, diciamo che la Colombia è il 51esimo stato degli Stati Uniti, gli USA spendono molto per investire… in Colombia comprano tecnologia, danno alla polizia colombiana la loro tecnologia e riescono a fare delle cose importanti. Noi dall'Italia abbiamo grandi collaborazioni con la DEA perché presso l'ambasciata a Roma, abbiamo un trattato bilaterale tra Italia e Stati Uniti importantissimo e funziona molto bene, magari avessimo questi trattati anche con altri paesi.
A Roma presso l'ambasciata di Via Veneto c'è un magistrato, finora William Nardini, una persona molto capace molto preparata, ora è cambiato da poco e c'è una giovane collega Cristina Posa, con la quale abbiamo lavorato abbiamo fatto…. Ora è stata promossa, lei è magistrato di collegamento tra Italia e Stati Uniti. Con lei stiamo lavorando, stiamo facendo grandi cose, io sono molto molto soddisfatto del rapporto Italia Stati Uniti e il mio auspicio infatti… Di curare, di coltivare questi trattati bilaterali… perché solo parlandosi, noi possiamo fare le norme più belle del mondo, ma se gli uomini non si parlano, non si annusano, non si conoscono, bisogna fidarsi, altrimenti le indagini non vanno avanti. E' importante il rapporto umano, la conoscenza. E' importante sapere con chi si ha a che fare. E allora le indagini vanno meglio e funzionano. Ciò non vuol dire il turismo giudiziario, gente che non ha mai lavorato in vita sua che non sa cosa vuol dire pensa che uno va in giro e fa turismo giudiziario. Io vi posso dire personalmente che io quando vado in Europa, Amsterdam, Rotterdam, Londra, io dormo al massimo una notte fuori, dormo a Roma, torno in giornata. Quando sono venuto a New York son stato il giorno prima in Brasile, sono arrivato alle 10 di sera… La bellezza, il fascino di questo lavoro sono i risultati: riuscire a dimostrare quello che si sta facendo, non è dove si va se un posto è bello o brutto. Quella è un altra cosa…
DOMANDA: ha mai paura o ha mai avuto paura?
GRATTERI: Si certo. la paura ogni tanto viene all'improvviso quando viene una cosa che non ti aspetti di vedere. Io guido la macchina non uso l'autista, se all'improvviso vedi una luce dove non ci dev'essere per una frazione di secondo hai paura perché non sai cos'è. Si ha paura di quello che non si conosce. Tutto ciò che sfugge al tuo controllo ti crea agitazione. Importante è dopo un secondo riprendere il controllo, altrimenti non puoi fare questo lavoro.
DOMANDA (La VOCE): L'Italia purtroppo viene condannata spesso dall'Unione Europea sul problema delle carceri, per il problema della carcerazione di persone in attesa di giudizio, affollamento… Lei ha già detto cosa avrebbe fatto da ministro, alla luce di quello che lei ha detto, non pensa che l'Italia debba preoccuparsi seriamente di questi richiami che arrivano dall'Unione europea e se le fosse offerto, anche se in ritardo, di collaborare a livelli più alti, lei accetterebbe?
Inoltre. La corruzione è dove la mafia riesce a condurre i suoi affari, e in Italia ci sono stati dei fenomeni a livello politico, dove prima c'era corruzione c'era anche il reato e quindi si poteva perseguire. Da un po' di anni sembra che soprattuto per quanto riguarda gli appalti, costruzioni, modifiche anche ambientali, si cambino le leggi e quella che prima era corruzione non lo è più, praticamente si possono commettere dei reati con la mafia senza più esserlo dei reati…
GRATTERI: La comunità europea è una comunità economica, cioè si interessa solo dei commerci. Alla sicurezza si interessa poco. Intanto a me dispiacciono questi richiami che sembra che l'Italia sia peggio del Burundi, ma non è così oltretutto l'Italia ha la legislazione antimafia più evoluta al mondo, cosa che non hanno i paesi europei. Ora dico cosa i paesi europei non fanno, vogliono fare e fanno finta di non sentire. Allora l'Italia è un paese da questo punto di vista molto evoluto, il problema è che per decenni abbiamo avuto governi deboli che non hanno reso possibile fare la rivoluzione. Fare la rivoluzione significa fare cose che fanno male e che non piacciono. Chiunque è al potere non vuole un sistema giudiziario forte. Il condottiero non vuole essere controllato chiunque esso sia. E' nella natura degli uomini. Ora perché l'Europa ci bacchetta. Il sistema delle carceri si può risolvere. I richiami sulla lentezza dei processi. Gli ho detto delle modifiche che stiamo facendo, basta informatizzare i processi e riduciamo i tempi anche del 50-60%. I tempi del processo solo con l'informatizzazione, risparmiando al contempo milioni di euro. Pensi che io ho previsto in questa modifica la video conferenza per tutti i processi degli imputati per criminalità organizzata, per criminalità mafiosa, vuol dire che i detenuti nelle carceri, stanno nel processo in video conferenza. Noi risparmiamo 70 milioni di euro, non facciamo andare i mafiosi in giro per l'Italia, non stanno 8 mesi nello stesso carcere nel frattempo che finiscano le misure dibattimentali e in quegli 8 mesi fanno altri accordi e affari per quando usciranno. E non saranno tutti e quaranta nella stessa cella per 7-8 ore quanto dura un'udienza.
Basta modificare un solo articolo e io smonto tutta la circolazione dell'informazione tra detenuti, o parte. Io risparmio 70 milioni di euro. Lei immagini con 70 milioni di euro quanti giovani possono essere assunti nella polizia penitenziaria, nei tribunali, perché i tribunali funzionano perché sono pieni di poliziotti carabinieri e finanzieri, facendo sparire la carta risparmiamo milioni di euro.
Torno alla sua domanda. L'Europa ad esempio non vuole mettersi in testa e non si rende conto che c'è il problema mafia in Europa. L'Europa è una grande prateria dove uno può andare a pascolare, puo fare 300-400 km perché in Europa nessuno lo controlla, perché non c'è la cultura del controllo del territorio mentre noi in Italia ce l'abbiamo. In Europa non esiste l'omologo della situazione in cui stanno da noi le cose. Io ho fatto di recente un'indagine con la Svizzera. Lei pensi che solo in Svizzera ci sono 40 'locali' di 'ndrangheta, 40 organizzazioni di 'ndrangheta e l'omologo l'associazione di stampo mafioso in Svizzera è l'associazione segreta, la cui pena va da uno a cinque anni… Quindi di cosa stiamo parlando. Quando l'Europa viene a dare lezioni a noi e pensa che non è possibile nelle indagini di droga… Lei pensi che i porti Amsterdam, Rotterdam e Anversa sono tra i maggiori porti d'Europa dove arrivano tonnellate di cocaina… invece da gennaio ad oggi a Gioia Tauro abbiamo consegnato 3 tonnellate e mezzo di cocaina.
Vi faccio un esempio pratico. Io mi trovavo in Olanda, il Procuratore di Rotterdam mi dice che deve arrestare tizio, perché dalle registrazioni era emerso che aveva a casa due kg di cocaina. Dico guarda se tu lo arresti, noi perdiamo il carico perché questo soggetto doveva andare il container al porto di Rotterdam. Il porto di Rotterdam è enorme, è uno dei porti più grandi d'Europa. Noi non avevamo il numero del container, dovevamo seguire lui. In un container ci sono mediamente non meno di 80-100 kg di cocaina. Ma la legge non mi consente di ritardare l'arresto o il sequestro di questa persona per avere il tempo di andare a recuperare il container. Quindi in Europa come si ragiona: l'uovo oggi e non la gallina domani, noi invece in Italia ragioniamo la gallina domani. Non mi interessa sequestrare la cocaina, a me interessa dimostrare l'organizzazione, arrestare 40 persone…
L'Europa da questo punto di vista ha poco da insegnarci. Hanno facilità a bacchettarci, perché sono più evoluti dal punto di vista informatico, dal punto di vista ecologico, hanno meno carichi nei tribunali… ma per quanto riguarda il resto hanno poco da insegnarci. Lei si ricorda la strage di Duisburg. Io dieci anni prima sono stato in Germania, ci vado spesso, e purtroppo ahinoi la 'ndrangheta è molto presente in Germania. Ero nella sede dell'MKA, che è l'elite della polizia giudiziaria tedesca. Mi hanno fatto sentire le intercettazioni dove parlavano di 'locale', per loro locale è il magazzino, no dico io, locale è l'organizzazione ndrangheta non è il magazzino. Quindi se loro parlano di locale, attenzione che qui c'è la 'ndrangheta. Incominciate a mettere microspie nei bar, nei locali pubblici, nelle case. No non si può parlare di microspie. Loro ancora avevano la testa al regime della Germania dell'est dove in ogni casa c'era una microspia. Ma se vengono qui nei locali pubblici, chiedo io, come facciamo a indagare. A intercettare. Attenzione perché tra dieci anni avrete gli stessi problemi che abbiamo noi in Italia. Non sono stato ascoltato. Esattamente dopo dodici anni mi chiamano una mattina di domenica, ero nel giardino di casa, mi dicono dottore è successo questo venite su, dobbiamo parlare eccetera. Abbiamo parlato, abbiamo visto sei morti. Vado, apro il portafoglio di uno dei ragazzi morti e c'era l'immagine di San Michele Arcangelo con la testa bruciata. San Michele Arcangelo è il protettore della 'ndrangheta. Quel ragazzo quella notte compiva i 18 anni ed era stato battezzato dalla 'ndrangheta. Nel locale vedo un grande tavolo e sopra alla credenza la statua di san Michele Arcangelo. Dico guardate qui avvengono i riti di affiliazione, mettete microspie in tutti i locali pubblici gestiti da questi italiani. No assolutamente non è possibile. Non è successo nulla.
DOMANDA (La VOCE): Io vorrei anche la sua opinione sulle polemiche in Italia riguardo alla testimonianza del capo dello stato Giorgio Napolitano al processo dei rapporti tra stato e mafia. Siccome la mafia senza la politica, senza un rapporto con la politica non si può chiamare mafia, allora che senso ha fare un processo in cui dobbiamo processare i rapporti che lo stato ha avuto con la mafia, quando dal 1860 sappiamo che questi rapporti ci sono sempre stati. E poi cosa pensa specificatamente delle polemiche sul fatto della testimonianza del capo dello stato?
GRATTERI: Se io le rispondessi a questa domanda, qualsiasi cosa le direi, direbbero questo parla in questo modo perché non l'hanno fatto ministro. Quindi è meglio che non rispondo a questa domanda.
La VOCE: Lei aveva detto di sentirsi libero…
GRATTERI: Sono libero però non sono stupido da farmi mettere in strumentalizzazioni, posso dire quello che penso però non voglio che altri in modo scientifico, creino l'effetto opposto rispetto a quella che è la verità che conosciamo.
DOMANDA – Lei ha parlato di 'ndrangheta al nord, 'ndrangheta negli appalti. Adesso abbiamo avuto questa super alluvione a Genova. Lei vede una responsabilità in quello che è successo? Sappiamo che non sono solo cause naturali…
GRATTERI: Queste alluvioni sono il risultato di speculazioni edilizie sicuramente, non c'è dubbio. Purtroppo noi nel corso degli anni, nel corso dei decenni abbiamo le emergenze e le sanatorie, noi oggi stiamo pagando la cementificazione degli anni 70, 80 e 90. La ndrangheta è molto presente, come la Camorra, nel campo dell'edilizia, del trasporto di inerti, nel campo delle costruzioni sono molto bravi e molto avanzati e quindi c'è la 'ndrangheta che cementifica. La 'ndragheta è arrivata al nord perché qualcuno gli ha aperto la porta, perché gli imprenditori del nord gli hanno aperto la porta. Perché la ndrangheta la camorra offre un prodotto un servizio a prezzi stracciati. Perché se la ndrangheta va in Emilia Romagna e deve fornire calcestruzzo inerti o deve smaltire glielo fa a prezzi sotto al 50%. E' ovvio che non va in discariche autorizzate, e' ovvio che ha operai non in regola o sottopagati. Quindi l'imprenditore del nord che non si è creato il problema etico, ma solo commerciale, ha dato aria, ha dato spazio. Lei pensi che da un paesino come Cutro, provincia di Crotone è partito un tizio con due camion. Ora è in provincia di Reggio Emilia, ora ne ha 600. Questo le dimostra che molti hanno subito le mafie, ma molti le hanno accolte a braccia aperte perché ci hanno guadagnato ancora di più.
DOMANDA: lei pensa che la lotta al terrorismo internazionale, abbia pemesso in qualche modo alle mafie di espandersi per l'attenzione rivolta altrove?
GRATTERI: Sì certo sì. E' successo anche in passato quando c'era la sindrome del terrorismo, molti segmenti investigativi sono stati ridotti sulle mafie e ci si è concentrati sul terrorismo, il terrorismo era 1% rispetto alla forza delle mafie, però il terrorismo faceva paura perché non lo si conosceva. La mafia già si conosceva e quindi c'era una certa assuefazione alla presenza delle mafie.
DOMANDA: …. poi il peso della delinquenza ecologica nell'attivit della 'ndrangheta.
GRATTERI: In questo momento la 'ndragheta è piu forte di Cosa Nostra perché ha più soldi, e anche nel mondo criminale conta chi ha più soldi. Come nel carcere il detenuto che ha soldi è potente, il detenuto che non ha soldi non è potente. La 'ndrangheta ha più soldi perché ha il monopolio dell'importazione di cocaina dall'Europa. Questa è la sua forza. La criminalità ecologica sono leader i casalesi, nello smaltimento dei rifiuti, la camorra di una provincia piu a nord di Napoli, perché quella di Napoli è piu gangsterismo che non camorra. Sulle ecomafie stiamo pensando a delle modifiche da fare, di trasformare le contravvenzioni in delitti, di specificare meglio la tracciabilità dei rifiuti, di essere molto più feroci, più seri, nel contrasto alle ecomafie perché, come stiamo vedendo, ecco i risultati dei picchi di tumore dopo 20 anni rispetto alle discariche abusive in Campania…"