I turisti almeno possono scegliere. Torneranno a Roma se si saranno trovati bene, se saranno sopravvissuti ai prezzi ingiustificati e agli adescamenti cui li avranno sottoposti gli illegali. A sentire Andrea Costanzo, presidente FIAVET Lazio, Associazione Imprese di Viaggi e Turismo, non torneranno: “Dal momento dell’arrivo in aeroporto o in stazione, davanti ai monumenti principali, sui mezzi di trasporto, il turista è continuamente assalito da vari soggetti, molti con intenzioni truffaldine. È per questo che troppo spesso il turista, al rientro in patria, crea un passaparola negativo per la nostra città, con il solo scopo di mettere in guardia i propri connazionali”.
Buon per loro, ma i romani? E i non romani costretti a stare nella capitale per lavoro? Le inadempienze strutturali di stato e comune verso la più bella città del mondo li stanno trasformando in malcapitati (ir)regolarmente insolentiti da ciurme di venditori ambulanti irregolari, autisti scortesi di bus e taxi, zingari ladri, giovinastri maleducati senza arte né parte che scambiano la notte per il giorno, automobilisti capaci di tutto. Con la legge su Roma capitale qualcuno si era illuso che fosse restituita dignità e decoro a una città che dall’unità d’Italia è stata “ostaggio” della nazione, senza corrispettivo per il servizio reso a stato e cattolicesimo. Non è andata così: Roma resta poco violenta se paragonata a molte sorelle capitali, ma è sempre più sporca, rumorosa, inquinata dalle continue vessazioni di scippi, furti, violazioni delle regole del vivere in comune.
Giornali e televisioni di mezzo mondo hanno raccontato, durante l’estate, storie e aneddoti sulla resa, nella capitale, di stato e amministrazione. Il sindaco ha rispedito al mittente, il ministro dell’interno ha fatto mostra di non sentire. Eppure i numeri sono chiari: più di settemila denunce di furti e borseggi nel primo semestre di quest’anno nei soli commissariati di polizia del centro, quaranta al giorno. È l’assedio di bande di zingarelle, gruppi organizzati di slavi o latinoamericani, che sanno di non dover temere nulla da uno stato che non si cura di chi calca per lavoro o turismo i sampietrini. La gente, turisti inclusi, inizia a provvedere da sé e, specie nelle aree della metropolitana e in quelle archeologiche reagisce quando può, rischiando anche la propria incolumità, come stanno raccontando le cronache. Impressiona l’impudenza e la spavalderia di cui sono protagonisti i colpevoli presi sul fatto. Le frasi che utilizzano in questi casi, danno il tono di come sappiano girare a proprio vantaggio il nostro sistema di garanzie. Urlano a chi prova a bloccarli: “Razzista”, “Pedofilo”, “Lei non può toccarmi”, “La denuncio per violenza personale”! Per la città dove è nato il diritto (ma anche lo storto vien da pensare) non c’è male.
Occorre certamente un più alto numero di addetti alla vigilanza. Ma soprattutto occorre assumere coscienza che Roma allo sbando fa male all’Italia intera, rovina quel poco di turismo rimasto allineando le nostre città a città mediterranee meno nobili e di rango inferiore. Va cestinato il deleterio menefreghismo italico individualista; il rispetto delle leggi va esaltato come dovere imprescindibile. Occorre che, tra comune e prefettura, si concordino due autorità cittadine. Una smisti con rapidità ed efficacia le forze di sicurezza dove serve. L’altra coordini le politiche dell’accoglienza (informazioni, lingue, cartellonistica, assistenza, sanità, etc.), in dialogo con le gerarchie ecclesiastiche. Queste la smettano di incitare a buonismi e pietismi, alla solidarietà per chi non la cerca né la merita. Non possiamo, boccone dopo boccone, farci mangiare l’Urbs.