Il teatrino della politica – come lo chiama il Cavaliere ora che è fuori dalla scena – è andato a teatro sabato scorso a Milano. Alla prima della Scala, a vedere “La Traviata” di Verdi. Da Monti a Napolitano, da Moroni a Elkann… più un bel numero di befane vestite da regine che, per entrare, hanno sfidato il popolo insultante. Senza pudore. Siamo in un momento storico che richiede sobrietà, anche perché qualcuno ci potrebbe rimettere le penne. Mai come oggi il divario tra ricchi e poveri è imbarazzante, considerato che i nuovi poveri sono la borghesia italiana, il popolo delle partite iva. E dall’altra parte ci stanno i politici, i banchieri e gli industriali che hanno delocalizzato le loro imprese all’estero dopo aver vissuto di contributi statali.
Peraltro gli unici vestiti dimessi erano gli attori, che sembravano aver sbagliato opera. Ma tanto gli spettatori non avevano bisogno di sognare, perché vivono nella favola italiana. I traviati faranno la fine della traviata? Oppure l’Italia finirà traviata?
Dopo quattro giorni di protesta dei forconi, che appunto sono tutte persone ex benestanti (basta vederle in tv), Letta ha asserito: “Con loro l’estrema destra”. E con ciò si è messo tranquillo, benché lo fosse pure prima. E Alfano, originale nei suoi giudizi come sempre, ha affermato: “Questo è un attacco alla democrazia”. Questi non hanno capito niente perché hanno la pancia piena e non hanno l’ufficiale giudiziario alla porta. Un imprenditore ha detto disperato a “Servizio Pubblico”, la trasmissione condotta da Santoro: “Se arriva Equitalia a sequestrarti la casa perché non riesci a pagare una cartella esattoriale di 200 mila euro, come puoi pagarla poi di 800 mila euro, maggiorata dalle multe? Ho visto imprese che hanno dovuto chiudere, tutto mandato all’asta, i figli degli imprenditori affidati in lacrime ai servizi sociali, perché i genitori venivano portati via dai carabinieri… Sono due anni che vi chiediamo di bloccare le esecuzioni immobiliari: avete fatto delle imprese macelleria sociale”. E rivolto a Brunetta, che in trasmissione faceva da capro espiatorio della classe politica: “C’è tanta voglia di giustizia, ma soprattutto che ve ne andiate. Siete una classe inetta, incapace. Un presidente americano non può fare più di due mandati, un sindaco italiano non si può ricandidare dopo otto anni, ma qui al governo c’è la stessa classe politica da 25 anni!”
L’imprenditore ha accusato i politici di aver distrutto il “made in Italy” che era una macchia da guerra. Qui però bisogna fare dei distinguo: se questo è vero per i piccoli imprenditori oberati dai balzelli e dal costo del lavoro, i grandi sono stati sovvenzionati da finanziamenti statali per portare la produzione all’estero, dove il costo del lavoro era ridicolo. Non per questo il costo dei prodotti è sceso: si sono estremamente arricchiti i soliti noti, i marchi più famosi, mentre gli operai hanno perso il lavoro e l’Italia ha azzerato della professionalità artigianali che tutto il mondo ci invidiava. Adesso molti imprenditori stanno tornando dall’Est e riaprendo le fabbriche in Italia – circa 180 imprese – proprio perché certi lavori li sanno fare solo gli italiani. E i ricchi cinesi e russi vogliono solo il vero “made in Italy”. Ma riusciremo a ricostruire un tessuto produttivo che era leader nel campo del lusso? Stiamo tra una classe politica immobile che non dà alcun segnale di cambiamento – lei sta bene così – e una burocrazia che ha creato a suo sostegno. Come farà Renzi a realizzare quanto ha promesso? Come riuscirà a chiudere le province e altri enti inutili se intere famiglie sono state impiegate in province, comuni, regioni, prefetture, enti pubblici vari in cambio di un voto elettorale fedele nel tempo? Se smantella la burocrazia, smantella anche i partiti politici, compreso il suo. Perché in questa crisi chi è un dipendente pubblico sta ancora bene: lavora con tutto comodo soggiornando su face book e twittando e soprattutto non si porta i pensieri a casa. “L’insostenibile dittatura del tempo perduto, perché il tempo è denaro” ha scritto Raffaele La Capria della perdita di tempo a cui ci sottopone la burocrazia, “dove ogni potere è sospettoso dell’altro e mette i paletti”. Giusto, ma il tempo non è solo denaro, il tempo è lusso in sé, è vita.
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