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July 22, 2013
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Una legge, due misure

Marcello CristobyMarcello Cristo
Time: 3 mins read

Ora che l'attenzione dell'opinione pubblica americana si é spostata dall'aula del processo Zimmerman alle proteste di piazza seguite all'assoluzione dell'imputato nell'omicidio di Trayvon Martin, cominciano ad emergere anche i dettagli di una stranissima legge in vigore in Florida e in molti altri stati americani e che ha costituito il principale sfondo giuridico del dibattimento processuale.

La cosiddetta “Stand your ground” law (che in italiano si traduce piú o meno con “Difesa ad oltranza”) é una norma che consente ad una persona armata, di uccidere un presunto aggressore solo in base alla mera percezione di pericolo per la sua incolumitá.

Il primo aspetto incredibile di questa legge consiste nel fatto che chi spara, non é neanche tenuto a dimostrare l'effettiva fondatezza del pericolo percepito! Basta che dichiari di aver temuto per la propria vita.

In altre parole, proprio come nel caso di George Zimmermann e Trayvon Martin, anche se la persona presumibilmente aggredita é armata mentre il presunto aggressore non lo é, la legge ti permette di sparare per uccidere e di invocare la legittima difesa sulla base della tua esclusiva e personalissima versione dei fatti.

Il primo corollario di una situazione di questo genere ovviamente é che, in un confronto armato, la persona che spara fará bene a sparare per uccidere perché la “Stand your Ground” é una legge che, implicitamente, premia chi esce incolume dallo scontro e, in assenza di prove o testimoni decisivi, puó cosí presentare la sua, incontestata, versione dell'accaduto.

Il secondo paradosso, consiste nel fatto che Zimmermann é riuscito a farsi assolvere presentando sé stesso come la “vittima” della violenta reazione di Martin grazie ai tagli sulla testa che, secondo il suo racconto, sarebbero stati inflitti dallo stesso Trayvon nel tentativo di sbattergli il capo sul marciapiede e perció, temendo per la sua vita, ha finito con lo sparare il giovane.

Ma, come ha dichiarato lo stesso presidente Obama nella sua estemporanea conferernza stampa seguita alla sentenza, i parametri della “Stand your Ground” law, sono applicabili anche allo stesso Trayvon Martin.

Pur non conoscendo nei dettagli cosa sia effettivamente successo infatti, ció che sappiamo é che il giovane diciasettenne, stava ritornando a casa, dopo il tramonto quando si é accorto di essere seguito da uno sconosciuto armato che, pur non identificandosi come un agente di polizia, lo ha fermato e ha iniziato a rivolgergli domande con un atteggiamento presumibilmente aggressivo.

A quel punto é scoppiato un alterco al quale é seguita una vera e propria colluttazione.

Durante questa rissa, uno dei testimoni della difesa di Zimmermann ha dichiarato di aver visto Trayvon Martin “on top”, cioé in una posizione nella quale il giovane sembrava aver preso il sopravvento. Ma anche se ció fosse vero, il diritto garantito dalla legge di reagire con violenza per motivi di legittima difesa vale anche per il giovane teenager che, viste le circostanze, aveva tutte le ragioni per temere per la propria incolumitá personale.

Se l'esito di quella zuffa fosse stato l'opposto: con George Zimmermann deceduto e Trayvon Martin imputato, quest'ultimo avrebbe potuto invocare proprio quella norma “Stand your Ground” che ha consentito al suo assassino di essere rilasciato subito dopo il primo arresto e che ha svolto un ruolo centrale nella sua assoluzione finale.

Ma in una situazione di questo genere, con un imputato afro-americano sul banco dell'accusa, chissá se la giuria si sarebbe dimostrata cosí indulgente come é stato invece per Zimmermann.

L'aspetto cosí palesemente paradossale e incongruente di “Stand your Ground”, a mio giudizio, é dovuto al fatto che essa, in realtá, non é una legge "normale" che nasce dall'osservazione di un problema, dall'identificazione di un rimedio e dalla codificazione di una norma.

In altre parole, “Stand your Ground” non é una legge organica, come le altre, sviluppatasi dal "basso verso l'alto" ma piuttosto una regola “a priori” pensata nei laboratori ideologici della National Rifle Association (la lobby dei produttori di armi da fuoco) e dell'American Legislative Exchange Council  (ALEC), il consorzio di imprese e multinazionali che concepisce disegni di legge di matrice conservatrice da realizzare in quegli stati a gestione repubblicana che vedono di buon occhio l'ingerenza dei grandi interessi economici e industriali nell'amministrazione della cosa pubblica.

“Stand your Ground” é quindi una legge imposta dall'alto verso il basso perché, nell'America di oggi, assicurarsi che ognuno sia dotato di una pistola non é piu' sufficiente. Occorre andare oltre e creare un contesto culturale e giuridico nel quale persino l'azione di polizia non puó piú essere una prerogativa esclusiva dalla sfera pubblica ma puó essere "privatizzata" attraverso un'implicita delega all'individuo armato che puó, finalmente, farsi “giustizia” da solo.

In altre parole, la ricostituzione completa della legge del Far West.

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Marcello Cristo

Marcello Cristo

Sono nato e cresciuto a Napoli dove, nella tradizione magno-greca della mia città, mi sono laureato in Filosofia. Vivo negli Stati Uniti con la mia famiglia da oltre vent'anni facendo la spola tra New York e la California. Dall’America, ho iniziato a collaborare con pubblicazioni italiane come Il Giornale di Indro Montanelli e La Gazzetta dello Sport di Candido Cannavò e poi con il quotidiano in lingua italiana degli Stati Uniti America Oggi per il quale ho lavorato come editor, opinionista e corrispondente dalla California. Nei ritagli di tempo, sto tentando disperatamente di insegnare ai miei figli il napoletano.

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