Un anno fa, dopo che in Tunisia era scoppiata una rivoluzione e in Libia una guerra civile, su una piccola isola nel Canale di Sicilia cominciarono a sbarcare su imbarcazioni fatiscenti migliaia di migranti africani in fuga. In poche settimane su quell’isola italiana più vicina al Nord Africa che alla Sicilia, abitata da circa cinquemila abitanti, si riversarono più del doppio di tunisini, libici, algerini, egiziani, sudanesi, ma anche eritrei, somali, ghanesi e altre nazionalità, tutti in cerca di una “terra promessa”.
Chissà quanti, il numero preciso non lo sapremo mai, annegarono nei naufragi o morirono di stenti in imbarcazioni in avaria mai soccorse.
Questa tragedia che segnerà la vita non solo di quei migranti e refugiati, ma anche degli abitanti di Lampedusa così come dei soccoritori, dei volontari, dei giornalisti accorsi in quei giorni nell’isola, è stata raccontata nel libro di Laura Bastianetto e Tommaso Della Longa “Lampedusa: Cronache dall’isola che non c’è” (edizioni ensemble, 2011). Entrambi giornalisti ma che a Lampedusa in quei giorni agivano da volontari della Croce Rossa, Laura e Tommaso hanno raccontato quello che hanno visto e sentito col metodo efficace che chiameremo del “fantastico verismo”. Scrivendo cioè un romanzo in cui il racconto immaginato trasposta il lettore nell’assoluta realtà di quei giorni. I due co-autori riescono così ancor meglio che con la formula del reportage giornalistico, in 130 pagine a scavare nell’animo di quei personaggi riportando in superfice i sentimenti di chi in quei giorni veniva salvato, di chi salvava e anche di tutti coloro che a salvarsi non ci riuscirono. E con il cuore in gola, anche il lettore sente battere lo stato d’animo di quella umanità che proprio in quell’isola alla fine compie il miracolo dell’essere più unita e solidale che mai, nonostante quei ruoli così diversi recitati da protagonisti veri e “immaginati”. Bastianetto e Della Longa ci hanno concesso questa intervista.
In foto, Tommaso Della Longa e Laura Bastianetto
Quando siete arrivati e quanto tempo vi siete fermati a Lampedusa?
LB: «Io sono arrivata come volontaria della Croce Rossa a fine marzo 2011, nel giorno in cui la macchina organizzativa finalmente ha cominciato a funzionare e sono rimasta a Lampedusa per 15 giorni circa con sbarchi incessanti, almeno 3 o 4 al giorno».
TDL: «Sono arrivato a febbraio 2011 quando è iniziata l’emergenza e sono rimasto sull’isola per due mesi e mezzo. Il mio compito, come portavoce di Croce Rossa, era quello di curare le relazioni con i media nazionali e internazionali e le relazioni istituzionali. Quando i numeri di migranti in arrivo sono saliti vertiginosamente nel giro di poche ore e la CRI era l’unica organizzazione presente 24 ore su 24 sul molo della stazione marittima con la ‘collina della vergogna’ alle spalle, ho fatto tutto quello che era necessario: c’era bisogno di tutto e di tutti».
Il vostro libro racconta 15 storie vissute dai diversi protagonisti. Il racconto è sempre in prima persona, con ogni capitolo dedicato ai pensieri di uno dei vari personaggi del libro – il poliziotto, il medico, il volontario, il pescatore, l’immigrato, l’ufficiale di marina, il naufrago, la bambina annegata, l’immigrata incinta, la tabaccaia in cerca d’amore tra i rifugiati, l’anarchico, il giornalista fotografo… -. Ma sono tutti personaggi veramente esistiti, caratteri che voi avete veramente conosciuto o sono inventati? Tra questi, c’è pure una tartaruga…
LB&TDL: «Sono tutti personaggi che traggono ispirazione da persone realmente incontrate sull’isola. Abbiamo deciso di raccontare quell’esperienza dando voce ai protagonisti di Lampedusa di quei mesi. Ogni personaggio, attraverso il flusso di coscienza, racconta quel preciso momento e tutta la sua storia e nei capitoli finali le storie si intrecciano. La forma della narrativa lascia spazio alla libertà e alla fantasia. Ecco perché tra i personaggi c’è anche una piccola tartaruga, caretta caretta, tipica dell’isola. Ci è venuta in mente perché a Lampedusa c’è anche un centro di cura per queste bellissime tartarughe che spesso presentano menomazioni allezampe. Vengono prese dal mare, curate nel centro e poi rimesse nel loro habitat naturale. Abbiamo cercato d’immaginare i viaggi dei migranti con gli occhi di una piccola tartaruga, l’unica forse che realmente assiste alla tragedia delle morti in mare di tutti i migranti che non riescono ad arrivare a destinazione».
La collina della vergogna: di chi è la colpa? Ad un certo punto uno dei protagonisti, mi sembra un poliziotto, impreca allo stato italiano che permette una vergogna del genere…
LB&TDL: «Non esistono colpe singole. Prima di tutto c’è un sistema europeo che non ha funzionato o meglio ha risposto con frontiere chiuse, barconi allontanati e molto poco spirito europeo e di unità. Poi c’è stata l’Italia che si è trovata da sola ad affrontare la questione dei flussi migratori e una classe politica che forse ha in qualche modo rallentato lo svuotamento dell’isola per creare un problema politico, peccato che l’abbiano fatto sulla pelle dei migranti e della comunità lampedusana. Va però sottolineato che, comunque sia, il sistema Italia di risposta all’emergenza, formato dalle associazioni di volontariato e dalle istituzioni che hanno accolto in ‘terraferma’ i migranti, ha funzionato e ha dato una grande e importante risposta umanitaria».
Il libro è un racconto senza filtri, fate parlare direttamente i personaggi, che pensano in prima persona. Immaginate quello che potrebbe pensare un immigrato dentro un barcone che sta affondando o un volontario che cerca di salvarli, e leggendo il racconto “immaginato” sembra veramente di attraversare la mente di tutti questi uomini, donne e bambini, figure sfortunate e allo stesso tempo così eroiche, indomite. Insomma il lettore si ritrova dentro l’animo di tutti i personaggi del libro. Ma come potevate conoscere questi personaggi così nel profondo della loro anima? Parlavate così tanto con le persone a cui davate la prima accoglienza? Cosa vi raccontavano? Insomma quanto sono verosimili e quanto inventati certi pensieri?
LB&TDL: «Possiamo dire che sono tutti verosimili, alcuni totalmente veri. A Lampedusa abbiamo vissuto un’esperienza diretta, senza filtri. Lì non c’è tempo per creare sovrastrutture e barriere tra persone che si trovano a operare fianco a fianco sul molo per soccorrere delle altre persone che vengono da lontano, stremate dal viaggio. Noi eravamo quelli che tendevano le mani per farli scendere dai barconi, i primi che li accoglievano, che gli davano il ‘benvenuto in Europa’. Ecco perché siamo riusciti a entrare nelle teste e nei cuori dei personaggi che raccontiamo».
Lo Stato italiano e soprattuto il governo Berlusconi, come si è comportato? Cosa avrebbe potuto e dovuto fare secondo voi?
LB&TDL: «Sicuramente evitare la ‘collina della vergogna’: è imperdonabile aver accolto degli esseri umani senza dargli nulla, senza un riparo, senza acqua corrente. Forse poi tutta la politica italiana, da sinistra a destra, dovrebbe smetterla di fare polemica sulla pelle dei migranti, capendo finalmente che la questione dei flussi va governata e non va fatta diventare solo una questione di mera polemica politica».
Ad un certo punto, un militare della marina nel suo racconto dice che invece di eseguire gli ordini da Roma per i respingimenti, lui e i suoi colleghi facevano finta che le radio delle loro navi fossero guaste e che insomma non potessero eseguire certi ordini pur di salvare altre vite. Ma è stato proprio così? I militari italiani hanno salvato vite al largo di Lampedusa e anche di Malta, nonostante gli ordini ricevuti che avrebbero ingigantito la tragedia?
LB&TDL: «Sì è proprio così. La capitaneria di porto è un fiore all’occhiello per l’Italia ed è un corpo di cui tutti quanti dovremmo essere orgogliosi. In tantissimi casi hanno messo a rischio anche la loro stessa vita per salvare quella dei migranti. E in molti casi sono intervenuti in acque maltesi per fare quello che la marina locale non faceva, anche se questo non verrà mai confermato ufficialmente».
Malta non soccorreva i naufraghi o i barconi in difficoltà? E le Nazioni Unite, sono state presenti durante la grande crisi degli sbarchi? Vi hanno aiutato?
LB&TDL: «Sono i fatti che parlano. E gli appelli dell’Italia all’Europa sono un dato di fatto. Insieme a noi erano sempre presenti i colleghi dell’Unhcr e il lavoro di squadra è stato fondamentale per rispondere all’emergenza».
Leggendo il libro, i lampedusani ne escono bene. Sicuramente non sono dei razzisti come invece appaiono in altri media. Quale è stato secondo voi il maggiore pregio degli abitanti di Lampedusa di fronte a questa tragedia? E il difetto?
LB&TDL: «I lampedusani hanno sempre mantenuto un profilo solidale di una comunità piccola, piccolissima, che era ovviamente stremata dall’emergenza continua. Loro ce l’avevano con lo Stato, non con i migranti. Il maggior pregio è il grande cuore dimostrato. Il difetto forse in alcuni casi la tendenza tutta isolana di chiudersi in se stessi e sentirsi un corpo isolato. Anche se in questo l’Italia da’ loro una mano, visto che di Lampedusa se ne parla solo per il mare tre mesi all’anno e durante le emergenze sbarchi. Per il resto è un’isola che non c’è, ovvero abbandonata a sé stessa».
Lampedusa, l’isola che non c’è. La chiamano così diversi personaggi del vostro libro. Perché?
LB&TDL. «C’è un negozio su via Roma (la via principale dell’isola) che si chiama proprio ‘l’isola che non c’è’. Abbiamo scelto questo titolo perché Lampedusa è un’isola che esiste 3 mesi l’anno quando ci si ricorda del mare e delle sue bellezze naturali. Poi però scompare, non arrivano neanche i giornali e lo Stato italiano si dimentica di questo lembo di terra».
La religiosità dei migranti è molto forte e presente nel libro. Il loro dialogo con Dio sembra tenerli in vita fino all’ultimo. E così, il coraggio per far affrontare ai migranti un viaggio simile viene anche dalla loro fede?
LB&TDL. «La disperazione e la voglia di trovare un posto sicuro fanno fare qualsiasi cosa, anche rischiare un viaggio di questo tipo. Poi certamente la componente religiosa aiuta molti migranti. Normalmente sui barconi si trovano magari persone che invocano tutti insieme dio, anche se le religioni sono diverse. Un momento di forza e unità».
Cosa si impara di più nel vivere una tragedia simile? Il libro è stato forse per voi, che l’avete vissuto da volontari della Croce Rossa, un modo per uscire da un incubo? Come andare in analisi dopo un terribile shock?
LB&TDL: «Il libro ci ha sicuramente aiutato a farci sfogare, a far uscire fuori molte delle cose che ci tenevamo dentro. L’esperienza lampedusana ci ha lasciato però tantissimo, sia come lezioni di vita sia come bellezza di un’isola che non può non rimanerti nel cuore».
Tornerete a Lampedusa?
LB&TDL: «Speriamo presto anche per presentare il nostro libro lì dov’è stato concepito».