Il familismo nel nostro paese è così radicato nella cultura popolare che chi lo pratica assiduamente neanche se ne rende conto oppure non vuole rendersene conto o ancora peggio trova naturale praticarlo. La prova sono le elezioni amministrative che si stanno svolgendo in molti comuni d’Italia. Sono proliferate come funghi le liste civiche nelle quali spesso si riciclano i vecchi volponi della politica.
Questi, dopo aver usufruito dei privilegi derivanti dall’appartenenza ai partiti, ora che quest’ultimi sono caduti giustamente in disgrazia presso l’opinione pubblica per gli scandali ben noti, fuggono a gambe levate. Gente colpevole di aver praticato una politica allegra sul piano economico e clientelare sul piano amministrativo parla di rinnovamento come se le criticità del sistema fossero da attribuire ad altri. Una bella faccia tosta.
La gente, il popolo, gli elettori, come li si voglia chiamare, cosa fanno?
Ci si aspetterebbe una reazione politica oltre che etica, un rifiuto a votare per chi ha gettato le basi del disastro ed invece no. Basta che il vecchio volpone inserisca nella sua lista, dopo aver individuato grossi nuclei familiari, un parente del capofamiglia e il gioco è fatto. Gli elettori mentre criticano il vecchio volpone si giustificano, incassano il collo nelle spalle con un gesto di per sé eloquente, affermando con assoluta naturalezza: “ Hai ragione ma c’è mio cugino o mio fratello o il mio consuocero come faccio a non votarlo?” L’analisi dei programmi, i progetti dei vari candidati non interessano affatto o interessano assai poco. Il vero scopo degli elettori è quello di avere l’amico o il parente nell’amministrazione pubblica per poter usufruire di un percorso pre ferenziale. A costoro le regole, la legalità, appaiono solo intralci. Altrimenti come avrebbe potuto Berlusconi governare per quasi un ventennio?
Tra qualche settimana tutto tornerà come prima: la gente continuerà a lamentarsi criticando la classe politica come se questa fosse uscita dal cappello a cilindro di un prestigiatore e non dalle schede elettorali. I pochi liberi elettori saranno costretti sempre più ad arroccarsi in una sorta di esilio intellettuale, di estraneità al sistema. Fino a qualche tempo fa il cancro del familismo lo si individuava soprattutto nell’Italia del Centro-Sud, patria del collaudatissimo familismo mafioso ma da quando sono venuti a galla gli intrallazzi della Lega Nord c’è da constatare che l’atteggiamento familistico è connotativo di tutta la penisola. Figli, amici, parenti ecc. tutti a succhiare alla grande mammella della cosa pubblica come se questa fosse una sorgente inesauribile di denaro. La gente comune mentre mostra di indignarsi alla fine accetta anche il furto in nome della famiglia. In fondo Bossi cosa ha fatto? Ha voluto sistemare i figli. E chi non vuole sistemare i figli? E’ per amore che si ruba, è per rispetto che si ubbidisce senza fiatare al capo clan di turno. In nome della famiglia tutto si perdona, tutto deve essere dimenticato e giustificato.
Almeno in passato il capo famiglia, il boss, il presidente o segretario di un partito assumevano su di sé le responsabilità dell’errore, del delitto, dello scandalo. Ora non più. Il segretario del partito dice di essere all’oscuro di ciò che ha fatto il tesoriere, il boss nega di essere il mandante del delitto, il capo famiglia lamenta di essere vittima dei figli. E la responsabilità di chi è? Nessuno lo sa.
Per tacitare i sudditi si fanno volare gli stracci: il figlio si dimette, il delinquente scappa, il mariuolo patteggia mentre i responsabili continuano a sedere sul trono consapevoli di aver a che fare neanche con dei sudditi, che già sarebbe qualcosa, bensì con dei servi pronti a chinare la schiena, a tendere la mano per il favore o l’elemosina di rito.