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INTERVISTA A CESARE MARIA RAGAGLINI/ Privilegiati perchè credibili

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
L'ambasciatore Cesare Maria Ragaglini [foto, Stefano Marrella]

L'ambasciatore Cesare Maria Ragaglini [foto, Stefano Marrella]

Time: 7 mins read

Anche il ministro del Lavoro Elsa Fornero era arrivata questa settimana al Palazzo di Vetro dell’ONU, per portare avanti la campagna per un voto dell’Assemblea Generale contro le Fgm, le mutilazioni genitali femminili, una pratica crudele che in Africa e non solo, sta segnando nella sofferenza per sempre la vita di almeno 30 milioni di donne. Martedì il ministro Fornero ha poi presentato in conferenza stampa, con accanto la cantante africana Angelique Kinjo, il concerto che si è tenuto la sera in una Assemblea Generale stracolma di diplomatici e funzionari scatenati a ballare il ritmo africano ascoltando la bellissima voce di Angelique, in un evento che sarà ritrasmesso da 50 televisioni nel mondo e che servirà a sensibilizzare l’opinione pubblica per difendere i diritti umani delle donne e abolire per sempre le Fgm.

L’italia, come anche la presenza del ministro Fornero e del vicepresidente del Senato Emma Bonino ha testimoniato, è il paese che ha cercato per primo e spinge di più per questa risoluzione dell’Onu contro le Fgm che dovrebbe essere votata ormai entro il 2012.

Abbiamo fatto il punto con il capo missione dell’Italia alle Nazioni Unite, l’ambasciatore Cesare Maria Ragaglini.

Ambasciatore Ragaglini, anche lei si è scatenato ballando al concerto martedì?

“Io normalmente non ballo, non mi piaceva neanche da ragazzo, però ieri sera devo dire che è stato coinvolgente. Sia per la straordinaria capacità di Angelique Kidjo di trascinare le folle con la sua musica, con la sua voce e soprattutto con la sua testimonianza di vita come ambasciatore dell’Unicef, e quindi devo dire che è stata una serata veramente eccezionale. Credo che sarà ricordata per tanti anni alle Nazioni Unite forse come una delle serate che ha abbinato la gioia di vivere, la festa, ad una causa veramente importante per tutte le donne e le bambine del mondo”.

 Forse solo a settembre, quando parla il presidente degli Stati Uniti, si vede un’Assemblea Generale così piena di gente…

“Mi dicevano nel backstage, i vari funzionari dell’Onu che sono qui da tempo immemorabile, di non aver mai visto l’Assemblea così piena per un evento”.

  Torniamo alle Fgm. Fino ad un anno fa era un argomento tabù. All’inizio ad impegnarsi c’era la Ong “Non c’è pace senza giustizia” fondata dall’attuale vicepresidente del Senato Emma Bonino. L’Italia è da tempo sensibile all’Onu sul fronte dei diritti umani, ricordiamo la campagna sulla moratoria sulla pena di morte che nel 2007 arrivò al primo voto nell’Assemblea generale.Mainquestebattagliel’Italiaèandataavanti ma piuttosto lentamente, perché i tempi della diplomazia sono lenti, anche se necessari. Adesso sulle Fgm siamo al traguardo, come ha detto il ministro Fornero la risoluzione dovrebbe essere votata entro l’anno. È proprio così?

“Prima di parlare della risoluzione io credo che sia importante fare un passo indietro. L’Italia innanzitutto, da molto tempo, ha fatto del rispetto dei diritti umani nel mondo una sua priorità di politica estera. E questa azione diplomatica si è svolta non solo alle Nazioni Unite ma in tutti i fori internazionali ai quali l’Italia partecipa. Per quanto riguarda le mutilazioni genitali femminili, è già due anni e mezzo che l’Italia è molto impegnata in questa questione che riguarda un numero considerevole di donne e di bambine in particolare in Africa. Riteniamo che sia una violazione dei diritti delle persone, riteniamo che queste persone debbano poter contare su di noi per poter sfuggire a questa pratica. Una pratica che ricordiamo è secolare, soprattuto in Africa. E quindi non è facile smantellare queste tradizioni ataviche. Lo si fa su due piani: il primo è quello politico diplomatico, che come dice lei è lento, però bisogna stare attenti. Essendo una questione così sensibile, che tocca la vita delle persone e delle comunità, noi non possiamo spingere arrivando dall’esterno per imporre una nostra visione”.

Può essere controproducente?

“Non può essere, lo è. La fretta è davvero cattivissima consigliera, soprattutto in un ambiente come le Nazioni Unite dove ci sono 192 paesi, dove l’azione diplomatica deve essere estremamente mirata, dove l’azione diplomatica deve seguire quello che sono le regole, altrimenti si ha l’effetto contrario. E in certi momenti l’abbiamo visto, come quando ci sono state delle spinte esterne che hanno provocato degli irrigidimenti e questo ci ha costretto a tornare di nuovo a parlare con i nostri amici africani. L’anno scorso ho visto quasi 45 ambasciatori africani per spiegare quale era l’azione dell’Italia. L’azione dell’Italia proprio perché rispetta questa ‘ownership’ dei paesi africani su questa questione, e noi non vogliamo imporre loro delle soluzioni o dei percorsi obbligati. Non vogliamo far loro fretta più di quanto sia necessario ma vogliamo sostenerli in questa loro lotta contro questa pratica. Perché i paesi africani non sono contrari, moltissimi hanno adottato una serie di misure legislative preventive e repressive. Ovviamente non sono sufficienti perché la cosa più importante è l’educazione, sono i programmi educativi, ed è per questo che l’Italia è uno dei maggiori finaziatori delle agenzie dell’Unicef che realizzano dei programmi veramente importanti ed efficaci con ottimi risultati in tutti questi paesi. Quindi l’azione diplomatica che noi abbiamo fatto è ceertamente un’azione che ha portato i suoi frutti. Non è stata facile, abbiamo dovuto avere molto pazienza, una estrema sensibilità, ma questo ha condotto poi piano piano i paesi africani a decidere loro stessi di presentare nel corso di questa sessione dell’Assemblea Generale una risoluzione che condanni le mutilazioni genitali femminili. Come altri successi che abbiamo raggiunto in queste tappe, noi comunque non lo consideriamo un punto di arrivo, ma sempre un punto di partenza. Perché il vero obiettivo che noi abbiamo non è quello della risoluzione in sé, che può avere la sua importanza ed è un catalizzatore sia dal punto di vista politico sia dal punto di vista finanziario per i donatori internazionale di aiutare le agenzie dell’ONU ad aiutare i paesi africani. Il vero obiettivo è quello dell’eliminazione della pratica., l’obiettivo finale”.

Alla conferenza al Church Center dell’Onu, con Michelle Bachelet, Fornero e Bonino, c’è stata una grande partecipazione di ministre africane che hanno parlato a cuore aperto. Ad un certo punto la rappresentante della Costa d’Avorio ha indicato un Imam, che si è alzato in piedi ed è stato applaudito, perché lui ogni settimana nella sua moschea condanna le Fgm, questo per sottolienare quando questa pratica non ha dei legami con la religione. Semmai, come ha detto anche la cantante Kidjo, è la povertà che influisce su queste pratiche. Infatti l’estrema povertà porta ignoranza e per sconfiggere le Fgm bisogna soprattuto aiutare certi popoli ad uscire dalla poverrtà estrema. In questi tempi di crisi, gli aiuti nei confronti dell’Africa diminuiranno?

“Nella circostanza che lei ha ricordato i paesi africani hanno soprattutto sottolineato con forza, in modo che tutti capissero, che sono i paesi africani che si devono occupare di questa questione. Sono i paesi africani che non devono essere tirati per la giacca. Che non devono essere messi in un angolo. Che non devono essere accusati singolarmente di questa pratica che avviene nei loro paesi. Ed è grazie a questo grande rispetto che noi abbiamo mostrato come governo italiano e come rappresentanza a New York verso questa sensibilità, che loro ci rispettano e ci riconoscono questo ruolo di leadership a sostegno della loro battaglia. Questa è la cosa fondamentale e spero che tutti l’abbiano capito, non solo in Italia ma anche all’estero. Perché questa non è una battaglia dove si combatte qualcuno contro qualcun altro. Questa è un’iniziativa volta a salvaguardare nel più breve tempo possibile, milione di bambine per far si che non abbiano queste mutilazioni che poi le rovinano per tutta la vita, non solo dal punto di vista psicologico ma anche sanitario. In quella circostanza, le ministre africane lo hanno ricordato con grande forza. Noi lo sapevamo già, ovviamente, perché abbiamo il polso della situazione e parliamo con tutte le persone con cui dobbiamo parlare, soprattutto parliamo con le persone che devono decidere. E questo ci ha permesso fin dall’inizio di avere un quadro chiarissimo della strategia da adottare. E il fatto che l’Italia abbia mantenuto questo profilo di leadership ma al tempo stesso un più basso profilo per lasciare agli africani un ruolo leader in questo argomento, ci rende degli interlocutori particolarmente privilegiati e soprattutto credibili. La risoluzione è sicuramente una tappa importante, perché una risoluzione all’Asemblea Generale, pur non avendo un carattere obbligatorio ha certamente un carattere morale molto forte. Le Nazioni Unite sono la più grande organizzazione mondiale che ha la maggiore legittimazione anche morale. Però ripeto è una tappa, non dobbiamo sovrastimare gli effetti di questa risoluzione, non è attraverso questa risoluzione che termineranno le mutilazioni genitali femminili. È un tassello di un mosaico che l’Italia insieme ad altri paesi africani ha messo faticosamente insieme, e mi lasci aggiungere, anche con grande intelligenza politica e diplomatica”.


Questa intervista è stata diffusa anche in video sul sito www.radioradicale.it

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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