La tragica vicenda della Costa Concordia coinvolge adesso anche gli USA. Il 27 gennaio, lo studio legale di New York Proner&Proner ha espresso la volontà di unirsi al Codacons, l’organizzazione italiana a tutela dei consumatori per istituire una class-action (o azione legale collettiva) contro la compagnia. Questa notizia, è stata immediatamente successiva al confronto tra Costa Crociere e le Associazioni dei Consumatori tenutosi presso la sede di ASTOI Confindustria Viaggi lo scorso Giovedì e che ha avuto come obiettivo principale trovare un accordo per il risarcimento dei passeggeri superstiti al naufragio.
Anche se lo scopo del meeting era evitare lungaggini e puntare ad una migliore soddisfazione dei sopravvissuti, ha fatto invece, arrabbiare molto, non solo i cittadini stranieri che viaggiavano sulla nave e che si sono rivolti immediatamente ai legali nel loro Paese d’origine, ma anche quelli italiani che hanno deciso di richiedere un risarcimento di gran lunga superiore rispetto a quello proposto dalla Costa stabilito con la cifra di 11mila euro a titolo di indennizzo e a copertura di danni subiti da ciascuna vittima.
Oltre a questo importo, la compagnia ha anche previsto il rimborso integrale del valore della crociera, dei transfer, ed eventuali spese di viaggio e mediche. Anche se la Costa Crociere voleva così evitare l’eventuale instaurazione di un giudizio, non c’è riuscita perché la Proner, come altri studi legali negli USA, ha già confermato la volontà di effettuare un’azione legale contro il capitano Francesco Schettino e la società. Mitchell Proner a capo dello studio di New York City, a seguito del comunicato stampa che descrive la risoluzione, ha dichiarato che il minimo che spetterebbe ad ogni passeggero si aggirerebbe intorno ai $160mila dollari.
L’avvocato statunitense ha anche messo in chiaro che coloro “che hanno subito danni fisici durante l’impatto della nave, così come i passeggeri che hanno perso un familiare, dovrebbero essere risarciti per centinaia di migliaia dollari”, sull’ammontare stabilito da Costa Crociere. Agli occhi dei legali USA, la Costa, quindi, dovrà sborsare molto di più e l’elemento su cui punteranno una volta entrati in giudizio nelle corti italiane sarà la negligenza mostrata dal capitano Schettino e dall’equipaggio nel minimizzare il rischio che i 4mila passeggeri della nave stavano correndo durante quelle drammatiche ore del naufragio. Come affermato sempre da Proner, “negli incidenti navali come quello della Costa Crociere, i passeggeri sono legati da termini legali al biglietto e nella maggior parte dei casi questi prevedono un limite di tempo molto ristretto, in cui i viaggiatori hanno la possibilità di fare causa alla società di riferimento, che negli USA invece è più lungo”. Nel caso delle vittime della Costa Concordia, il processo si terrà probabilmente nelle corti italiane.
Proner, però, ha ammesso di essere fiducioso nello sperare che le corti USA accettino prima o poi, un dibattimento di questo caso giudiziale, se non altro “per proteggere i diritti dei 120 cittadini americani sopravvissuti”, che si trovavano a bordo della Costa Concordia.
Secondo dati ufficiali, inoltre, un altro studio legale di New York che parteciperà alla class-action è il Napoli Bern Ripka Shkolnik, ed anche il Codacons ha annunciato che ne istituirà uno quanto prima, suggerendo ai superstiti di non accettare l’indennizzo proposto da Costa Crociere.
I consumatori italiani ad ogni modo, non sono nuovi alle class-action: già durante il crac Parmalat, infatti, la società raggiunse nel 2008 un accordo di transizione con l’azione collettiva istituita allora in USA presso il tribunale federale di New York. L’accordo prevedeva l’impegno della società italiana a far trasferire alla ’classe’ 10,5 milioni di sue azioni “in onnicomprensiva soddisfazione di qualsiasi pretesa fatta valere contro di essa dalla ’classe’ in qualunque parte del mondo”.
Parmalat inoltre al tempo assunse l’impegno di contribuire fino a un milione di euro per spese di notifica ai membri della ’classe’ e il solo annuncio di questa risoluzione, fece schizzare il titolo a piazza Affari, con un guadagno del 2,48%.Come si organizzeranno, quindi, nel caso di Costa Crociere Codacons e studi legali stranieri, per la creazione delle class-action? Quali sarebbero i pro e i contro di un’azione legale collettiva nella vicenda del naufragio?
Il meccanismo della class-action, introdotto in Italia nell’estate del 2009, è un percorso che prevede azioni legali identiche contro un soggetto comune da tutelare, e nel caso della Costa Concordia risulterebbe di complessa applicazione perché ogni passeggero ha subito un danno specifico e di maggiore o minore entità.
Uno dei vantaggi è che, tramite l’azione legale collettiva, gli utenti possono essere meglio tutelati: ad esempio, nelle cause contro aziende e multinazionali, poiché una sentenza favorevole in tal caso avrebbe effetto su tutti i soggetti che si trovano nella medesima situazione.
Ad esporre invece gli elementi contro ci ha già pensato uno dei legali di alcuni passeggeri della Costa Concordia, Stefano Bertone dello studio Ambrosio e Commodo di Torino, il quale ha affermato che le class-action costituirebbero "più che una tutela, uno svantaggio”. Le perplessità in merito all’eventuale ricorso ad un’azione legale collettiva, quindi, sono legate al fatto che i danni per i superstiti della Concordia, sono di differente entità: ci sono tra loro persone che hanno riportato danni fisici, altre che hanno perso solo il bagaglio ed altre ancora, infine, che hanno subìto la tragica perdita di un congiunto. La class-action in questo caso non permetterebbe di personalizzare i danni e i conseguenti risarcimenti soprattutto per chi non era sulla nave e ha perso un familiare – per chi, quindi, non si può definire effettivamente consumatore in quanto non era a bordo della Concordia.
La richiesta che proviene da tutti, comunque, è quella di un rimborso elevato per i superstiti. Secondo la BBC soltanto lo studio Proner si starebbe attualmente occupando di circa 110 richiedenti. Non solo, anche i membri dell’equipaggio si starebbero organizzando per fare causa alla società, uno di loro si sarebbe recentemente rivolto ad uno studio legale dell’Illinois (USA).
Come ha ricordato un membro della ADOC – uno dei gruppi a tutela dei consumatori – “questo accordo ha a che fare con 3000 passeggeri che provengono da 60 Paesi diversi, di cui circa 900 italiani”, sarà difficile tenere il dibattimento entro i confini dello Stato italiano.
*Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in esclusiva sull’appzine L’Indro ed è disponibile su www.lindro.it