L’Italia vista da qui comincia a far paura. Osservare la Sicilia bloccata per una settimana da lavoratori disperati, dà sensazioni ambivalenti: da un lato cresce l’orgoglio per i lavoratori di una terra che trovano per l’ennesima volta, nonostante secolari sconfitte, la forza di ribellarsi all’ingiustizia. I balzelli sulla benzina, arrivati ben oltre il limite della sopportazione per chi deve usare un camioncino per trasportare la frutta o un peschereccio per andare a pescare, ha portato i piccoli imprenditori-lavoratori-trasportatori a uscire per strada con “i forconi in mano”, un simbolo delle rivolte di altri tempi. Il ’forcone’ ricorda i contadini nei dipinti del Louvre che ritraggono le rivolte in Europa di secoli fa. Un simbolo rivoluzionario quindi, che indica che dall’altra parte non c’é piú un interlocutore da convincere ma un oppressore da cacciare.
Bloccare le vie di comunicazione per giorni puó essere considerata una forma di protesta legittima? Si puó protestare contro le tasse troppo alte calpestando la legge?
In realtá in Sicilia, come appare ora nel resto della penisola, si stanno usando metodi ’rivoluzionari’: il blocco delle vie di comunicazione di un paese non può essere considerato una forma di lotta sindacale, ma una rivolta vera e propria.
E’ forse partita una rivoluzione dalla Sicilia che si sta diffondendo nella penisola ma gli italiani e gli europei ancora non se ne sono accorti?
Qui negli Stati Uniti, per molto meno, sarebbero scattati gli arresti. Durante le giornate calde di ’Occupy Wall Street’, il movimento cercó ad un certo punto di bloccare la metropolitana di New York, fece dei tentativi sporadici, che fallirono subito perché la polizia cominció ad arrestare chi impediva agli altri cittadini di scendere in metropolitana occupando le vie di accesso delle stazioni. Anche bloccare il traffico sulla Broadway, marciando senza prima ricevere il permesso, ti metteva in manette immediatamente. La protesta puó essere visibile e rumorosa, ma in genere negli Stati Uniti quando comincia a impedire agli altri cittadini di andare al lavoro o comprare beni di prima necessitá, il corteo viene considerato una rivolta. E qui gli arresti scattano subito.
A scanso di equivoci: chi scrive crede che i ’forconi’ siciliani abbiano pienamente ragione nelle loro rivendicazioni. Non si capisce perché la benzina in Sicilia debba costare addirittura di piú che nel resto d’Italia, una assurditá dato che nell’isola avviene la raffinazione del 40% del petrolio consumato in Italia (oltre al fatto che il poco petrolio non importato dall’Italia arriva dalla Sicilia…) In Italia poi la benzina costa piú che nel resto d’Europa, nel paese cioé dove il trasporto delle merci avviene soprattutto per gomma invece che per ferrovia al contrario cioé che nel resto dell’Ue. Ecco che le accise che rendono il prezzo della benzina il piú alto nell’Unione Europea diventa proprio una beffa per tutti gli italiani, non solo per i trasportatori ma anche per via dei prezzi delle merci subiti poi da tutti i consumatori…
Ma si puó consentire quindi di arrivare ad usare forme di protesta da ’rivoluzione’?
Ricordate cosa successe in Europa nel 1848? Almeno l’espressione “e successe un ‘48’” dovrebbe agevolare a qualcuno la memoria, ma in pochi ricorderanno che le rivoluzioni che si espansero per tutte le maggiori cittá d’Europa, fecero i primi botti proprio in Sicilia, nel gennaio del 1848. Tutti si ricordano delle barricate nelle strade di Parigi, ma cinque mesi dopo iniziarono quelle di Palermo.
Il popolo siciliano é abituato a subire piú di altri l’ingiustizia, il suo limite di sopportazione é sempre stato piú alto, segnato com’è da secoli di dominazioni straniere e, proprio dal 1848 in poi, anche di oppressione mafiosa. Forse per questo quelle volte che i siciliani escono dal ’sonno’, non scelgono forme di protesta come gli altri, m,a come pentole a pressione, esplodono.
In Sicilia in questo momento, almeno dalla forme di protesta scelte , sembra che chi ha ’preso in mano il forcone’ non abbia piú nulla da perdere, non solo sul prezzo della benzina ma sulla sopravvivenza della propria attivitá e di sostentamento della propria famiglia. In piú, quando poi si sente puntare il dito contro dalla confindustria siciliana, che accusa ‘c’é la mafia dietro i manifestanti’, ecco che si esaspera ancora di piú la protesta di categorie di lavoratori che dalla mafia vengono semmai sfruttati e oppressi.
La situazione, almeno da qui, sembra esplosiva, quelli scelti sono metodi di lotta insurrezionali. Almeno da qui cosí appaiono. Il governo Monti e anche l’Europa, o almeno quel che resta ancora di quella Unita, forse hanno commesso degli errori di (sotto)valutazione. Attenti, potrebbero costare molto piú cari di quelle maledette tasse sulla benzina.
Questo articolo è stato precedentemente pubblicato sull’appzine L’INDRO ed è disponibile su www.lindro.it/