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January 27, 2011
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Giustizia a tutto Ocampo

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 9 mins read

Luis Moreno Ocampo, Procuratore della Corte Penale Internazionale


Giornate importanti all’Onu per l’evolversi delle relazioni internazionali soprattutto riguardo alla salvaguardia dei diritti umani. Tra i tanti incontri avvenuti questa settimana al Palazzo di Vetro, il momento culminante per le dichiarazioni rilasciate, è stato quello con l’argentino Luis Moreno Ocampo, il Procuratore del Tribunale Penale Internazionale.

Moreno Ocampo ha incontrato i giornalisti al Palazzo di Vetro martedì sera, diffondendo la buona notizia che la Francia aveva appena consegnato Callixte Mbarushimana, un leader dei ribelli ruandesi accusato di avere commesso crimini di Guerra e contro l’umanità nella Repubblica democratica del Congo.

Ocampo ha detto che questo “è un giorno cruciale per la giustizia, anche se dovremo provare in corte che Mbrarushimana è colpevole. Ma si è macchiato di crimini terribili, anche se negli anni 2009 -2010 era coinvolto nelle negoziazioni politiche, resta colpevole. Cioè” ha detto Ocampo, “Mbrarushimana è simile al nazista Heichman, che mandava i treni verso i campi di concentramento, perché anche se non uccidi direttamente, fai parte di quel crimine di genocidio. Mbrarushimana aveva ottenuto prima asilo politico in Francia, ma poi Parigi lo ha consegnato alla Corte penale internazionale dove verrà processato”.

Poi sono partite le domande dei giornalisti:

La prima domanda che abbiamo rivolto al magistrato Moreno Ocampo, è stata sul Sudan. Ricordiamo che il TPI ha spiccato un mandato di cattura per il presidente Sudanese Bashir.

Alcuni documenti americani di Wikileaks, rivelano che lei avrebbe trovato i soldi nascosti all’estero da Bashir. Nel recente referendum che probabilmente decreterà la secessione del Sud del Sudan, Bashir è stato a sorpresa molto accomodante, ha avuto per tutto il tempo parole di pace e solidarietà nei confronti del Sud. Questo atteggiamento di Bashir è in qualche modo influenzato dalla paura che lei gli possa congelare tutti i suoi soldi all’estero?

“C’è un mandato di cattura spiccato dalla Corte penale internazionale contro Bashir, per cinque crimini contro l’umanità, due per crimini di guerra, tre per genocidio” ha risposto Ocampo. “Per quanto riguarda i soldi fa parte del mio mandato cercarli” ha detto Ocampo. “Seguire quei soldi aiuta a capire chi è responsibile di certi crimini. Per commettere crimini enormi ci vogliono enormi quantità di denaro e cercare questi soldi aiuta a trovare i colpevoli. E poi scovando i soldi nascosti si possono risarcire le vittime di questi criminali”.

“Non posso confermare i cable che lei ha menzionato”, ci ha detto Ocampo riferendosi ai documenti americani pubblicati da Wikileaks “ma è vero che durante le nostre indagini abbiamo avuto diverse fonti che ci hanno detto che il Presidente Bashir ha diversi conti all’estero. I numeri erano diversi, qualcuno parlava di centinaia di milioni, altri parlano di miliardi di dollari, soldi che provengono dalla vendita del petrolio. Abbiamo chiesto la collaborazione di molti stati, ma non posso dire di più perché il tutto fa parte ancora delle indagini”.

Ocampo, rispondendo ad una domanda sulla Corea del Nord, ha spiegato come partono certe indagini: “Ogni cittadino del mondo mi può mandare una lettera. Così è avvenuto in Corea, con lettere arrivate da studenti e avvocati. È così che noi possiamo iniziare l’esaminazione preliminare per capire se è avvenuto un crimine che riguarda la nostra giurisdizione”.

Per quanto riguarda la Costa d’Avorio, Ocampo vede i classici segnali che fanno intravedere la possibilità di gravissimi crimini: “Ci sono stati dei discorsi pubblici che spingono alla violenza, i soldati di pace dell’Onu sono stati attaccati, ci sono diverse testimonianze di squadre della morte in azione nel paese”.

A chi gli chiedeva se egli potesse investigare per crimini contro l’umanità le uccisioni durante le manifestazioni in Tunisia, Ocampo ha risposto: “Io sono un procuratore dei 114 stati che hanno firmato il trattato internazionale, e la Tunisia non è uno di quei stati. Quindi a meno che il Consiglio di Sicurezza non mi dia l’incarico, o le autorità tunisine decidessero di firmare il trattato. Io non ho giurisdizione e non potrò intervenire”.

Ma c’è un grande ostacolo che non le consente di poter svolgere il suo lavoro? Qui Ocampo ha sfoggiato ottimismo:

“Noi riusciamo già a svolgere il nostro lavoro. Quando il Consiglio di sicurezza ci ha incaricato di investigare in Darfur, noi abbiamo potuto fare il nostro lavoro cominciando a raccogliere le prove. Non potevamo proteggere la gente del Darfur, ma abbiamo potuto finire le indagini e quindi poter spiccare i nostri mandati di cattura. Prima abbiamo fatto il mandato per Harun, il ministro dell’’interno, e poi quando abbiamo provato certi legami con Bashir sulle decisioni, abbiamo spiccato il mandato di cattura anche per il presidente. Arrestarli non fa parte del nostro lavoro, soprattutto quando si tratta di leader ancora in carica di uno stato. Non è il nostro compito, riguarda più il Consiglio di Sicurezza, è una sfida per tutta la comunità internazionale.

Con il Darfur si è creato un grande precedente, abbiamo avuto infatti per la prima volta il Consiglio di Sicurezza che chiede il nostro intervento. E da quel momento il Tribunale è intervenuto”.

A questo punto abbiamo chiesto: ma tecnicamente, come funziona il mandato di cattura? Sarà sempre valido e rispettato? E se le parti politiche si mettessero d’accordo? Che succederebbe al mandato? E poi se un soldato Onu si trovasse davanti uno dei ricercati, il procuratore si aspetta che l’arresti? La risposta di Ocampo ci ha chiarito un po’ di cose:

“No, l’Onu non può arrestare. La corte ha incaricato il consiglio di sicurezza di applicare il mandato. Cioè Bashir sara’ arrestato dai singoli stati, ovunque lui si troverà. Nel caso di Bashir è proprio complicato, dato che lui è protetto in Sudan. Ma anche negli Stati Uniti” ha quindi ricordato Ocampo, “fu complicato investigare Nixon, che da presidente licenziava chi lo investigava. Ma oggi non è più cosi, non puoi essere più un capo di stato e un criminale. La corte è permanente, e può attendere. Sarà solo una questione di tempo. Sono le vittime in Darfur che non possono più aspettare e non possono essere ignorate.”

Ma se scoppiasse la pace in Sudan, come sembra stia accandendo almeno nel Sud con il referendum, e poi al Consiglio di sicurezza mancasse l’appetito per arrestare Bashir? Non teme il magistrato internazionale che il presidente da lui accusato di genocidio non verrebbe più arrestato?

“Non ho niente di personale qui. Si tratta di una risoluzione del Consiglio di sicurezza . Questo non è solo il mio mandato di cattura, dieci giudici lo hanno visionato, questo è il mandato del Tribunale penale internazionale. Il mandato rimarrà valido per sempre, l’unica soluzione che resta al presidente Bashir è quella di venire a difendersi davanti alla Corte. Quindi tra un anno, o due alla fine Bashir dovrà confrontarsi con la giustizia. Non c’è alternativa a questo”.

“Il mondo oggi è cambiato” ha insistito Ocampo, “prima di me c’era qui Jack Lang che parlava di leggi e tribunali internazionali per meglio confrontarsi con il problema della pirateria internazionale, in Somalia come altrove. Questo è un nuovo mondo, un mondo che sta cercando di stabilire delle leggi per controllare dei grandi crimini che hanno degli effetti sulla comunità internazionale. Questo è un fatto, il mondo sta ormai andando verso questo nuovo modo di creare una giustizia internazionale. Nel mio paese 25 anni fa abbiamo messo sotto processo i generali, e allora sembrava una eccezione, invece adesso sarà la regola”. “Praticamente noi stiamo mettendo dei limiti alle persone che sono al potere” ha continuato Ocampo. “Noi investighiamo persone che sono ministri o anche presidenti, persone quindi che ancora mantengono tanto potere. E’ tutto un altro modo di confrontarsi con la giustizia internazionale, ma questa è la direzione dove il mondo sta andando”.

A questo punto un giornalista ha raccontato dell’episodio in cui l’ex ministro Sudanese e ora governatore Ahmad Mohammad Harun, ricercato dal Tribunale internazionale, ha usato un elicottero dell’Onu per i suoi spostamenti. Che ne pensa Moreno Ocampo?

“Abbiamo avuto delle conversazioni a riguardo. C’e’ uno standard di comportamento che l’Onu deve osservare nei suoi rapporti con chi è oggetto di un mandato di cattura del tribunale. Quindi stanno revisionando certe cose…”

Ma con che stato d’animo ha appreso questa notizia Ocampo? Il magistrato ha risposto: “Non ho stati d’animo a riguardo. Io ho soltanto doveri, non ho sentimenti”.

Noi giornalisti insistiamo: ogni volta che Bashir si è recato in un paese africano, lei ha posto la questione al Consiglio di Sicurezza, il presidente Sudanese doveva essere arrestato. Ora si viene a sapere che l’Onu trasporta in un suo elicottero un ministro Sudanese…

“Harun è ricercato dal tribunale e dovrebbe essere arrestato e messo in galera. Io mi occupo di cercare le prove per poi processare un criminale. Dovrete chiedere all’Onu e non a me di queste altre vicende.”.

Ma come è stato possibile che un ricercato dal tribunale internazionale per crimini di Guerra e contro l’umanità venga trasportato dai mezzi dell’Onu nei suoi spostamenti.?

“Ho chiesto all’Onu il perché di questo comportamento. Mi hanno informato che stanno rivedendo i loro regolamenti a riguardo. Ma io non ho nessun potere su questo, semmai siete voi giornalisti che lo avete nel controllare come avvengono certe situazioni”.

Ma potrà mai il procuratore Ocampo essere soddisfatto del suo lavoro fino a quando non vedrà il presidente Sudanese Bashir agli arresti?

“Ogni giorno, quando mi sveglio, penso a quello che è accaduto e accade in Darfur. So chi sta soffrendo e conosco bene la situazione. Quindi la mia proeccupazione è come fermare quei massacri. La vera vergogna è che noi ancora ignoriamo questi crimini che devono essere fermati, immediatamente.”

Abbiamo posto ad Ocampo anche una questione di grande attualità in Italia ma che sicuramente lo sta diventando anche a livello internazionale con il suo lavoro. Il potere politico crede di essere superiore a quello giudiziario, e che quindi spetti al potere degli eletti dal popolo sempre l’ultima parola e non ai magistrati. Ma nel caso della Corte penale internazionale si tratta del potere giudiziario che si confronta con il potere politico nel campo delle relazioni internazionali, uno scenario completamente nuovo di questo scontro tra politica e giustizia. Ocampo pensa che, nel suo lavoro di procuratore del tribunale penale internazionale, abbia abbastanza potere o che non ne ha ancora abbastanza?

“Come lei ha giustamente detto”, ci ha risposto, “questo è un campo completamente nuovo nelle relazione internazionali. Una corte criminale internazionale, con paesi dei cinque continenti che cercano di far rispettare la giustizia. In questo caso ho dei sentimenti a riguardo, ecco io mi sento un privilegiato per essere qui come procuratore del tribunale internazionale. Mi piace servire la giustizia per cose grandi. Mi piace cercare la giustizia per la povera gente. Mi piace cercare di fare giustizia per quelle grandi atrocità commesse nel mondo e di cui nessuno si prende cura, Mi sento quindi un privilegiato nell’avere accettato questo incarico.

Sette anni fa, quando questo incarico mi fu proposto, un mio collega ad Harvard mi disse che avrei dovuto rifiutare perché non sarei stato in grado di far nulla. Invece non è così, la corte internazionale fa indagini, emette mandati di cattura, porta a termine processi. E’ tutto in movimento. Mi sento un privilegiato di far parte di questa nuovo modo di confrontarsi e controllare la violenza criminale nel mondo”.

“Stiamo mettendo dei limiti a chi detiene il potere” ha continuato Ocampo ormai a ruota libera, “Ma sono limiti basilari: non si possono commettere crimini per raggiungere il potere o mantenerlo. Sono dei limiti per il potere, che era importante stabilire. Per questo mi sento un privilegiato nel portare a termine questo lavoro”.

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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