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February 13, 2018
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Cesare Romano: sull’Europa non si torna indietro, solo avanti contro i nazionalismi

Per il Prof. a Los Angeles candidato alla Camera per + Europa, la divisione in politica "é fra chi ha paura e vuole isolarsi e fra chi sceglie di integrarsi"

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Cesare Romano: sull’Europa non si torna indietro, solo avanti contro i nazionalismi
Time: 6 mins read

 Da quanti anni e perché vive all’estero? Perché ha deciso di candidarsi e perché con questa lista?

 “Sono partito da Milano nel 1992. Quattro anni di studi a Ginevra, in Svizzera, e poi 10 anni alla New York University. Vivo a Los Angeles dal 2006. Ho deciso di candidarmi perché sono preoccupato dal ritorno del nazionalismo e i suoi figli (protezionismo, razzismo, e discriminazione). La politica attiva non è mai stata una mia ambizione, ma se le persone oneste e preparate non scendono in campo e ci mettono la faccia, andrà tutto a rotoli. La prosperità italiana non può essere garantita a scapito dei vicini. L’Unione Europea, NATO e Nazioni Unite sono i tre scudi che ci hanno tenuto sicuri per 70 anni. Buttarli alle ortiche sarebbe un errore storico. Mi sono candidato con +Europa perché  è l’unico movimento politico in Italia che si opponga a gran voce al nazionalismo e alla chiusura della società e frontiere. Nel XXI secolo le categorie “destra” e “sinistra” non hanno piú senso. La divisione fondamentale in politica é fra chi ha paura e vuole isolarsi e fra chi non ha paura e sceglie di integrarsi. Questo si applica a tutto, dal livello personale a quello nazionale e internazionale. Noi siamo per una societá aperta, democratica e trasparente, dove si possono dare piú diritti a tutti senza toglierli a nessuno”.

 Quale considera il problema più immediato dell’Italia e come si dovrebbe affrontare?

 “Il problema più urgente dell’Italia è fermare la marea crescente del nazionalismo e localismo. Se il progetto europeo muore, facciamo un salto indietro di 70 anni. L’Unione Europea non è perfetta. Si può e si deve sicuramente migliorarla, ma dal di dentro. Il 4 marzo gli elettori possono mandare un messaggio forte alla politica italiana: sull’Europa non si torna indietro, solo avanti”.

 Quale problematica inerente gli interessi dei cittadini italiani residente all’estero, e in particolare in Nord-Centro America, considera la più urgente e cosa proporrebbe fin dal primo giorno dell’apertura dei lavori del Parlamento?

 “Sebbene sia felice che finalmente gli italiani nel mondo possano partecipare alla politica italiana  votando da casa, il come si fa è più una pantomima che l’esercizio di un diritto fondamentale. Il collegio elettorale è enorme. Raggiungere gli elettori, specialmente in una circoscrizione elettorale cosí ampia come l’America Settentrionale e Centrale, è giá difficilissimo. Aggiungi a questo la decisione di indire elezioni lampo, senza alcun bisogno, comprimendo la campagna elettorale all’estero in poco più di due settimane, e mi domando come si possa chiamare il processo democratico.  L’intera procedura va riveduta. Come minimo, bisogna introdurre il voto elettronico, con tutte le garanzie. Ci fidiamo dei Bitcoins e non siamo capaci di organizzare il voto elettronico sicuro? Ma servono anche migliori procedure di identità digitale, particolarmente per comunicare con l’amministrazione pubblica in Italia. Possiamo imparare molto dall’Estonia in questo campo”.

 Sarebbe disposto, e quanto, ad andare contro le decisioni del vostro partito qualora queste andassero a sfavore dei cittadini italiani all’estero? C’è una forza politica o un leader politico al quale lei non voterebbe mai la fiducia in Parlamento anche se il partito lo chiedesse?

“Non credo al vincolo di mandato. I parlamentari hanno una loro testa e coscienza. Sebbene si impegnino a seguire un programma di partito, chiunque conosca i processi della democrazia sa anche che il dissenso non solo è ammissibile ma è la linfa vitale della democrazia. Ho sempre pensato con la mia testa, nel privato e nella mia carriera accademica, e continuerò a farlo. Sono sicuro che il mio movimento non mi chiederà mai di appoggiare o votare per chi non accetta il nostro programma. Il PD lo ha giá fatto. Per gli altri, sta a loro cambiare musica”.

 Il Nord e Centro America sono una zona enorme, dal Canada al Messico e oltre, come pensa realmente di conoscere e rappresentare tutte le comunità di italiani che ci vivono? Non c’è il rischio di un distacco e di una vita “romana” lontana dai problemi di chi vi ha eletto?

 “Come giá detto, è impossibile rappresentare adeguatamente tutti gli Italiani dell’America Settentrionale e Centrale. Bisogna dividere la mappa in collegi più ragionevoli (es. USA Ovest, USA Est, Canada, Messico, Caraibi…). Non c’è pericolo che mi perda in una vita romana. Ho figli giovani a Los Angeles e una cattedra all’università. Sto bene in America ma credo il mio paese nativo abbia bisogno di una mano ora. Per qualche anno voleró piú del solito”.

 La lingua italiana è fra le più studiate al mondo (la quarta…), eppure le cattedre nelle università del Nord America diminuiscono… Cosa farebbe di concreto per promuoverla in modo migliore nel Nord e Centro America?

 “Dobbiamo far meglio e di più per vendere il paese Italia. Dobbbiamo migliorare il paese per far sí che diventi un’opzione andarci a vivere e lavorare per persone con alto livello di educazione. Se ce la facciamo, il numero di stranieri che vuole studiare italiano crescerà ancor di più. Altrimenti rimaniamo solo con quelli che studiano l’italiano per svago”.

Cosa vorrebbe che l’Italia imitasse dalla democrazia degli Stati Uniti (Canada, Messico, Repubblica Dominicana…)  e cosa invece vorrebbe che il vostro paese di residenza imparasse dal modo di far politica in Italia? 

“Credo che l’Italia debba invidiare agli Stati Uniti la stampa, che è sicuramente di un livello più alto e più competente di quella nostrana. Invece gli Stati Uniti dovrebbero andare a lezione di diplomazia dall’Italia. Il nostro paese ha un tradizione di eccellenza nel campo diplomatico. Siamo capaci di fare miracoli con poco peso politico e trovare accordi dove nessuno li immagina. Un po’ meno bastone e un po’ più di soft talk sarebbero di aiuto all’America”.

 C’è un personaggio storico italiano (nella politica come nella letteratura, arti, scienza…) al quale vorrebbe ispirarsi nei valori e nelle idee per la sua carriera in Parlamento?

 “Il personaggio storico Italiano che mi ha sempre ispirato di più è Marco Pannella. A parte le sue idee e battaglie per le libertá sociali e i diritti, e per l’Europa, Marco è stato per 60 in politica e non si è arricchito. Anzi, è morto più povero di quando è entrato in politica”.

 Cosa pensa delle problematiche sulla parità di genere? Gli abusi sessuali sulle donne: un problema urgente che necessita immediati interventi anche legislativi, oppure solo uno scandalo di Hollywood? E in Italia, è giunto forse il momento di eleggere un Presidente della Repubblica donna?

 “L’Italia ha ancora tanto da fare per migliorare la situazione delle donne. Mi spiace che la nostra lista abbia cinque uomini su sei candidati. Non dovrebbe essere cosí. Ci abbiamo provato ma quando la campagna elettorale lampo ti obbliga a trovare candidati subito, gente che è disposta a cambiare immediatamente e radicalmente la loro vita per anni, non èfacile trovare donne disponibili. La scelta é difficile per gli uomini, e diventa quasi impossibile per le donne. Non vedo l’ora di vedere la prima donna eletta a Presidente della Repubblica (e la seconda, terza e via cosí) e mi permetto di candidare la nostra Emma Bonino. Ci provammo agli inizi degli anni 2000, soli. Magari ci riusciremo alla prossima occasione”.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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