Sono Riccardo Gottardi, candidato in assemblea nazionale per la lista Bonaccini per le primarie del Partito Democratico in Nord America. Vivo negli Stati Uniti dal 2011 e a Philadelphia dal 2019, dove insegno Bioingegneria alla University of Pennsylvania e, in particolare, mi occupo di ricerca al Children’s Hospital di Philadelphia per aiutare i bambini affetti da problemi respiratori.
Sono sempre stato appassionato di politica e ho sempre lottato per i diritti civili, essendo stato co- presidente di ILGA Europe (la più grande Federazione Europea per i diritti LGBTQ+) e successivamente uno dei più giovani Segretari Nazionali di Arcigay Italia nel 2007.
La mia passione e il mio attivismo non si sono mai spenti e in occasione di un momento così fondamentale per il Partito Democratico, il più grande partito di centrosinistra italiano, ho deciso di dare tutto il mio appoggio a Stefano Bonaccini, che, a mio parere, è il candidato più concreto, più inclusivo, più unitario e quello che può davvero vantare risultati tangibili già ottenuti in ogni campo: lavoro, parità di genere, transizione energetica e nuove tecnologie, educazione, scuola e sanità.
Bonaccini nel suo libro “Il paese che vogliamo” descrive come i suoi mandati da Presidente della regione Emilia-Romagna abbiano segnato anni di crescita continua della regione in ogni settore. La regione vede ad esempio la maggioranza di donne lavoratrici in Italia, cosa che dimostra che asili e nidi funzionano bene, è la terza regione italiana per PIL e quella che è più cresciuta economicamente nonostante la pandemia. È anche la regione che esporta più di tutte, sia nel settore agroalimentare sia in quello automobilistico, essendo la patria dei marchi più famosi del mondo, da Lamborghini, a Ferrari a Ducati, che non delocalizzano e mantengono la loro produzione nella regione. Se l’Emilia-Romagna è terra di progresso e avanzamento, dal turismo alle nuove tecnologie, perché non portare questa buona pratica in tutta Italia? E Bonaccini è l’unico davvero in grado di farlo.
Bonaccini negli anni è venuto spesso qui in USA, concentrandosi su big data e rinnovabili.
A novembre, nella sede Innovit di San Francisco, in California, ha parlato con la vice governatrice Eleni Kounalakis per ampliare i rapporti su big-data tra California e Emilia-Roamagna e presentare il progetto del Tecnopolo di Bologna, dove e’ stato realizzato il super computer Leonardo, tra i cinque piu’ potenti al mondo, che monitorerà fra le altre cose il clima, il cambiamento climatico, e l’agricoltura sostenibile. Bonaccini dimostra sempre di fare “fatti” e non solo parole, visto che nel 2015 aveva già aperto nella Silicon Valley un ufficio per sostenere i giovani imprenditori e le start-up innovative. L’Emilia-Romagna quindi, oltre che Food Valley con i suoi prodotti DOP e IGP e Motor Valley, diventa con Bonaccini anche Data Valley, avendo nei giorni scorsi anche ricevuto l’ambasciatrice canadese Elissa Goldberg per aprire ad una collaborazione con il Canada su big data e intelligenza artificiale, oltre che industria agroalimentare e manifatturiera.

La mia formazione mi ha sempre portato ad unire ideali e sogni alla concretezza e capacità di realizzarli, fuggendo da posizioni solo ideologiche che spesso portano a divisioni. Bonaccini ha sempre parlato di inclusione, qualsiasi sia il risultato di queste primarie, perché il partito democratico nasce come unione di diverse anime, da quella più volta al passato a quella più volta al futuro, da quella più a sinistra a quella che trova il suo equilibrio nel centrosinistra e nell’inclusione del cattolicesimo progressista. Tutte queste diverse anime se smembrate, non farebbero che contribuire al rafforzamento di una destra che, pur divisa al suo interno, si presenta compatta alle elezioni, vincendo. Mi piace Bonaccini perché non piace solo nella ZTL dei centri metropolitani, ma perché è il primo dopo tantissimi anni ad essersi recato a Mirafiori, rischiando fischi, perché ha parlato sia con ex operai Ilva sia con piccoli imprenditori che vogliono lavorare onestamente. Mi piace perché il suo PD non sarà più “romanocentrico” ed eteroguidato da chi ha ancora parecchio potere, visto che ha promesso di aprire sedi importanti del partito anche a Milano e Napoli. Mi piace perché nella sua proposta per un nuovo PD ha dedicato un intero, lungo capitolo agli italiani all’estero come me, come noi, come risorse e come pilastri importanti per la rinascita del partito.
Mi piace perché pone l’attenzione sul finanziamento del servizio sanitario nazionale (la sanità pubblica dobbiamo tenercela stretta e potenziarla, lo dico proprio perché lavoro nel settore qui in USA) e sulla medicina territoriale, che con la pandemia ha mostrato tutti i suoi limiti ma anche la sua potenzialità ed importanza.
Sono altresì felice di essere in buona compagnia ad appoggiare Stefano Bonaccini: fra i tanti, sono con il maestro Francesco Guccini, il massimo cantautore italiano, con Alberto Bertoli, figlio di Pierangelo e cantautore, con Carlo Lucarelli, scrittore e presidente di una fondazione per le vittime di reati.
Ognuno di loro, infatti, conosce e apprezza Bonaccini personalmente. Lucarelli, ad esempio, lo appoggia da cittadino dell’Emilia-Romagna, perché ha triplicato i fondi per la cultura, cosa di cui abbiamo infinito bisogno. Mi vengono in mente proprio delle strofe di Guccini “non starò più a cercar parole che non trovo per dirti cose vecchie con il vestito nuovo” nei riguardi della candidatura che si oppone a Bonaccini, che ha dietro persone che sono da decenni nel partito come leader e che non hanno portato grandi risultati.
Mi vengono in mente anche altre bellissime parole dalla straordinaria canzone-poesia “Dio è morto” dove la delusione lascia il posto alla speranza “perché se Dio muore è per tre giorni e poi risorge”. Questo auguro al Partito Democratico: che possa risorgere più forte e coeso con Bonaccini, come un partito che non abbia bisogno di stampelle, ma che possa andare avanti e crescere, ritrovando il consenso e convincendo con unità e proposte concrete che rispondono ai bisogni del paese.