Vincenzo Odoguardi nasce in Italia, a Cosenza, il 2 marzo del 1964. Da 30 anni rappresenta un’eccellenza del Made in Italy nel mondo. Dopo il Master in Architettura presso l’Università di Liverpool e il Dottorato in Pianificazione Urbana presso la Northeastern University di Boston, si dedica a promuovere la Cultura Italiana all’estero, sostenendo i suoi connazionali sia come Presidente della Camera di Commercio che come Console Onorario d’Italia.
Da sempre vicino alle problematiche degli italiani all’estero, è stato uno dei fondatori del MAIE e oggi si candida al Senato nella Circoscrizione Estero – Ripartizione Nord e Centro America. “Il MAIE è l’unico movimento nato all’estero soltanto ed esclusivamente per le comunità italiane all’estero e in agenda ha soltanto i problemi delle comunità italiane nel mondo, non distoglie la sua attenzione da queste problematiche come fanno invece i partiti romani. La mia decisione di candidarmi è strettamente legata a queste caratteristiche del MAIE, non avrei potuto presentarmi con nessun altro partito che non rispettasse tali principi. Gli italiani all’estero vengono troppo spesso esclusi dai discorsi di Palazzo, quando invece meritano di essere riconosciuti e apprezzati per le loro potenzialità e ascoltati nelle loro necessità.”
Qual è secondo voi il problema più urgente dell’Italia e cosa proporreste per risolverlo?
“I problemi dell’Italia sono molti. Molti di questi provengono dal fatto che dovremmo ricordarci che i politici sono servitori degli italiani. Ciò significa che, in ordine di priorità, gli italiani precedono qualunque altra cosa, le problematiche degli italiani vengono prima di qualunque altra cosa. Quello che stiamo sperimentando, invece, è l’opposto: si vive in un clima di odio, l’uno contro l’altro, in cui l’obiettivo unico è quello di arrivare ad una posizione di potere. E in campagna elettorale si accentua ancora di più. Non credo sia questo il senso di essere servitore del popolo, che invece significa capire quali sono le problematiche e portarle avanti, in maniera congiunta, non disgiuntamente come si vede nella politica italiana”.
Il governo Draghi è stato un grande alleato degli Usa. Che posizione dovrà tener l’Italia nella prossima legislatura rispetto a Washington e nei confronti della guerra in Ucraina?
Per rispondere a questa domanda è fondamentale tenere in considerazione che gli USA sono da sempre stati alleati dell’Italia, dalla Seconda Guerra Mondiale in poi, anche se forse non nel modo in cui avremmo voluto. La politica italiana è sempre stata una politica che si è avvicinata a quella statunitense, anche se alcuni partiti non sono particolarmente d’accordo”.
Le regole e le modalità del voto per gli italiani all’estero vi soddisfano o il sistema dovrebbe essere cambiato ? E come?
Se parliamo di regole e modalità di voto per gli italiani all’estero apriamo un vaso di Pandora. Il voto per gli italiani all’estero è assolutamente antiquato, difficilissimo da gestire anche in termini logistici: non riesce a raggiungere il suo intento in una maniera soddisfacente. Le modalità di voto dovrebbero essere cambiate senza dubbio. L’ideale sarebbe farlo in una maniera più consona ai tempi moderni, che implichi la modalità elettronica, per esempio. Le proposte avanzate sono varie, ma nessun partito politico al governo le ha prese in considerazione. Di fatto, si tratta di uno dei punti che il MAIE ha inserito nella sua agenda”.
Pensate che l’istituzione del Com.It.Es (Comitato degli italiani all’estero) abbia bisogno di essere riformato per servire i cittadini in maniera efficiente?
“I Com.It.Es sono nati dopo che è stato soppresso il dipartimento per gli italiani nel mondo. Credo che l’ente che debba farsi davvero carico delle comunità italiane nel mondo debba essere il proprio Ministero, il Ministero per gli italiani nel mondo. Il Com.It.Es, così com’è gestito e organizzato, è del tutto innecessario per gli italiani all’estero, scalfisce soltanto la punta dell’iceberg di quelli che sono i problemi degli italiani all’estero, ma non arriva a soluzioni utili o effettive”.
Quali sono le vostre difficoltà in questa campagna elettorale? Oltre a La Voce di New York, ci sono state altre realtà istituzionali o private che hanno creato occasioni per farvi conoscere dai cittadini iscritti all’Aire che fra pochi giorni dovranno votare votare per voi?
“Le difficoltà di questa campagna sono state e sono tantissime. In primo luogo c’è quella di riuscire ad inviare e far recepire il messaggio alle comunità italiane che sono nel mondo, a causa del fatto che sono molto sparse sul territorio. Oltre La Voce di New York, nessuno ci ha invitato a prendere parte a un dibattito simile, così paritario. Sicuramente questa modalità allarga il potenziale bacino di utenza, dà una visibilità maggiore a tutti i candidati e lo fa attraverso un canale ufficiale e riconosciuto. In generale, la sensazione è che si continui a fare politica alla vecchia maniera, con i candidati che chiamano al voto, pensando all’individualismo della loro condizione, in quanto rappresentanti di un partito centrale a cui fanno riferimento. Al contrario noi chiamiamo a un voto che è per il Movimento, non per i singoli, ci consideriamo sempre un movimento, un’entità, un’associazione, un partito che è nato all’estero e per gli italiani all’estero. Questo è il messaggio diverso che vogliamo far arrivare ai nostri connazionali, nonostante le difficoltà di raggiungerli. C’è da dire che molte persone si sono allontanate dalla politica poiché insoddisfatte dal trattamento ricevuto; soprattutto tra gli italiani all’estero, che tendono a sentirsi proprio abbandonati dalle istituzioni. Ecco, il messaggio forte che dovrebbe passare attraverso qualunque mezzo, è che non è così, che gli italiani all’estero godono dello stesso rispetto, degli stessi diritti e delle stesse possibilità di chi risiede nel territorio nazionale. E questo vale tanto in campagna elettorale come tutto l’anno”.