Francesco Cacchioli, terzo di quattro figli, nasce a San Secondo Parmense nel 1984. Studia relazioni internazionali alla Statale di Milano, dove si laurea nel 2009 con una tesi sulla regolamentazione dei fondi sovrani.
Quelli universitari sono anni di impegno attivo nella vita politica: Francesco rappresenta a più riprese il corpo studentesco e collabora a numerose campagne elettorali.
Si Muove a New York per uno stage che diventerà a tutti gli effetti un lavoro, e Tecla – fidanzata di Francesco dai tempi dell’università – si trasferisce con lui un anno dopo. I due si sposano nell’autunno del 2012 e vanno a vivere nel quartiere di East Harlem, dove si impegnano in diversi progetti per sostenere la crescita personale di individui e gruppi in difficoltà (tra altre organizzazioni, Francesco collabora con Ergon, One City Mission e New York Encounter).
Nel 2022, Tecla e Francesco accettano una nuova importante sfida e prendono in affido Luke, un bambino nato da pochi giorni in condizioni di grave marginalità. “Su invito di amici mi candido con il terzo polo, con loro condivido la volontà di proporre una iniziativa politica nuova che superi un bipolarismo di veramente basso livello Dove, sulla proposta programmatica, prevale quasi sempre la denigrazione dell’avversario”.
Qual è secondo lei il problema più urgente dell’Italia e cosa proporreste per risolverlo?
“C’e’ un problema gigante di competitività, il piano del PNRR è un’occasione che non possiamo perdere in termini di digitalizzazione e snellimento della mostruosa macchina burocratica”.
Il governo Draghi è stato un grande alleato degli Usa. Che posizione dovrà tener l’Italia nella prossima legislatura rispetto a Washington e nei confronti della guerra in Ucraina?
“Siamo e dobbiamo restare atlantisti (pur nella libertà di indicare errori ed eventuali mancanze), non c’è altra via plausibile per il nostro paese e per la EU in generale”.
Le regole e le modalità del voto per gli italiani all’estero vi soddisfano o il sistema dovrebbe essere cambiato? E come?
“In generale penso sia un compromesso più che dignitoso. La possibilità di esprimere la preferenza e’ qualcosa che va salvaguardata e la competizione tra candidati di lista, al netto delle dinamiche interne, puo essere un volano virtuoso che spinge i candidati a fare bene e meglio!”
Pensate che l’istituzione del Com.It.Es (Comitato degli italiani all’estero) abbia bisogno di essere riformato per servire i cittadini in maniera efficiente?
“Assolutamente sì e penso non vi sia persona che, una volta capito il processo di elezione e di governo di chi è coinvolto nei Com.It.Es, non pensi la stessa cosa. In più vi è un evidente problema di mission, competenze e finanziamento senza la definizione dei quali è molto complesso poter realmente incidere nella realtà delle comunità”.
Quali sono le vostre difficoltà in questa campagna elettorale? Oltre a La Voce di New York, ci sono state altre realtà istituzionali o private che hanno creato occasioni per farvi conoscere dai cittadini iscritti all’Aire che fra poche giorni dovranno votare votare per voi?
“La difficoltà, se così vogliamo chiamarla, è relativa al pochissimo tempo concesso per questa campagna elettorale. Già alla data di pubblicazione di questo articolo la maggior parte degli aventi diritto avrà espresso la sua preferenza. Se pensiamo che le liste dei candidati sono state pubblicate meno di un mese fa, ecco che appare chiaro come queste elezioni siano state quanto meno affrettate. Rincuorante a mio avviso è la quantità di privati e associazioni che ci contattano su base giornaliera, segno che la politica è ancora, e il Ciel ne sia lodato, un tema di interesse e speranza”.