Un bracciante agricolo è morto cadendo dal tetto di un capannone industriale durante un raid dell’ICE in una fattoria legale dove si coltivava cannabis. Secondo quanto riferito dalla sua famiglia, l’uomo, immigrato senza documenti, è scivolato mentre cercava di fuggire dagli agenti federali che stavano eseguendo una retata contro i lavoratori irregolari.
Il blitz, avvenuto all’alba di sabato nella contea di Mendocino, in California, ha portato all’arresto di oltre 200 migranti e ha provocato scontri tra le forze dell’ordine e attivisti per i diritti dei lavoratori. Alcuni testimoni denunciano un uso eccessivo della forza da parte degli agenti e il panico generato tra i presenti. La morte del bracciante ha acceso l’indignazione e rinfocolato il dibattito nazionale sull’offensiva anti-immigrazione dell’amministrazione Trump.
Nel corso dei suoi comizi e interventi pubblici, il presidente Donald Trump ha definito gli immigrati irregolari “stupratori, ladri, assassini e pazzi criminali”, accusando l’amministrazione Biden di averli fatti entrare “deliberatamente” nel Paese per ragioni ideologiche. “Non sono venuti qui per cercare una vita migliore, sono venuti per distruggere le nostre comunità e mettere in pericolo i nostri figli”, ha dichiarato di recente. “Questa è un’invasione orchestrata dalla sinistra radicale.”
Queste parole hanno fornito la cornice retorica al vasto programma di deportazioni lanciato nel secondo mandato presidenziale, con l’obiettivo dichiarato di espellere un milione di migranti entro la fine dell’anno. Ma i dati raccontano una realtà ben diversa.
Secondo le statistiche più recenti, la stragrande maggioranza degli arrestati dall’ICE non ha alcuna condanna penale. Al 29 giugno, su 57.861 detenuti, oltre il 71% non aveva precedenti. Più di 27.000 non risultano coinvolti in alcun reato o accusa pendente. Solo il 6,9% dei condannati è stato riconosciuto colpevole di un reato violento.
Dati riservati ottenuti dal Cato Institute e confermati da una causa FOIA avviata dall’UCLA dimostrano che il 65% delle persone inserite nel sistema ICE nel 2025 non ha precedenti penali. E mentre la Casa Bianca insiste nel parlare di “pedofili e assassini”, la maggior parte dei reati registrati riguarda violazioni minori, amministrative o infrazioni stradali.
Eppure, l’apparato repressivo cresce. Dalla fine di maggio, scrive il Washington Post, gli arresti giornalieri sono esplosi, dopo che il vice capo di gabinetto Stephen Miller ha imposto una soglia minima di 3.000 arresti al giorno. A giugno, secondo il TRAC della Syracuse University, l’ICE ha registrato un nuovo record. Texas, Florida e California guidano la classifica, ma la Virginia ha visto un incremento del 400% rispetto allo stesso periodo del 2024.
Mentre Trump moltiplica gli attacchi verbali e alza i toni, gli studi continuano a smentire la narrazione ufficiale. Il National Bureau of Economic Research ha dimostrato che gli immigrati hanno storicamente tassi di criminalità inferiori rispetto ai cittadini statunitensi. “Non ci sono prove che colleghino l’aumento della criminalità all’immigrazione irregolare”, afferma a Fortune magazine Lauren-Brooke Eisen del Brennan Center.
Nel frattempo, il volto umano della repressione è quello del bracciante caduto dal tetto, mentre cercava di sfuggire agli agenti. Un lavoratore, non un criminale. Un uomo che coltivava cannabis in un’azienda legale, morto mentre tentava di guadagnarsi da vivere.
“Quello che stiamo vedendo – denuncia Eisen – non è una strategia per la sicurezza pubblica, ma una campagna ideologica e punitiva. E il prezzo, troppo spesso, lo pagano gli innocenti.”