Con una cerimonia nello Studio Ovale, il presidente Donald Trump ha ufficialmente ringraziato Elon Musk per il servizio reso come capo del Dipartimento per l’Efficienza del Governo (DOGE), ricoperto dal 25 gennaio al 28 maggio.
Trump ha definito Musk “uno dei più grandi imprenditori e innovatori della storia moderna” e gli ha simbolicamente consegnato una chiave d’oro della Casa Bianca, elogiandone il contributo alla riforma della macchina burocratica federale.
Il mandato di Musk si è tuttavia concluso in un clima controverso. Nelle stesse ore, il New York Times ha pubblicato un’inchiesta che solleva interrogativi sull’uso da parte del CEO di Tesla di sostanze psicotrope durante il suo incarico, tra cui ketamina, MDMA e psilocibina. Secondo il giornale, tali episodi sarebbero avvenuti anche durante la campagna elettorale, quando l’uomo più ricco del mondo forniva supporto strategico al team di Trump.
A questi aspetti si aggiungono tensioni interne alla sua azienda: il consiglio di amministrazione di Tesla è molto preoccupato per il suo coinvolgimento politico e per le ricadute sull’immagine del marchio, in un periodo in cui le vendite sono in calo e si sono verificati episodi di vandalismo contro le auto e presso alcune concessionarie.
Musk aveva promesso una drastica riduzione della spesa pubblica, annunciando in un intervento al Conservative Political Action Conference un piano per tagliare fino a 2.000 miliardi di dollari in “sprechi e inefficienze”. Con molta teatralità sul palco di questa riunione dei repubblicani, aveva preso una motosega e tra coriandoli e fuochi d’artificio la brandiva per sottolineare i tagli che avrebbe fatto.
Tuttavia, i risultati effettivi sembrano molto inferiori alle aspettative. Il portale indipendente DOGE Tracker stima che i risparmi realizzati si aggirino intorno ai 16 miliardi di dollari, derivanti principalmente da tagli al personale. Il sito ufficiale DOGE.gov afferma invece che i risparmi ammontano a 148,7 miliardi, ma tali cifre sono contestate da diversi osservatori, che evidenziano come molti dei fondi “risparmiati” non fossero mai stati stanziati o derivassero da contratti non attivati.
Inoltre, il ruolo stesso del DOGE è stato oggetto di dibattito. Un giudice federale ha recentemente autorizzato l’avvio di un processo che mette in discussione l’autorità legale dell’ufficio e dello stesso Musk nel prendere decisioni operative a livello governativo.
A determinare l’uscita di Musk dal governo ha contribuito anche l’approvazione della nuova legge di bilancio, definita “One Big Beautiful Bill Act” dal presidente. Il piano prevede l’estensione dei tagli fiscali del 2017, maggiori investimenti nella sicurezza dei confini, tagli al programma Medicaid e l’eliminazione dei crediti fiscali per le energie rinnovabili e i veicoli elettrici. Questi ultimi due punti colpiscono direttamente Musk, la cui azienda Tesla ha beneficiato in larga parte degli incentivi fiscali previsti dall’Inflation Reduction Act dell’amministrazione Biden, in particolare il credito fino a 7.500 dollari per l’acquisto di auto elettriche nuove. Inoltre, la nuova politica commerciale prevede dazi sulle materie prime provenienti dalla Cina, cruciali per la produzione di batterie, il che potrebbe aumentare ancora i costi per i produttori di veicoli elettrici.
Thank you, @ElonMusk, for your selfless, patriotic service to our country.
Elon and the @DOGE team dug through the bureaucracy and shined a light on MASSIVE waste, fraud, and abuse.
They have saved the American people BILLIONS of dollars, and are updating old and inefficient… pic.twitter.com/t3LOXzlyPM
— Speaker Mike Johnson (@SpeakerJohnson) May 30, 2025
In un’intervista rilasciata a CBS Sunday Morning, Musk ha espresso il suo disaccordo con il bilancio, affermando: “Aumenta il deficit e mina il lavoro del DOGE. Mi trovo in una situazione difficile. Non voglio criticare l’Amministrazione, ma non posso assumermi la responsabilità di decisioni che non condivido.”
E così Musk, che aveva investito politicamente in Trump, si trova oggi con le spalle al muro, costretto a difendere un modello industriale che l’Amministrazione stessa rischia di azzerare.
Forse è il segno che l’innovazione tecnologica non può essere semplicemente trasferita al settore pubblico come se fosse una startup. Governare non è “ottimizzare un algoritmo” e la burocrazia non si smonta con un tweet o danzando con una motosega. Serve un senso delle istituzioni, un rispetto dei processi democratici e una visione che tenga conto della complessità sociale, non solo dell’efficienza dei costi.
L’uscita di scena di Musk è quindi emblematica: ha provato a portare lo stile Silicon Valley a Washington, ma ha scoperto che la politica, anche negli Stati Uniti di Donald Trump, è fatta di regole, limiti, compromessi. E soprattutto, responsabilità.