Il Partito Democratico non vuole cambiare. Nonostante la sonora sconfitta di novembre, in cui ha perso non solo la Casa Bianca, ma anche le maggioranze a Camera e Senato, la dirigenza del partito rimane sorda alle richieste di uno svecchiamento parlamentare.
Il leader della contestazione interna è David Hogg, attivista per il controllo delle armi, sopravvissuto alla sparatoria di Parkland del 2018, che solo due mesi fa è stato eletto come uno dei cinque vicepresidenti del Comitato Nazionale Democratico. Ma ora la leadership del partito lo vuole mandar via.
Il fatto è che Hogg chiede a gran voce che il Partito Democratico diventi più rappresentativo delle generazioni più giovani e dei lavoratori, accusando la leadership di aver perso il contatto con le preoccupazioni quotidiane degli elettori, come l’inflazione e l’accessibilità economica, e per aver ignorato l’importanza di attrarre alle urne un elettorato più giovane. È spietato con i parlamentari “senior” che accusa di essere più attaccati alle loro poltrone che non alle esigenze politiche del Paese. Tanto che, attraverso la sua organizzazione “Leaders We Deserve”, ha detto che investirà 20 milioni di dollari per sostenere candidati con idee nuove nelle primarie contro i membri anziani del partito “inefficaci” o “disconnessi” dalle esigenze attuali.
“Dormono in aula e nelle Commissioni durante i dibattiti”, afferma Hogg, accusando non solo i parlamentari che in aula si fanno il pisolino, ma anche la leadership che non li vuole sostituire perché teme che cambiando questi politici che hanno solide basi elettorali con altri candidati più giovani si rischia di perdere il seggio. Azioni che hanno generato tensioni significative all’interno del partito.
Il presidente del DNC, Ken Martin, ha chiesto a Hogg di firmare un impegno di neutralità nelle primarie o di dimettersi, sottolineando che i dirigenti del partito devono mantenere l’imparzialità per garantire un processo equo. Hogg sostiene che le azioni contro di lui sono motivate politicamente, derivanti dalla resistenza della leadership del partito alle sue proposte di riforma e al suo approccio diretto nel coinvolgere gli elettori più giovani. Il fatto è che ora la dirigenza del partito ha deciso di sostituirlo prendendo come scusa il ricorso della candidata battuta da Hogg alle elezioni interne del partito.
Una controversia che evidenzia le tensioni generazionali e ideologiche all’interno dei Democratici, soprattutto dopo le passate elezioni presidenziali in cui l’età avanzata di Joe Biden ha avuto un impatto significativo sulla sconfitta.

In questo clima di resa dei conti basato sull’età dei parlamentari è uscito in libreria Original Sin: President Biden’s Decline, Its Cover-up, and His Disastrous Choice to Run Again, scritto da Jake Tapper e Alex Thompson, che eviscera la decisione dell’ex presidente di ritirarsi dalla corsa elettorale solo a pochi mesi dalle elezioni, dopo un dibattito disastroso con Donald Trump. Un tentativo di insabbiamento delle reali condizioni fisiche e mentali di Joe Biden che non solo ha compromesso gravemente la campagna di Harris, definita un “incubo” da David Plouffe, ex consigliere di Obama e stratega per Harris, ma ha fatto perdere ai Democratici le maggioranze a Camera e Senato.
Le preoccupazioni di quanti avevano rapporti diretti con l’ex presidente riguardo alla sua salute fisica e mentale erano crescenti già dal 2022, con segnali di declino cognitivo e fisico, ma Biden e i suoi collaboratori erano più impegnati a nascondere questa realtà non considerando le conseguenze politiche che ne sarebbero scaturite.
Tapper, capo corrispondente a Washington per la CNN, e Thompson, corrispondente politico di Axios, hanno parlato con circa 200 persone per il libro, tra cui membri del Congresso e della Casa Bianca e membri attivi della campagna elettorale. Alcuni avevano lanciato l’allarme sulle capacità mentali di Biden e sui disperati sforzi dei suoi collaboratori e alleati per nascondere la vera entità del suo deterioramento mentre facevano i piani per la ristrutturazione della Casa Bianca in modo che Biden, una volta rieletto, si sarebbe potuto muovere su una sedia a rotelle. Nonostante ciò, l’entourage di Biden era irremovibile: non si doveva sapere nulla del declino mentale e fisico del presidente.
Fatti ampiamente dibattuti da David Hogg, che accusa la leadership democratica di aver fallito nel riconoscere e affrontare apertamente le limitazioni legate all’età di Biden, contribuendo così alla perdita di fiducia da parte degli elettori e alla sconfitta elettorale del 2024. In particolare, il giovane contestatore dem ha affermato che Biden condivide gran parte della responsabilità per la sconfitta elettorale, ma ha anche sottolineato che i suoi consiglieri e collaboratori avrebbero dovuto consigliargli di ritirarsi dalla corsa presidenziale. Secondo Hogg, questi individui hanno anteposto le proprie carriere politiche e convenienze personali agli interessi del Paese. E la stessa cosa sta ora facendo la leadership del partito nel coprire le inefficienze dei parlamentari anziani al Congresso.
Hogg ha anche criticato l’approccio del partito nel trattare le preoccupazioni degli elettori, accusandolo di essere disconnesso dalle reali preoccupazioni degli elettori e di aver trattato gli elettori come “bancomat” piuttosto che come esseri umani. “Serve una leadership nuova, non solo giovane di età, ma capace di dire cose vere anche quando sono scomode”, ha detto Hogg al Comitato Democratico che ora lo vuole mandar via.