Vuole indagare sui politici democratici diventati ricchi dopo essere entrati in politica. Nelle settimane scorse, in un incontro con gli elettori del Wisconsin in sostegno del candidato conservatore Brad Schimel, Elon Musk aveva annunciato che il Department Of Government Efficiency (DOGE) avrebbe lanciato un’indagine sulle fortune personali dei membri democratici del Congresso per sapere come i legislatori siano improvvisamente diventati milionari “guadagnando 200 mila dollari all’anno”.
Accuse lanciate in pubblico nominando la deputata Maxine Waters, il senatore Adam Schiff e il leader della minoranza del Senato Chuck Schumer che, secondo Musk, avrebbero avuto delle “strane” interazioni con l’agenzia federale USAID, smantellata dal DOGE.
“C’è una enorme quantità di corruzione”, ha detto Musk in Wisconsin all’incontro per Schimel, che poi, nonostante i 22 milioni di dollari donatigli dal miliardario della Tesla, è stato sconfitto dalla democratica progressista Susan Crowford. “Ma è una strada tortuosa. I soldi dei contribuenti vengono inviati a varie organizzazioni governative che, a loro volta, li mandano alle ONG, che esulano dal controllo federale. Quindi non sappiamo dove finiscono questi soldi. È un percorso intricato, ma voglio sottolineare che ci sono molti membri del Congresso che in modo strano e improvviso sono ricchi. Ora sto cercando di collegare i puntini su come lo sono diventati se guadagnano 200 mila dollari all’anno. Chissà come fanno ad avere 20 milioni di beni. Nessuno può spiegarlo. Cercheremo di capirlo”.
Elon Musk: “There is a massive amount of corruption… effectively there’s a giant fraud loophole where the government can send money to an NGO that is then no longer the government by the laws of the U.S., let’s just say there are a lot of strangely wealthy members of Congress..” pic.twitter.com/Gy2Q38o5hj
— America (@america) March 31, 2025
I commenti di Musk hanno poi avuto un seguito con un post su X in cui afferma che i parlamentari democratici avrebbero accumulato, dopo essere entrati in politica, un patrimonio netto collettivo di 439 milioni di dollari. Tanti soldi, ma una bazzecola se confrontati con i miliardi degli oligarchi americani entrati nella corte di Trump che si guardano bene dal raccontare come hanno fatto le loro fortune. E anche lo stesso capo della Casa Bianca, unico presidente negli ultimi 50 anni che non ha voluto rivelare volontariamente la sua dichiarazione dei redditi.
Musk si è alleato a doppio filo con Donald Trump, principalmente per promuovere i suoi interessi economici e influenzare le politiche governative in settori chiave come la tecnologia e l’energia, contribuendo alla campagna elettorale del presidente con circa 300 milioni di dollari. In cambio, il capo della Casa Bianca lo ha “promosso” come suo consigliere affidandogli la caccia agli sprechi. Un ruolo ibrido perché il consigliere… consiglia, ma non decide. Questo fatto ha creato un vuoto decisionale sui tagli e sulle indagini che vengono svolte per evitare a Musk l’esame del Senato. Infatti, se al DOGE fosse stata concessa l’autonomia operativa, sarebbe dovuto comparire davanti alle Commissioni per essere approvato. Così Musk decide, ma i licenziamenti li fa la Casa Bianca.
L’affondo di Musk sui democratici improvvisamente diventati ricchi ha suscitato reazioni contrastanti. Alcuni sostengono la necessità che il DOGE abbia una maggiore trasparenza, mentre altri vedono le azioni del miliardario come una distrazione per le critiche rivolte al Dipartimento stesso. Il deputato democratico John Larson nelle settimane scorse ha condannato Musk per non essersi presentato a un’audizione della Commissione Ways and Means della Camera riguardante l’accesso del DOGE ai dati personali dei cittadini americani. Pertanto, l’efficacia e l’imparzialità di tali indagini lasciano molti dubbi.
Inoltre Musk è accusato di essere partigiano nelle indagini che il DOGE sta svolgendo e, anche se lo scopo dichiarato è quello di ridurre le spese e la burocrazia federale, molto spesso invade altri campi che esulano la riduzione delle spese, tingendo di partigianeria gli obiettivi che si vogliono colpire. D’altronde i milioni di dollari donati giorni fa alla campagna elettorale del giudice conservatore in Wisconsin evidenziano il suo orientamento politico. Un finanziamento che sottolinea la precisa direzione degli obiettivi che lui vuole colpire. Una esuberanza politica esplosa durante la campagna elettorale di Trump quando prometteva, e donava, milioni di dollari ai partecipanti ai comizi del candidato repubblicano. Promesse però che secondo alcuni, alla fine non sono sempre state mantenute. Tanto che sia lui che il suo comitato di azione politica, America PAC, sono stati citati in giudizio da un elettore della Pennsylvania, identificato come “John Doe”, che accusa il patron della Tesla di non averlo pagato dopo che aveva raccolto le firme di centinaia di persone che avevano preso parte ad un comizio di Trump per una petizione a sostegno della libertà di parola e dei diritti sulle armi. In realtà era stato escogitato questo sistema per inserire i loro nomi alle liste elettorali, aggirando le leggi che proibiscono compensi a chi si registra per votare. Nell’atto di citazione si sostiene che Musk e l’America PAC devono più di 5 milioni di dollari a circa 100 persone.
Una vicenda questa che riporta alla mente la parabola del Vangelo del “Discorso della Montagna” quando Gesù si chiede: “Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?”. Ma la politica è così, pur di attaccare l’avversario politico si è ciechi, sordi e muti sulle magagne dei compagni di partito.