Toccata e fuga elettorale dei due candidati alle presidenziali negli Stati “altalena”. Kamala Harris è in Arizona, dove quattro anni fa è stata decretata la bruciante sconfitta elettorale di Donald Trump. E l’ex presidente vola in Michigan, da lui conquistato nel 2016 e perso nel 2020.
A poco più di 5 settimane dal 5 novembre i comizi dei candidati e gli incontri con i dirigenti locali dei rispettivi partiti diventano sempre più numerosi. Ma queste sono le elezioni: si fa di tutto per motivare gli elettori ad andare a votare perché negli Stati Uniti un americano su tre non ci va. Ed è anche per questo che nei comizi i toni sono aspri e carichi di demagogia, proprio per cercare di caricare un elettorato demotivato.
La candidata democratica, nel tentativo di respingere la sua passività di fronte all’immigrazione illegale, una delle più gravi vulnerabilità di cui Trump l’accusa, è andata prima a Douglas, un paese al confine con il Messico, e poi a Tucson, per colpire il suo rivale di aver fatto bloccare dai suoi seguaci alla Camera la proposta di legge bipartisan per rafforzare la sicurezza delle frontiere. “Trump – ha dichiarato Harris – aveva capito che si sarebbe risolto un problema sul quale lui voleva puntare la sua campagna elettorale e ha detto ai suoi di bocciare la legge bipartisan che avrebbe risolto gran parte del problema”.
A giugno, dopo che la legge è stata affossata al Congresso, Biden ha emesso un ordine esecutivo per respingere i migranti che entrano nel Paese illegalmente. Secondo i dati forniti dalla Homeland Security, gli attraversamenti degli illegali sono diminuiti. Harris ha detto che, se sarà eletta, ripresenterà il disegno di legge, moltiplicherà gli agenti di frontiera e rafforzerà le leggi sull’asilo. Ha pure ricordato agli elettori la sua esperienza come ex procuratrice contro i cartelli della droga e del contrabbando di esseri umani aggiungendo che è necessario fermare il flusso di fentanyl che entra negli Stati Uniti attraverso il confine con il Messico.
Da giorni in Arizona la campagna elettorale della candidata democratica manda in onda un annuncio pubblicitario che promuove queste proposte.
Da Walker, in Michigan, Trump si è fatto beffe di Harris, soprannominata la “zarina del confine” dell’amministrazione Biden per esserci andata in modo da “riscrivere gli ultimi 44 mesi di caos, criminalità e spargimento di sangue causati dalla sua politica”.
Poi Trump, che era andato alla FALK Production, una fabbrica di pannelli metallici, per parlare di economia e occupazione, ha accusato dirigenti e politici corrotti di aver portato il lavoro fuori dagli Stati Uniti. Si è quindi lanciato in uno sconclusionato discorso ribadendo le falsità sulle elezioni truccate, continuando a sostenere che le persone che chiedono asilo sono state rilasciate dai manicomi e ammettendo di non avere le prove di queste affermazioni. “Metterò al bando le città santuario nel mio primo giorno da Presidente”, ha detto riferendosi alle città a guida Democratica che hanno accolto i migranti mandati via dagli Stati conservatori, fra cui Texas e Florida. In serata, ha accusato Google di avvantaggiare Harris usando un sistema di rilevazione e visualizzazione che, secondo l’ex presidente, segnalerebbe solo storie negative sul suo conto, mentre evidenzierebbe solo immagini positive sulla campagna elettorale della candidata rivale. Quando vincerà le elezioni, chiederà che Google sia perseguita.
La portavoce della campagna di Trump, Karoline Leavitt, ha affermato che gli elettori sono “abbastanza intelligenti da rendersi conto che Kamala Harris è stata responsabile del confine per quattro anni e ha fallito”.
Ma, nonostante tutti i tentativi di screditare la sua avversaria, i sondaggi, giorno dopo giorno, mostrano come la vicepresidente lo abbia sorpassato in molti Stati. In Michigan il vantaggio di Harris è minimo, ma fino a due mesi fa Trump aveva 8 punti sopra Biden.
In un altro Stato “altalenante”, il North Carolina, che fino a una settimana fa vedeva l’ex presidente in vantaggio, ora c’è il caos politico, dopo che Mark Robinson, il candidato repubblicano alla carica di governatore sostenuto da Trump, si è autodefinito “nazista nero” in un sito porno. Dopo essere stato scoperto, Robinson ha dichiarato che le accuse erano state fabbricate con l’intelligenza artificiale, ma i suoi assistenti hanno confermato i suoi account online che lui usava con i nomi falsi e si sono dimessi. Ora si rifiuta di lasciare il suo incarico, nonostante l’establishment repubblicano lo abbia invitato ad abbandonare la corsa elettorale, pur sapendo che sono scaduti i termini per sostituirlo, perché temono che tutto il partito pagherà per le sue trasgressioni.
I democratici ovviamente stanno cavalcando lo scandalo, sia a livello locale che soprattutto nazionale, vista l’importanza del voto in North Carolina per la Casa Bianca. “Robinson esiste solo perché Donald Trump l’ha portato avanti e gli altri candidati in corsa nello Stato devono essere considerati responsabili per averlo sostenuto e aver partecipato alla sua intera campagna”, ha detto Josh Stein, il candidato democratico alla carica di governatore, attuale Attorney General dello Stato. Mentre la campagna di Harris ha subito realizzato uno spot con il montaggio di tutte le frasi di apprezzamento di Trump per Mark Robinson.