Con Ronald Reagan, l’America non negoziava il rilascio di ostaggi o prigionieri USA nelle mani di potenze o Paesi ostili. Non è completamente vero, ma ci provava per non apparire debole coi nemici.
Con lo straordinario scambio di prigionieri avvenuto ieri fra Russia e sette altri Paesi guidati dagli Stati Uniti, qualche cosa però è cambiato per sempre.
La diplomazia spregiudicata e multilaterale, lo sforzo di mesi alla fine hanno prevalso. Mettere sul piatto la libertà di assassini e terroristi condannati, con quella di cittadini trasformati in ostaggi politici è la nuova pragmatica equazione che si ripropone. La bilancia inuguale della geopolitica. Lo scambio di cyber criminali mercenari e spie con giornalisti, veterani, atleti o rock star sembra la nuova norma. Un valore umano da scambiare. Ma sempre meglio che minacciare con le atomiche.
Potrebbe succedere anche con Israele a Gaza e nei territori occupati, ma questo ancora non sta accadendo, anche se la triangolazione e il ribaltamento degli equilibri geopolitici potrebbero suggerire soluzioni insperate pure in Medio Oriente. Ma non succede perché per Israele, o meglio per Netanyahu e il suo governo di minoranza, detestato dal 73% degli israeliani, non esiste il valore umano. Il premier di Tel Aviv è isolato alle Nazioni Unite e nel resto del mondo. Non lo è mai stato così tanto e non ha più autenticamente la sponda degli Stati Uniti che mettono il veto alle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. Per paradosso, la Russia di Putin è molto meno isolata.
Il presidente Biden, dopo lo storico scambio di prigionieri con Mosca avvenuto ieri, ha chiamato Netanyahu al telefono nel tentativo di attivare un cessate il fuoco e il rilascio graduale degli ostaggi che ancora rimangono. Ma il leader israeliano non ha intenzione di cedere e nemmeno di accelerare una tregua temporanea di 6 settimane. Non lo sta facendo per Israele, ma per la sua sopravvivenza personale perché, se perde il controllo del governo, dovrà anche lui affrontare i tribunali israeliani e non sopravviverebbe politicamente. Non serve, però, il solito bambino per gridare “il re è nudo”. Netanyahu lo è da tempo. L’alleanza con la destra estrema israeliana e con i coloni venuti da Brooklyn che continuano a occupare i territori potrebbe avere i mesi contati, se non le settimane.
Bibi farebbe bene ad ascoltare il “vecchio Joe” che non ha più nulla da perdere alla Casa Bianca. Faciliti la tregua, faccia progressi nel rilascio degli ostaggi senza nuovi attacchi mirati a Hezbollah o a Gaza e non spenga un negoziato che adesso equivale davvero alla sua salvezza politica. Perché fino a che c’è trattativa c’è speranza. L’isolamento di Israele non è avvenuto per caso, ma è cresciuto nelle stragi sistematiche dei civili a Gaza e nel blocco irresponsabile delle provviste alimentari che marciscono ai cancelli. Non è colpa di nessun altro. L’America per la liberazione degli ostaggi in Russia ha cambiato strategie e ha chiesto aiuto agli alleati. Ma Netanyahu, gli alleati, li ha persi tutti.