I Democratici tornano a sognare e i Repubblicani cominciano a temere di perdere nuovamente la Casa Bianca.
A meno di 100 giorni dalle elezioni, la marcia di Kamala Harris per la nomination del partito ha preso una direzione che mette paura agli avversari politici: i soldi affluiscono in quantità record, più di 200 milioni di dollari in pochi giorni. I giovani fanno la fila per fare i volontari per la sua campagna elettorale. Per ora sono più di 170 mila e il numero continua ad aumentare. I sondaggi, dopo la rinuncia di Biden, vedono la popolarità della candidata democratica in pectore in crescita e in diminuzione quella di Donald Trump.
Per il candidato del GOP, con la rinuncia di Biden è venuto meno il suo punto di forza, che era l’età dell’anziano presidente. Ora è lui quello “vecchio”, leader di un partito preso in mano da una minoranza oscurantista, sordo alle richieste dei cambiamenti sociali che il Paese chiede. Proprio oggi in Iowa, dopo che la Corte Suprema ha abrogato la Roe v. Wade, è entrata in vigore una legge che vieta l’aborto dopo sei settimane di gravidanza. È il 22esimo Stato dell’Unione che ha varato misure restrittive sui diritti riproduttivi. E questo della scelta delle donne per la maternità è diventato il cavallo di battaglia elettorale di Harris che si è impegnata, se sarà eletta alla Casa Bianca, a firmare una legge che protegga l’accesso all’interruzione della maternità.
E, siccome i sondaggi mostrano l’improvvisa ascesa della candidata democratica, Trump risponde con gli insulti definendola “una accattona”, “una che non vorresti avere vicino in un ristorante“, “una pericolosa comunista”. Ha poi postato sul suo sito Truth Social cinque video di Mark Levin, uno dei suoi conduttori preferiti di Fox News, in cui definisce Harris una “rabbiosa comunista”, criticando le affermazioni della vicepresidente che in un discorso ha detto che ogni persona dovrebbe avere le stesse risorse per avere successo. Poi ieri sera in Minnesota, l’ex presidente è tornato di nuovo alla carica accusandola di essere “un’estremista liberale”, “una pazza della sinistra radicale”.
Insulti e accuse che mettono in evidenza i timori della consapevolezza che la strada non è più in discesa. I repubblicani sono all’improvviso spaventati e frustrati mentre iniziano ad accettare la nuova realtà dove la vittoria di Trump non è più una cosa certa. Alcuni conservatori di spicco hanno apertamente accusato il candidato repubblicano di aver fatto la scelta sbagliata prendendo JD Vance come vicepresidente, un senatore dell’Ohio poco influente nel partito, con meno di due anni di esperienza, quasi sempre in posizioni marginali, una storia ben documentata di dichiarazioni provocatorie e soprattutto senza portare in dote i delegati di uno Stato già dichiaratamente in favore di Trump. Meno di due settimane fa, alla Convention di Milwaukee, JD Vance aveva ricevuto un’enorme ovazione dai delegati.

“Siamo anni luce lontani dalla Convention”, ha detto il membro del Comitato nazionale repubblicano Henry Barbour, che solo una settimana fa aveva previsto che il GOP avrebbe vinto le elezioni il prossimo novembre. Ora non ne è più così sicuro. “È cambiato tutto – afferma all’Associated Press. – Con il ritiro di Biden, i Democratici ora hanno un candidato vero, capace di parlare, attaccare, convincere. Hanno un’arma. Non sono più sbandati. Hanno un leader da seguire”.
L’incredibile velocità con cui queste elezioni improvvisamente si sono trasformate evidenzia come nell’era Trump ci sia poca certezza ideologica e le previsioni sono spesso sbagliate.
Anche ora, la ritrovata fiducia dei Democratici potrebbe essere prematura. I primi sondaggi suggeriscono che Harris nella sfida a Trump parte da una posizione migliore rispetto a quella di Biden. Ma i numeri indicano anche una gara molto serrata in una nazione profondamente divisa con il candidato repubblicano che ancora ieri sera si è lanciato in un discorso in Minnesota accusando i Democratici di aver rubato le elezioni del 2020. Affermazioni non sostenute dai fatti, ma condivise da una larga parte, il 69%, degli elettori repubblicani.
Harris deve ancora scegliere il suo compagno di cordata. Lo annuncerà nei prossimi giorni prima che una valanga di avvisi pubblicitari, più di un miliardo di dollari, bombardino i teleutenti. Ora, con l’addio di Biden, entrambi i partiti, che sono ancora in fase preparativa, tentano di reinventare i loro slogan e studiano le loro politiche per acciuffare i 270 voti necessari per essere eletti alla Casa Bianca. Ed ecco che la scelta del compagno di ticket, fino a ieri poco importante, improvvisamente in base al calcolo dei voti elettorali, assume una logica differente da quella convenzionale.
Molti Democratici credono che la candidatura di Harris sia paragonabile a quella di Obama per il grande sostegno popolare che l’ex presidente ebbe nelle sue due elezioni. È ancora presto per dirlo anche se i segnali, i soldi e i volontari per ora ci sono.