Adesso c’è una donna al comando e ha già affiancato Donald Trump: per un sorpasso, bisognerà attendere qualche settimana. Senza esagerazione. Stanno per scattare i 100 giorni che cambieranno l’America. Sono già le elezioni più importanti, controverse, violente e incerte del secolo.
Kamala Harris, uscita dalle macerie di Joe Biden, anche secondo il Wall Street Journal, ha raggiunto e appaiato Donald Trump. Non c’è più un leader nella corsa alla presidenza. Si combatterà ora per ora, fino al 5 novembre, Stato per Stato, slogan contro slogan, dibattito contro dibattito – se il candidato GOP manterrà la parola per il 10 settembre.
In poco più di due settimane, un colpo di fucile ha quasi ucciso Trump e una rivolta di deputati e senatori Dem, visti i sondaggi in costante picchiata, ha messo sulla scrivania di Biden la lettera di rinuncia che a quel punto ”non poteva non firmare”, anteponendo gli interessi del partito e del Paese alle sue ambizioni personali.
Ma non è successo solo questo. Trump ha intenzione di tornare a Butler, in Pennsylvania, per completare il comizio fermato dal proiettile che “la mano di Dio” non ha reso mortale, mentre, dalle trincee fumanti di un Partito Democratico ridotto a brandelli e in piena guerra civile, l’endorsement immediato di Biden a Harris ha praticamente ricreato un’unità totale e lanciato la svolta dei 100 giorni nella quale i Democratici ormai non credevano più. C’è chi sostiene che se la mano di Dio ha salvato il candidato GOP, la stessa ha convinto il cattolico Biden a firmare la rinuncia, elevando Harris alla donna dei record, dalla raccolta fondi alla mobilitazione dei volontari, dallo spostamento del voto della gente nera e degli indo-asiatici all’entusiasmo dei giovani, esaltati dall’appoggio anche di Barack e Michelle Obama.
Nemmeno i più cinici e astuti strateghi di Trump lo avrebbero previsto. Tantomeno i litigiosi deputati e senatori del golpe contro Biden, che puntavano al suicidio di massa con una Convention aperta e sanguinaria a Chicago.
Ma cosa sta veramente succedendo dopo “l’intervento divino” nei due campi?
Per i cento giorni finali queste le formazioni: Donald Trump e JD Vance con i Repubblicani sono all’attacco. Le loro armi più frequenti: gli insulti diretti del candidato GOP che ha paragonato Harris a una pezzente che non si può avere vicino al ristorante, a una zarina incapace sui confini, una fannullona, un vero sacco di rifiuti, dandole della stupida, dell’incompetente, della pericolosa marxista e amica dei cinesi, molto più liberal del senatore Bernie Sanders.
Ma poche ore fa, a West Palm Beach, durante il “Summit dei credenti”, organizzato dalla fondazione di ultradestra Turning, Trump ha aggiunto che Harris accetterà l’aborto anche oltre i 9 mesi, e farà giustiziare i bambini appena nati se non desiderati.
Ieri a Nashville, invece, il tycoon è andato ad abbracciare i padroni del Bitcoin, sostenendo che Harris al posto di regolarizzarne il mercato li vuole eliminare perché non sa apprezzare le opportunità finanziarie. Con il suo cinturone di insulti, però, l’ex presidente ha abbandonato subito la promessa di unità lanciata alla Convention di Milwaukee ed è tornato il vero Trump incontenibile e incontrollabile. Questo suo stile aveva dato ai Repubblicani, fin da gennaio, un 25% di entusiasmo in più rispetto ai Democratici depressi e si era sempre riflesso nei sondaggi. Ma con l’annuncio della scesa in campo di Harris come nuova leader, l’entusiasmo dei Dem è esploso improvviso registrando un 45% in più rispetto al GOP.
Molti analisti sostengono che se qualcuno avesse proposto questo copione come sceneggiatura per una serie di Netflix, sarebbe stato respinto perché troppo inverosimile. Invece, è la fotografia esatta di questi ultimi 100 giorni di corsa che sembrano davvero imprevedibili. A ogni comizio, Harris sta quadruplicando la partecipazione che riusciva a ottenere Biden. Da Parigi, tutte le giocatrici della squadra di basket olimpica e molti altri atleti si sono schierati con lei, e in Massachussets, dove si è presentata ieri per un evento di crowdfunding, si attendevano 800 persone ma se ne sono presentate oltre 3.000; la raccolta fondi, invece di 400.000 dollari stimati, ha superato i 2 milioni di dollari. Tanta elettricità costruita in così poco tempo non si era mai vista nemmeno per Barak Obama. E 16 anni dopo sentire ancora gridare “yes, we can” fa un certo effetto.