In uno sfoggio di unità, la maggioranza delle delegazioni degli Stati alla Convention democratica ha già dichiarato il suo sostegno a Kamala Harris nella sua corsa alla Casa Bianca. Per ora, la vicepresidente ha il supporto del 70% dei 3.949 delegati che voteranno alla Convention di Chicago dal 19 al 22 agosto. Oltre alla sua California, al Nevada e all’Utah, al Texas, la lista conta quasi tutti gli Stati della Costa est e del Sud, e per lo più hanno votato all’unanimità. Sulla carta questo non assicura ancora la vittoria a Harris perché l’impegno della delegazione in teoria non è vincolante per i singoli delegati.
Dopo il ritiro di Joe Biden dalla competizione elettorale a tre settimane dalla Convention quindi c’è ancora tanta incertezza e anche tanta curiosità. Ma l’establishment politico democratico, seguendo l’endorsement di Biden, ha fatto quadrato intorno a Kamala Harris, mentre tutti gli altri potenziali candidati si defilavano. “Sono entusiasta di appoggiare Kamala Harris per la presidenza degli Stati Uniti”, ha dichiarato la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer in una dichiarazione congiunta con i governatori di Illinois, Minnesota e Wisconsin. Anche Wes Moore del Maryland e Gavin Newsom della California sostengono la candidatura della vicepresidente.
Con il passare delle ore, lo Stato maggiore dei dem si è allineato: l’ex speaker della Camera Nancy Pelosi ha dato il suo appoggio, così come Hillary e Bill Clinton. Addirittura, l’ex segretaria di Stato ed ex First Lady ha aperto una campagna per raccogliere fondi elettorali per lei. Hakeem Jeffries, leader della minoranza democratica alla Camera, e il senatore Chuck Schumer, leader della maggioranza al Senato, hanno incontrato Harris di persona.
I’ve known Kamala Harris a long time. This brilliant prosecutor will make the case against convicted felon Donald Trump and the Project 2025 agenda to take away our freedoms.
But she can’t do it alone. Become a part of this historic campaign today. https://t.co/WdRfHpTM01 pic.twitter.com/VZk2NHVtwL
— Hillary Clinton (@HillaryClinton) July 22, 2024
La macchina elettorale del Partito Democratico procede a tutta forza. Il presidente del Comitato per i Regolamenti e lo Statuto del Partito Democratico, Jaime Harrison, ha convocato per mercoledì pomeriggio una riunione per discutere il calendario in modo da consultare tutti i delegati che prenderanno parte alla Convention e, se ci sarà il consenso generale, votare in remoto per la nomina formale di Harris. Il voto, secondo Fox News, ci potrebbe essere il 1° agosto.
Ken Martin, presidente dell’Associazione dei Comitati democratici statali, in una nota ha fatto sapere che tutti i 50 presidenti statali del Partito Democratico hanno approvato Harris come nuovo candidato presidenziale. E oltre alla farraginosa macchina procedurale si è rimessa in moto anche quella della raccolta dei fondi elettorali. L’ereditiera degli studi cinematografici Disney, Abigail Disney, ha dichiarato alla rete CNBC che riprenderà le sue donazioni al Partito Democratico, dopo averle sospese poiché Biden insisteva nel continuare la sua corsa.
Ancora non ci sono sondaggi sulla nuova situazione che si è creata dopo il ritiro di Biden. Tutto da capire come gli elettori reagiranno alla nomina di Kamala Harris.
Accusata dai suoi nemici democratici di essere esigente, confusionaria e approssimativa, si scontrerà con un ex presidente ancora più esigente, confusionario e approssimativo di lei.
“Con la decisione di Biden di farsi da parte – scrive The Guardian – è venuta meno a Trump la sua migliore arma contro il presidente che accusava di essere troppo anziano. Ora è lui, con i suoi 77 anni a dover convincere gli elettori che l’età non è importate in una elezione presidenziale“.
Si sta avverando la profezia di Nikki Haley, l’ex sfidante di Trump nelle primarie, che a marzo di quest’anno, dopo aver perso le elezioni in New Hampshire affermò che “il primo partito che avrebbe mandato in pensione il suo candidato anziano sarà quello che vincerà la presidenza”. E ora il tycoon si accorge che con Biden fuori dai giochi la sua vittoria non è così a portata di mano come credeva. Per lui sarebbe stato molto meglio se il presidente fosse rimasto in corsa.
Happening Now: Tune in as we welcome the NCAA championship teams from the 2023 – 2024 season to the White House. https://t.co/ZVizzL0VuS
— Vice President Kamala Harris (@VP) July 22, 2024
Da vedere ora chi Harris sceglierà come suo compagno di cordata. Secondo il Washington Post, per ora i nomi che circolano sono cinque, dopo aver escluso la scelta di una donna perché già c’è lei, e non potrà essere della California, lo Stato in cui Harris è stata senatrice.

I nomi che circolano con insistenza sono quello del governatore della Pennsylvania Josh Shapiro, del senatore dell’Arizona Mark Kelly, del governatore dell’Illinois JB Pritzker, del Kentucky Andy Beshear, del governatore del North Carolina Roy Cooper. Secondo il New York Times, Harris ha bisogno di scegliere un candidato in uno degli Stati in bilico. Per questo motivo sono in rialzo le quotazioni di Shapiro. Nel 2020, Biden conquistò la vittoria grazie ai circa settantamila voti di differenza, e a favore, presi tra Pennsylvania, Michigan e Wisconsin.
Il senatore dell’Arizona Kelly è un popolare ex astronauta e marito dell’ex parlamentare dem Gabby Giffords, sopravvissuta a un attentato nel 2011 quando un uomo le esplose due colpi di pistola alla testa a distanza ravvicinata. Kelly ha vinto due elezioni in Arizona, uno degli Stati chiave che al momento vede Trump in vantaggio. Un altro nome che viene preso in considerazione è quello di Jay Robert Pritzker, il governatore miliardario dell’Illinois, erede della famiglia proprietaria della catena di hotel Hyatt, strenuo difesore del diritto delle donne per decidere la maternità e contro la la lobby delle armi.
Se, invece, gli strateghi elettorali di Kamala Harris dovessero cercare di penetrare nelle zone rosse del Sud, potrebbe scegliere il governatore del North Carolina Cooper, che però è stato anche lui Attorney General come Kamala e questo – secondo il New York Times – potrebbe dare l’idea di un ticket troppo legato al sistema giudiziario alienando le simpatie dei dem liberal.
Proprio su questo il Washington Post mette in evidenza come, per la prima volta nella storia americana, la lotta per la Casa Bianca sarà combattuta tra un’ ex Attorney General e un condannato. “C’è una chiara differenza tra Kamala Harris, il suo background e quello che rappresenta, e qualcuno che è stato condannato per 34 incriminazioni e ha ancora diversi processi da fronteggiare”, afferma Bakari Sellers, democratico della South Carolina e sostenitore della vicepresidente. Oltre alla condanna dello scorso maggio per la vicenda legata ai soldi pagati per il silenzio della porno star Stormy Daniels, per la quale ancora si aspetta la sentenza, Trump ha tre processi in sospeso: il primo per le interferenze elettorali in Georgia e il secondo, federale, per il suo ruolo nei fatti che hanno portato all’assalto al Congresso. Mentre il terzo processo, quello dei documenti top secret portati via dalla Casa Bianca e nascosti a Mar A Lago, è ora in appello dopo che la giudice Aileen Cannon ha deciso che la nomina di Jack Smith a Special Conselor per indagare su questa vicenda era stata fatta non rispettando le regole costituzionali.
Secondo l’informato quotidiano della capitale federale, Kamala Harris vestirà il ruolo di “prosecutor in chief” contro Trump.
Da capire, ora, se Harris sarà in grado di creare quella forza necessaria per portare le masse elettorali alle urne, se riuscirà a risvegliare l’attivismo sopito di Stacy Abrams in Georgia o Tarana Burke, la fondatrice del MeToo Movement, o di Derrick Johnson, il presidente della NACCP, che proprio nei giorni scorsi si è incontrato con Biden a Las Vegas dandogli il suo appoggio politico e ieri, intervistato da Laura Coates di CNN, è stato tiepido con il suo appoggio alla vicepresidente affermando che per ora il movimento sosterrà le idee ma non i candidati.