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Biden sfida i parlamentari ribelli del partito: “Con me si vince”

Il presidente rilancia dal Michigan la sua determinazione a restare in corsa e attacca Trump e la sua agenda autoritaria

Massimo JausbyMassimo Jaus

Il presidente Joe Biden alla conferenza stampa durante il 75esimo summit della NATO al Walter E. Washington Convention Center in Washington, DC, 10 luglio 2024 - ANSA/EPA/JIM LO SCALZO

Time: 4 mins read

Non si ferma il vecchio Joe. Nel Michigan dell’auto ripete: “Rimango in corsa, ascolto le vostre perplessità ma con me si vince…uniamo il partito”. I sondaggi nelle ultime ore sono in leggero miglioramento e lui e Trump adesso vengono dati alla pari. Ma l’emorragia continua. Altri tre deputati democratici, hanno chiesto al presidente di sospendere la sua corsa per le presidenziali. Si tratta dei congressman Jim Himes del Connecticut, Scott Peters della California ed Eric Sorensen dell’Illinois. Tutti convinti che Biden non sia il candidato con le maggiori possibilità di battere Donald Trump, e si uniscono agli altri  deputati democratici e al senatore Dem Peter Welch.

Fino ad ora i ribelli sono 19.

L’attesa per i discorsi di Biden ogni volta si fa eccezionalmente alta poiché donatori e legislatori ritengono i suoi interventi come costanti test per la sua fiacca campagna elettorale. Alla richiesta dei parlamentari democratici si sono associati anche i donatori che per ora  hanno “congelato” i loro contributi, circa 90 milioni di dollari, che avevano promesso di versare al fondo elettorale di Biden. e dicono di liberarli solo se lui non sarà alla guida del ticket. Una guerra civile e di potere tutta interna ma anche con conseguenze suicide più passano i giorni proprio alla vigilia della convention repubblica

Joe Biden’s record of public service is unrivaled. His accomplishments are immense. His legacy as a great president is secure.

He must not risk that legacy, those accomplishments and American democracy to soldier on in the face of the horrors promised by Donald Trump. pic.twitter.com/FMMrTK8pb8

— Jim Himes 🇺🇸🇺🇸🇺🇦🇺🇦 (@jahimes) July 12, 2024

My statement on the presidential race. pic.twitter.com/bmjlp06psd

— Eric Sorensen (@ERICSORENSEN) July 12, 2024

In uno dei suoi interventi il presidente  ha erroneamente chiamato Kamala Harris Donald Trump e poi si è corretto, ma ha anche mostrato la sicurezza e la profondità di conoscenza che i suoi sostenitori avevano sperato di sentire. Tuttavia, per molti parlamentari e donatori il suo intervento non è stato sufficiente a dissolvere lo scetticismo sull’opportunità di rimanere in corsa.

Oggi il leader della minoranza democratica alla Camera, Hakeem Jeffries, ha reso noto di aver incontrato il presidente subito dopo il dibattito per un colloquio privato in cui ha espresso le perplessità dei suoi colleghi. Nei giorni scorsi, aveva parlato con tutti i 213 deputati Dem. Ma né Jeffries né la Casa Bianca hanno rivelato come i parlamentari si siano espressi: un altro segnale negativo per Biden.

CONGRESSMAN HAKEEM JEFFRIES – Credit: Hakeem Jeffries’ website

Quasi un dramma shakespeariano questo che si sta consumando per la ricandidatura di Biden, con gli alleati che in pubblico sostengono il presidente mentre studiano i modi per bloccarlo. Il leader della maggioranza democratica al Senato, Chuck Schumer, per ora non si pronuncia, ma si capisce che non è tra i suoi ferrei sostenitori. Il dilemma che assilla la maggior parte dei parlamentari è che, se si espongono chiedendo pubblicamente le sue dimissioni e lui resta, rischiano di sembrare sleali. Se Biden dovesse vincere, inevitabilmente pagherebbero il prezzo della loro sfiducia. Se, invece, lo sostengono, ma lui continua a perdere colpi e viene poi sconfitto, temono di sembrare ingenui e complici. Da qui il silenzio assordante della massa parlamentare democratica.

Nessuno conosce bene le sue effettive condizioni cognitive perché il Biden pubblico super curato, monitorato e preparato dai suoi assistenti difficilmente è lo stesso a telecamere spente. Pochi hanno queste informazioni.  E tra questi ci sono Barack Obama e Nancy Pelosi che in privato hanno espresso forti preoccupazioni sull’esito della campagna elettorale. La lettera editoriale che l’attore George Clooney ha mandato al New York Times con l’accorato appello al presidente di fare un passo indietro sarebbe stata concordata con Obama.

La CNN afferma che si sarebbe formato un asse tra Barack Obama, Nancy Pelosi e Chuck Schumer, mentre Jeffries non è ancora nell’inner circle di Biden. Il primo non si pronuncia. Ha programmato finora interventi in difesa di Biden, anche se ci sono indiscrezioni su un suo possibile commento nei prossimi giorni. Pelosi ha parlato con Biden dopo il dibattito e ritiene che la decisione del presidente di restare in corsa non sia definitiva, aprendo a nuovi scenari. Ma, aggiunge la CNN, non ha voluto fornire ulteriori dettagli e tantomeno è intenzionata a farlo pubblicamente. “Quando la storia di questo straordinario periodo verrà scritta – ha commentato l’analista politico Edward Isaac Dovere, – le impronte di Obama e Pelosi saranno molto più evidenti di quanto non appaiano al momento. Aspettano che il presidente decida da solo”.

Per ora l’entourage politico di Biden non ha commentato ma, secondo l’emittente televisiva, poche ore prima della conferenza stampa di chiusura del vertice NATO, delle fonti a lui vicine avevano espresso il suo disappunto nei confronti di Obama.

Il tempo per un eventuale cambiamento stringe e deve essere fatto prima che i delegati democratici nominino formalmente Biden, perché farlo dopo renderebbe il processo soggetto alle leggi dei singoli Stati e alle scadenze per la presentazione dei nomi dei candidati. Per ora il New York Times sostiene che la campagna di Biden sta svolgendo dei sondaggi su Kamala Harris per capire come l’elettorato si comporterebbe se la vicepresidente fosse la candidata contro Trump. Ma non è chiaro se l’operazione sia per valutare la forza elettorale della Harris o per dimostrare che Biden sia ancora il miglior candidato contro Trump.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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