Le vittorie di Barack Obama nel 2008 e nel 2012 avevano sistemato le cose per quanto riguardava il futuro del voto ispanico, pensavano i pundit. Secondo gli exit poll, in quelle due elezioni il candidato Democratico aveva avuto percentuali più che rassicuranti: attorno al 50% contro il 15% e il 18% per i due successivi sfidanti del GOP, McCain e Romney.
Il “fattore demografico”, ossia la crescita degli ispanici rispetto ai bianchi, sarebbe stato un trend di garanzia per le urne a venire: secondo il Pew Research Center, la popolazione ispanica era di 35 milioni di persone nel 2000, cresciuta a 42 milioni nel 2021, ultimo dato ufficiale noto.
In altre parole la sinistra dava per garantiti in eterno i voti ispanici, convinta che bastasse accusare i Repubblicani di razzismo e schierarsi a parole dalla parte degli immigrati, soprattutto di quelli irregolari e senza documenti, lasciati a sperare d’essere amnistiati, in futuro, dai Democratici. Obama, che appena eletto nel 2008 avrebbe avuto il Congresso amico da cui fare approvare una sanatoria, aveva deciso che era meglio tenere aperta la questione della riforma dell’immigrazione, tanto la simpatia degli ispanici per lui e il suo partito non sarebbe mai sparita. Joe Biden, come abbiamo visto, ha strafatto: ha letteralmente aperto i confini e oggi l’America non ha più il problema di amnistiare qualche milione di clandestini di vecchia data, ma di gestire, accomodare, assistere nei “santuari” liberal le legioni di nuovi arrivi, quotidiani, alla botta di 250 mila al mese.
Prendiamo il dicembre 2023, che ha appunto questo dato ufficiale. Non sono entrati solo dal Messico (56.200) o dal Triangolo Settentrionale (El Salvador, Guatemala e Honduras, 59.500), ma anche da tutto il resto del mondo in 134 mila: in testa troviamo il Venezuela, il vecchio paradiso comunista di Chavez, con 47 mila ingressi (nel dicembre 2022 erano stati 6 mila), ma la new entry più sorprendente sono i 6 mila cittadini cinesi (balzati dai 900 del dicembre 2022). Vista la distanza che devono coprire, i cinesi meritano un plauso particolare, tra gli scappati dal comunismo. I cubani, a proposito, si confermano “clienti” fedeli: nel 2022 e 2023 sono arrivati in 425 mila.
Questi pochi numeri bastano per dipingere la politica di Biden che ha prodotto un dramma sociale mai visto prima: 7,5 milioni di stranieri senza documenti hanno superato i confini USA da quando lui è alla Casa Bianca, e sono stati fermati; un altro milione e 700 mila è entrato, ma è stato avvistato da lontano dagli agenti che non sono riusciti a bloccarli; e poi ci sono quelli che sono passati senza mai essere visti e quelli atterrati con visto turistico che non sono mai tornati a casa loro alla scadenza.
Corollario politico? Per compiere questo “miracolo” il presidente Democratico ha toccato il fondo della sua popolarità proprio sul tema della immigrazione, mettendo a repentaglio le sue chance di bis a novembre. Nel 2020 il 44% degli ispanici aveva votato per lui e il 16% per Trump. Nel recente sondaggio di maggio di YouGov, il 43% ha detto che voterà Biden, ma un identico 43% voterà Trump.
Una rivoluzione del “fattore demografico” è insomma in atto, e il perché è ovvio. L’ America è passata da essere quella che in maggioranza irrideva Trump nel 2016 perché voleva fare il Muro (e poi però l’ha eletto), a quella di adesso che è sempre più d’accordo con Trump. E altro che Muro! Oggi il candidato del GOP dice che farà una deportazione di massa degli irregolari fatti alloggiare da Biden. E sapete che cosa pensano gli ispanici in proposito? Secondo CBS News-YouGov, il 53% di loro è favorevole all’espulsione di tutti gli irregolari qui oggi e il 50% è persino d’accordo di costruire campi di raccolta, in cui “ospitarli” provvisoriamente mentre il governo organizza il rinvio a casa loro.
Gli ispanici sono cittadini come gli altri, e quelli naturalizzati americani chiedono il rispetto della legge e delle regole. Le urne presidenziali fra cinque mesi ci diranno a quanto si è ridotto l’appeal del partito Democratico in questa cruciale fetta di popolazione non bianca.