I giurati sono in camera di consiglio. Si è conclusa la fase dibattimentale del processo in cui il figlio del presidente Biden, Hunter, è stato incriminato a Wilmington, Delaware, per tre reati legati all’acquisto, avvenuto nel 2018, di un revolver. Ora la parola spetta ai 12 giurati che hanno cominciato le deliberazioni poco dopo le 3 del pomeriggio. Sono stati mandati a casa alle 5:00 pm e torneranno a riunirsi domani mattina alle 9:00 am.
Hunter, secondo l’accusa, mentì alle autorità federali e al rivenditore di armi, non rivelando nel modulo d’acquisto la sua dipendenza dalla droga, una condizione che non gli avrebbe permesso l’acquisto. Gli avvocati della difesa, invece, sostengono che nell’ottobre 2018, quando comprò il revolver fosse sobrio e che la sua lunga e drammatica dipendenza dalla droga era alle spalle. Il figlio del presidente si è dichiarato non colpevole di tutti i capi di imputazione, pur avendo ammesso di essere stato in passato dipendente da alcol, crack e cocaina.
Fino all’ultimo la testimonianza di Hunter Biden era stata data come possibile, ma alla fine il suo avvocato difensore, Abbe Lowell, ha deciso che non c’era motivo per farlo deporre.

Lowell in precedenza aveva detto che forse avrebbe chiamato a testimoniare il fratello del presidente Joe Biden, James Biden, che era in aula, ma alla fine ha deciso anche in questo caso di non chiamarlo per deporre. Zio James nel corso degli anni è stato come un secondo padre per Hunter, sempre accanto a lui nei momenti più difficili. Cercandolo per gli Stati Uniti quando faceva perdere le sue tracce nelle zone più degradate di Baltimora e Los Angeles tra gli homeless e i tossicodipendenti. Zio James ha poi mandarlo nei centri di riabilitazione.
Nel pomeriggio, durante la requisitoria, il pubblico ministero Leo Wise ha esortato la giuria a concentrarsi sulle prove mostrate in aula. “Sapeva di usare il crack e di esserne dipendente”, ha detto il pubblico ministero Leo Wise.
Gli avvocati di Biden sostengono che i pubblici ministeri non hanno offerto prove che il loro cliente fosse sotto effetto di droga quando ha comprato la pistola e ha firmato un modulo federale attestante che non stava facendo uso di sostanze illegali o che aveva assunto droghe durante gli 11 giorni in cui era in possesso della pistola.
Nell’arringa difensiva ,l’avvocato Lowell ha ripetutamente sostenuto l’assenza di prove che, quando nell’ottobre di sei anni fa, Hunter aveva acquistato la pistola, fosse effettivamente ancora dipendente dalla cocaina e non in fase di disintossicazione. Secondo i procuratori la dipendenza era in atto, ma a riprova delle loro affermazioni c’è solo un messaggino telefonico mandato da Hunter alcuni giorni prima che acquistasse il revolver alla vedova del fratello alcuni giorni prima che acquistasse il revolver, diventata poi sua partner, che voleva incontrarlo e lui, invece, non la voleva vedere. Nel messaggino Hunter afferma che era al negozio 7/11 aspettando uno spacciatore. Per l’accusa è l’ammissione della colpa. Per la difesa una delle tante fandonie che Hunter raccontava alle sue amiche ed ex amiche, che non voleva più vedere. Lowell ha accusato i pubblici ministeri di aver selezionato le prove a sostegno delle loro accuse senza dare il panorama completo della situazione. “Usano i trucchi dei prestigiatori, danno l’illusione che Hunter Biden fosse un tossicodipendente basandosi su un libro da lui scritto anni prima. Intorbidiscono la verità perché non hanno le prove per dimostrare che quando ha acquistato l’arma facesse uso di droghe. Che fosse un tossicodipendente e della sua lotta contro la droga lo ha scritto nel suo libro autobiografico, ma nel 2018 era entrato in un centro di recupero e era stato capace di scacciare i suoi demoni. Non ci sono prove presentate in tribunale che quando ha acquistato l’arma fosse ricaduto nella tossicodipendenza e cercano di ottenere un condanna senza avere le prove del crimine”.
Questa mattina la first lady Jill Biden è tornata in tribunale accanto al figlio, il suo quinto giorno di presenza – su sei giorni in cui il processo si è svolto a Wilmington, con due voli a Parigi di andata e ritorno perché ha preso parte con il presidente alle cerimonie per il D-Day. La first lady Jill Biden era affiancata dalla moglie di Hunter Biden, Melissa da un lato e da sua figlia Ashley Biden a destra. Le prime tre file dell’aula erano completamente piene di familiari e amici di Hunter Biden.
Il presidente invece ha trascorso la giornata a casa sua a Wilmington, ma non è andato in tribunale.
La legge federale impone che quando si acquista un’arma bisogna riempire un modulo del Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives, il modulo 4473, in cui oltre a registrare le generalità dell’acquirente e la matricola dell’arma acquistata ci sono domande che vengono poste come “se soffre di disturbi psichiatrici o a raptus di violenza”. Una è anche che non si è tossicodipendenti. Hunter nel modulo ha affermato di non essere tossicodipendente. Arrivare per una cosa simile ad un processo federale per una persona incensurata dopo che l’arma è stata recuperata, è assolutamente fuori dall’ordinario del sistema giudiziario. Il procuratore speciale nominato dal ministro della Giustizia, David Weiss respinge le accuse di aver voluto politicizzare il caso su pressione dei repubblicani, ma i “numeri” non sostengono la sua tesi. Nel 2019 negli Stati Uniti sono state vendute 27 milioni e mezzo di armi da fuoco, 478 acquirenti hanno mentito sul modulo d’acquisto e 298 sono stati processati, non solo per la bugia, ma perché con l’arma che avevano acquistato illegalmente, avevano commesso un crimine. Quindi su 27 milioni e mezzo di persone che hanno acquistato un’arma solo 180 sono finite davanti al giudice e di questi più della metà per aver mentito non sulla tossicodipendenza ma sui loro precedenti penali.