Lo speaker della Camera, il repubblicano Mike Johnson, ha respinto il tentativo della deputata di estrema destra Marjorie Taylor Greene di metterlo in minoranza, ponendo fine – per ora – a una guerra intestina nel partito di maggioranza.
In realtà non c’è stato un voto su Mike Johnson, ma sulla richiesta avanzata dalla Greene di presentare una mozione d sfiducia. Richiesta che è stata bocciata con 359 voti contro 43. Solo 10 repubblicani hanno votato con la Greene, sette democratici hanno votato presente. In tutto 196 repubblicani e 163 democratici hanno votato per respingere la mozione di Greene; insieme agli 11 repubblicani, 32 democratici hanno votato per portare avanti la mozione per estromettere Johnson.
Il voto è arrivato dopo settimane di minacce da parte della deputata della Georgia di forzare il voto anche quando era diventato chiaro che non aveva il sostegno del suo stesso partito per rimuovere lo speaker. A differenza del voto per rimuovere l’ex presidente Kevin McCarthy molti democratici avevano affermato che avrebbero votato per tenere Johnson in carica, soprattutto dopo che lo speaker ha contribuito a fare approvare il bilancio e a evitare una chiusura del governo, ha rinnovato le regole di spionaggio della FISA e ha approvato miliardi di dollari in aiuti per l’Ucraina e Israele.
Dopo l’ultima serie di votazioni della settimana, Greene è rimasta in aula e ha annunciato che stava presentando una mozione privilegiata per presentare una mozione di sfiducia. Quando lo ha detto è stata fischiata dai suoi colleghi di partito. Il principale alleato di Johnson, il leader della maggioranza Steve Scalise, si è mosso immediatamente per bocciare la richiesta della Greene mettendola ai voti nel pomeriggio.
“In questo circo, i democratici alla Camera si sono mostrati i più ragionevoli”, ha detto la deputata Abigail Spanberger, una democratica moderata che è in corsa per la carica di governatore in Virginia. “Abbiamo troppo lavoro da fare per perdere tempo in questi giochetti politici”.
Ma il fatto che i democratici abbiano votato per mantenere Johnson in carica farà sicuramente infuriare gli attivisti conservatori e i gruppi esterni. E nulla impedirà a Greene o a qualsiasi altro nemico conservatore di forzare un altro voto sul destino di Johnson in futuro.
I parlamentari alleati di Trump, Thomas Massie e Paul Gosar sono stati gli unici co-sponsor della risoluzione presentata dalla Greene. E in circostanze normali, questi tre voti sarebbero stati sufficienti per rimuovere Johnson se i democratici non lo avessero salvato.
La Camera sta ancora soffrendo la paralisi che l’ha travolta per tre settimane lo scorso autunno, dopo che il predecessore di Johnson, Kevin McCarthy, è diventato il primo speaker della Camera ad essere estromesso dal suo incarico a metà del mandato del Congresso.
I legislatori, tra cui molti conservatori, hanno affermato che non volevano ripetere la tragicomica battaglia per la scelta dello speaker.
In un’intervista con NBC News lo scorso fine settimana, il presidente del Comitato Nazionale Repubblicano, Michael Whatley, ha sollecitato l’unità del partito quando gli è stato chiesto delle minacce della Greene di forzare un voto per estromettere Johnson, sostenendo che il partito repubblicano avrebbe perso consensi e non sarebbe stato in grado di conquistare la maggioranza al Senato alle prossime elezioni.
Gli alleati di Johnson hanno deriso Marjorie Taylor Greene mentre presentava la sua mozione. Il deputato Dusty Johnson, presidente del Republican Main Street Caucus e senza alcuna relazione con lo speaker, è corso verso di lei per aggredirla, ma è stato fermato dai colleghi.
“Sappiamo che la richiesta della Greene non farà nulla per rendere l’America più forte – ha detto Dusty Johnson – non farà nulla per ottenere una vittoria dei repubblicani è solo impegnata a fare un teatrino politico. … Faremo quello che fanno gli adulti; la ignoreremo e lavoreremo invece per governare effettivamente questo paese”.