Con un paio di gemelli d’oro la National Italian-American Foundation ha incoronato il Friuli-Venezia Giulia “Regione d’Onore del 2024”. “Il presidente NIAF, Robert Allegrini, me li ha donati come simbolo di questo nuovo legame”, ha spiegato il presidente Massimiliano Fedriga. Una missione di qualche giorno oltreoceano che lo ha visto impegnato prima a Richmond in Virginia, poi a New York in occasione del pranzo organizzato dal Gruppo Esponenti Italiani, dell’incontro fra investitori e aziende friulane e del Gala NIAF. “La nostra missione si completerà con il nostro ritorno a Washington a ottobre”.
Presidente Fedriga, potrebbe chiarire la tappa a Richmond?
“In Virginia, ho incontrato il governatore Glenn Youngkin per instaurare un tavolo tecnico per scrivere un memorandum of understanding di accordo tra lo Stato e Friuli-Venezia Giulia. L’obiettivo è favorire i reciproci investimenti e l’opportunità che se ne possano sviluppare con questa collaborazione”.
Perché aprirsi agli Stati Uniti?
“Ci sono due motivi principali su cui la Regione spinge molto. In primis, le opportunità: il mercato americano è fondamentale, trattandosi del più grande a livello globale. Di conseguenza, il rapporto con gli Stati Uniti permette alle imprese di entrare in una rete, anche per quanto riguarda l’attrazione di investimenti che hanno diciamo dimensioni totalmente diverse da quelle europee. In secondo luogo, si tratta di una scelta politica. Riteniamo che, soprattutto in questo momento storico con le tensioni internazionali in atto, dobbiamo rafforzare sempre di più i rapporti tra le democrazie. Questi partono dalle diplomazie nazionali che svolgono il ruolo principale, ma penso che anche i territori debbano svolgere la loro parte e favorire la rete fra imprese, fra persone, fra culture. Devono crearsi quei legami che, pur cambiando i governi dei reciproci Paesi, diventano indissolubili. Noi puntiamo a questo”.
Quando comincerete a vedere i frutti di questa missione?
“Non è la mia prima missione negli Stati Uniti. Penso sia la quinta o la sesta volta da quando sono diventato presidente della regione. Devo dire che sul territorio stavo già vedendo un grande interessamento da parte degli americani. Solo nell’ultimo anno abbiamo avuto circa 37 milioni di euro di nuovi investimenti statunitensi. Per esempio, sono entrati nel mondo sportivo fondi USA che hanno preso e rilanciato il basket di Trieste e la società di calcio Triestina. Sono solo gli episodi più eclatanti e conosciuti. Ma tanto altro capitale è confluito nelle imprese del Friuli-Venezia Giulia. Quindi, in realtà, è un percorso che stiamo continuando a costruire negli anni, passo dopo passo. Sarebbe sbagliato venire qui una volta e pensare di portarsi a casa dei risultati già in un giorno. Noi siamo all’inizio e dobbiamo perseguire e implementare questo percorso”.

Che tipo di risposta avete avuto da parte degli Stati Uniti in questi giorni?
“Devo dire che c’è una grande attenzione verso l’Italia, ma soprattutto verso le zone meno conosciute. Noi non siamo una di quelle più note storicamente. Non abbiamo Firenze, Roma, Milano, Venezia. Siamo più piccolini. Ma stiamo creando interesse perché gli americani stanno scoprendo delle realtà diverse. Il Friuli-Venezia Giulia è la regione che ha registrato il più alto numero di start-up e relativi investimenti: nel 2022 sul 2023 siamo cresciuti del 118%. Trieste è la città con il maggior numero di ricercatori rispetto agli abitanti di tutta Europa. Stiamo facendo scoprire opportunità che non riguardano solo l’Italia. La nostra regione ha una vocazione non al Nord-Est italiano, ma al centro dell’Europa. Siamo il cuore logistico del centro-Sud europeo, dalla Germania all’Austria, all’Ungheria, alla Polonia. Saremo il principale hub logistico italiano per la ricostruzione dell’Ucraina”.
Passando al panorama italiano, il 12 aprile la Lega ha festeggiato i 40 anni. A che punto siamo?
“Dopo quarant’anni, penso che si possa dire che la Lega sicuramente è cambiata molto rispettando una continuità. Nel senso che è rimasto un partito autonomista che vuole valorizzare le straordinarie diversità che ci sono nel panorama italiano. Sono la ricchezza che nessuno al mondo ha: un Paese da 60 milioni di abitanti con le peculiarità non soltanto culinari e culturali, ma penso anche ai distretti produttivi. La proposta che facciamo sull’autonomia differenziata va proprio in quella direzione: valorizzare i territori e le diversità perché sono un valore aggiunto del sistema Italia. E questo è rimasto negli anni. È chiaro che poi la proposta si è adattata al contesto politico e storico che è radicalmente cambiato a livello nazionale e internazionale e io noto una certa continuità. Ciò che è cambiato maggiormente è che questa offerta politica non si limita più al Nord, ma a tutto il Paese e anche per il Mezzogiorno possa essere una grande opportunità”.
In vista delle elezioni europee di giugno quali sono le prospettive?
“Io sono sempre molto restio a fare previsioni perché poi vengono regolarmente smentite dai fatti. Se posso però fare un auspicio per il futuro Parlamento europeo, mi auguro che possa avere finalmente una maggioranza politica che spero che sia di centrodestra. Se anche fosse di centrosinistra, l’importante è che ci sia una maggioranza chiara. In questi anni la debolezza dell’Europa deriva dal fatto che si è sempre cercato un compromesso fra le grandi famiglie, i popolari e i socialisti, che sono molto diverse fra loro. Si è trattato di un compromesso al ribasso e quindi non c’è mai stata una linea politica europea. Questo ci ha indebolito con le grandi potenze mondiali. Mi auguro che ci possa essere un indirizzo. Sarà difficile, considerando anche il sistema elettorale che non favorisce la vittoria di una o dell’altra parte politica”.

Citava l’autonomia differenziata, la cui approvazione definitiva dovrebbe arrivare a fine mese. Che cosa implicherebbe?
“Per quanto il Friuli-Venezia Giulia sia meno interessato degli altri, siamo convinti che se il Paese cresce, è meglio anche per noi. Non pensiamo che gli altri debbano andare peggio per emergere, ma che anzi ci debba essere una competizione di miglioramento per tutti. Oggi come regione abbiamo competenze importanti e i numeri che dicevo prima sono stati possibili anche grazie all’utilizzo positivo che abbiamo fatto dell’autonomia”.
Che cosa significa essere presidente di una regione come il Friuli-Venezia Giulia che si compone di due territori?
“Quelle diversità che ci sono a livello nazionale a cui ho fatto riferimento sono anche una ricchezza della nostra regione. Abbiamo due aree che hanno storie diverse, la parte friulana e quella triestina-giuliana, e due economie diverse: nel Friuli è principalmente cresciuta la piccola e media impresa, invece, Trieste ha un tessuto produttivo soprattutto di grandi servizi, come Generali o la sede italiana di Allianz. Comunque entrambe stanno vivendo un periodo molto positivo grazie a questi investimenti. Oggi il problema che soffriamo è la capacità di attrarre nuova forza lavoro: abbiamo una produzione che è cresciuta molto, ma dobbiamo aumentare la manodopera per continuare a fiorire. Abbiamo la parte di formazione che è molto efficace, ma abbiamo anche tanta manifattura, come per esempio Fincantieri che conta almeno ottomila persone in cantiere. La parte professionistica è molto competitiva perché arriviamo anche all’estero, ma ci manca il laboratorio che serve per le industrie”.