Il presidente Biden e l’ex presidente Donald Trump hanno entrambi vinto le primarie democratiche e repubblicane nel Michigan con ampi margini, ma tutti e due si sono confrontati con diversi problemi mostrati dall’elettorato.
Le primarie servono anche a questo. Possono essere considerate come una messa a punto elettorale, uno stress test sul voto in uno stato “altalenante”, di quelli che in barba alle tradizioni scelgono i candidati di entrambi i partiti. E sia Biden che Trump, nonostante le forti affermazioni di queste primarie, sono alle prese con un elettorato insoddisfatto.
Trump ha sconfitto Nikki Haley con uno schiacciante dal 68% contro il 27% dell’ex governatrice della South Carolina. Biden, addirittura, ha vinto le primarie democratiche con un margine ancora più schiacciante – ma il 13% degli elettori ha contrassegnato le proprie schede come “non committed” a seguito della campagna fatta da alcuni democratici a non sostenere il capo della Casa Bianca per l’appoggio incondizionato a Israele e il suo rifiuto di chiedere un cessate il fuoco a Gaza.
In questo Stato, c’è una forte concentrazione di arabo-americani e la campagna per un voto di protesta è stata lanciata da Rashida Tlaib, deputata democratica di origine palestinese il cui distretto elettorale è in questo stato.
“Dobbiamo proteggere la nostra democrazia, dobbiamo garantire che il nostro governo ci ascolti – ha detto Rashida Tlaib in un video di “Listen to Michigan” l’organizzazione della protesta arabo-americana – quando il 74% dei democratici del Michigan sostiene il cessate il fuoco, ma il presidente Biden non ci ascolta, questo è il modo per fargli capire che ci deve ascoltare”.
La protesta, ovviamente, non ha messo a rischio la vittoria del presidente. Gli organizzatori del voto del dissenso puntavano ad ottenere visibilità e avere almeno 10mila voti, in uno stato, hanno voluto ricordare, dove nel 2016 Donald Trump riportò una vittoria cruciale per poco più di 10mila voti. In questo modo, aggiungono, Biden potrà percepire “il rischio di perdere le elezioni di novembre in Michigan, provocando una possibile riconsiderazione del suo sostegno finanziario e militare alla guerra di Israele a Gaza.

Il messaggio di “Listen to Michigan” ha convinto più di 100.000 elettori a contrassegnare le schede come “non committed”, superando di gran lunga l’obiettivo fissato dal gruppo che ha organizzato la protesta. A questa campagna alla fine si sono aggiunti anche gli armeno americani per contestare il sostegno di Biden all’Azerbaigian, che lo scorso anno ha lanciato un’offensiva militare nella regione contesa del Nagorno-Karabakh. La regione era da decenni sotto il controllo dei separatisti armeni.
Trump dal canto suo ha dovuto affrontare un blocco di elettori alle primarie nel New Hampshire, nella Carolina del Sud e nel Michigan che, anche se in percentuale minore sostengono Nikki Haley, rappresentano sempre una larga fetta elettorale a cui lui non piace. Trump ha vinto tutte le primarie, ma la capacità di Haley di continuare a ottenere così tanti voti solleva dubbi su quanti dei suoi elettori lo sosterranno a novembre.
La debolezza di Trump è notevole anche perché nonostante le sue esuberanti dichiarazioni di vittoria, la magistratura gli ha portato il conto e il suo futuro è molto incerto.
“Joe Biden sta perdendo circa il 20% dei voti democratici oggi, e molti dicono che sia un segno della sua debolezza a novembre”, ha detto Haley in una dichiarazione martedì sera. “Donald Trump sta perdendo circa il 35% dei voti. Questo è un segnale di avvertimento per Trump a novembre”.
Ma il voto di ieri in Michigan è stato anche un segnale di avvertimento per Haley.
In altri stati, l’ex ambasciatrice alle Nazioni Unite ha ottenuto risultati migliori in luoghi con molti elettori con istruzione universitaria. Ma non è riuscita a conquistare una sola contea del Michigan, perdendo anche la contea di Washtenaw, che comprende Ann Arbor e dove il 57% degli adulti di età pari o superiore a 25 anni ha una laurea.
Gli alleati di Biden sottolineano che anche nel 2012 oltre il 10% degli elettori delle primarie democratiche nel Michigan hanno contrassegnato le loro schede come “non committed” quando il candidato era Barack Obama.
“Potrebbe essere la guerra – ha detto Mark Mellman, leader del gruppo Democratic Majority for Israel – potrebbe essere l’Azerbaigian. Potrebbero essere preoccupazioni sull’età di Biden. Potrebbero esserci una miriade di ragioni per cui le persone votano non committed”.
Alla campagna elettorale sia di Trump che di Biden tutti minimizzano, ma i messaggi non potevano essere più chiari.