Piovono dollari nelle casse elettorali di Joe Biden. Il presidente ha raccolto nel solo mese di gennaio 42 milioni di dollari per la sua campagna. Ma per il capo della Casa Bianca i 130 milioni raccolti finora non sono abbastanza e per questo è volato in California per incontrare altri facoltosi donatori. Tra loro il produttore cinematografico e magnate dell’intrattenimento Haim Saban, sua moglie Cheryl e Casey Wasserman, un dirigente dello sport e dei media che è presidente di LA28, il comitato che organizza le Olimpiadi estive di Los Angeles nel 2028.
Domani a San Francisco parteciperà a una raccolta fondi con l’ex speaker della Camera Nancy Pelosi. Poi parteciperà a un’altra serata ospitata da Bob Klein e Danielle Gutman insieme a Steve Westly.
Appuntamenti di persona oltre che per prendere contributi elettorali anche per rassicurare quanti finanziano la sua campagna elettorale che, alla fine dei conti, non è quel nonno un po’ “smarrito” che i repubblicani vogliono far credere.
Nelle raccolte fondi private i miliardari vedono e ascoltano Biden da vicino e, a giudicare dai dollari che gli danno, credono nelle sue capacità per un altro mandato.
Per molti donatori che non hanno mai visto Biden di persona prima, questi incontri rappresentano un’opportunità per osservare da vicino una persona che in precedenza avevano guardato solo in televisione. Molti di coloro che hanno partecipato a questi appuntamenti lo hanno descritto come chiaro e convincente.

Gli anni ci sono e i segnali fisici, la sua andatura lenta e rigida, e i lapsus verbali danno a Biden un senso di fragilità e di confusione. Come è stato durante una raccolta fondi a New York questo mese in cui ha fatto riferimento al defunto cancelliere tedesco Helmut Kohl invece che ad Angela Merkel.
Di sicuro i donatori non sono il miglior indicatore dell’elettorato. Biden annaspa nei sondaggi condotti tra gli stessi democratici in cui molti dei suoi potenziali elettori affermano che avrebbero preferito un altro candidato. Ma l’enorme quantità di denaro versato dai suoi sostenitori indica come i timori sulla sua età siano secondari a confronto di un possibile ritorno di Trump alla Casa Bianca.
Questo affondo in California avviene dopo che il rapporto del procuratore Hur sulle carte conservate nel garage della sua abitazione ha posto l’età e l’acutezza mentale del presidente in primo piano nella campagna del 2024. Hur ha descritto il presidente 81enne come un “uomo anziano, ben intenzionato, con scarsa memoria” e con “facoltà ridotte con l’avanzare dell’età” – giudizi dell’inquirente che mettono in discussione le capacità del presidente in vista delle elezioni generali.
Anche se alcuni donatori esprimono in privato preoccupazioni per le sfide che Biden dovrà affrontare, c’è un riconoscimento quasi universale sul fatto che Biden sia per ora l’unico candidato in grado di ostacolare Trump a tornare alla Casa Bianca.
Ad ostacolare Trump ci prova anche Nikki Haley, l’ex governatrice della South Carolina che da Greenville ha annunciato che non abbandonerà la sfida elettorale anche se sabato prossimo verrà sconfitta nelle primarie che si terranno proprio nello stato di cui lei è stata alla guida per due mandati.
Haley ha detto che non lascerà le primarie indipendentemente dal risultato di sabato. E, sostenuta dalla sostanziosa raccolta fondi di questi ultimi giorni, ha promesso di rimanere nella sfida contro Trump almeno fino a al Super Tuesday del 5 marzo, giorno in cui sono chiamati alle urne gli elettori di 17 Stati.

In effetti, molti repubblicani stanno incoraggiando Haley a rimandare l’annuncio anche se lei continuerà ad essere battuta da Trump perché le vicende giudiziarie dell’ex presidente potrebbero forzarlo a lasciare la corsa per la nomina del partito alle presidenziali di novembre e senza nessun candidato alle primarie si creerebbe un nuovo inedito capitolo nella storia elettorale degli Stati Uniti.
Molto dipenderà dalla decisione che la Corte Suprema dovrebbe emettere nei prossimi giorni sulla immunità dell’ex presidente alla quale si sono rivolti gli avvocati di Trump dopo che la Corte d’Appello federale ha stabilito che l’ex presidente non era coperto dal privilegio presidenziale quando ha istigato i suoi sostenitori ad attaccare il Congresso il 6 gennaio 2021. Il processo per Trump era stato fissato per il 4 marzo nella corte federale di Washington. Per ora la data è stata cancellata in attesa che la Corte Suprema emetta la decisione su questa vicenda.
Oggi la Corte Suprema tra le altre decisioni ha respinto i ricorsi presentati dagli avvocati di Trump che sono stati citati in giudizio per aver falsamente affermato in tribunale che le elezioni del 2020 nel Michigan erano state vinte in modo fraudolento dal presidente Joe Biden.
Sidney Powell e Lin Wood, due dei sette legali dell’ex presidente, dovranno inoltre pagare le spese giudiziarie e sono state rinviate al giudizio ai rispettivi ordini degli avvocati nei loro Stati per le eventuali procedure disciplinari.
I due avvocati sostenevano, tra le altre cose, che esistesse una cospirazione internazionale, “organizzata da governi ostili” per far cambiare alle macchine elettorali i voti espressi per Trump in quelli in favore di Biden.
Finora l’unica data già fissata per un processo a Trump è quella del 25 marzo, quando a New York comincerà quello che vede l’ex presidente accusato di aver falsificato i documenti della sua holding, la Trump Organization, per nascondere i 130.000 dollari che Michael Cohen, che allora era il suo avvocato, versò a Stormy Daniels che minacciava di rivelare tutti i particolari della loro relazione poche settimane prima delle elezioni del 2016. Un processo che secondo le previsioni durerà circa sei settimane. Il che significa che il verdetto potrebbe arrivare intorno a metà maggio.